        Italia, terra di moto e auto sportive, ma con citt&agrave; congestionate dal traffico che hanno permesso la grande diffusione degli scooter per la vita quotidiana. Prima degli SH e degli scooter compatti a ruote alte, negli anni '90 e '00 abbiamo avuto la moda dei ruote basse di grandi dimensioni, super comodi e adatti al turismo di corto raggio. Ora sono solo un ricordo e alcuni di questi sono entrati di diritto nell'universo Youngtimer e nel desiderio di molti appassionati che vorrebbero riportarsi in garage questi gioiellini della tecnologia di fine millennio. Ecco i 5 pi&ugrave; rappresentativi del nostro mercato che stanno ricevendo "attenzioni speciali" nel mondo dell'usato. Torna Motodays: regali speciali ti aspettano Honda CN 250: il capostipite Come non partire dal capostipite, quello che la categoria degli scooteroni l'ha creata e che ora &egrave; un vero e proprio cult del mercato vintage. Il CN 250, conosciuto anche come Spazio, &egrave; entrato sul mercato nel 1986 e non &egrave; stato subito compreso. Il suo stile da motoslitta, la sella megacomoda e una posizione di guida del tutto inusuale e rilassata ha dato il via a un nuovo modo di concepire la mobilit&agrave; urbana.&nbsp; Dotato di un monocilindrico 244cc dalle prestazioni appena discrete, era capace di trasportare un bel po' di bagaglio con il bagagliaio posteriore (si apriva da da dietro, non dalla sella) e la strumentazione digitale lo faceva sembrare un mezzo del futuro. Se siete fortunati a trovarne uno in buone condizioni, potreste portarvelo a casa con circa 2.000 euro.  &nbsp; Piaggio Hexagon: il tuttofare Un best seller e un nuovo modo di interpretare lo scooterone sportivo. L'Hexagon di Piaggio ha innovato partendo dal concetto del CN 250 (grande scudo, seduta rilassata e "bagagliaio") e portandolo a un livello di sportivit&agrave; e dinamicit&agrave; superiore. Aveva dimensioni tutto sommato compatte e un design accattivante, con il faro basso che andava a coprire la ruota anteriore facendo anche da parafango. L'Hexagon &egrave; entrato sul mercato italiano nel 1994 e durante la sua vita decennale ha ricevuto diverse motorizzazioni, da 125 a 250, compreso il leggendario 2T 180cc che montava anche il Gilera Runner, sportivissimo e aggressivo nell'erogazione dei 21 CV che lo rendevano uno degli scooter pi&ugrave; veloci sul mercato. Ora i prezzi variano molto a seconda delle annate e delle motorizzazioni, ma con 1.500 euro vi portate a casa un modello in buone condizioni.  &nbsp; Suzuki Burgman 400: il lussuoso Il Burgman, nella originaria cilindrata di 400cc, &egrave; stato uno dei pi&ugrave; apprezzati scooteroni a ruote basse a cavallo del millennio, diffusissimo lungo tutto lo stivale e amatissimo dagli appassionati che ancora fanno parte di club e gruppi dedicati al modello. Cosa aveva di speciale? &Egrave; stato il primo con cilindrata "grossa" e con una dotazione comfort di livello superiore.&nbsp; Il suo sottosella era il pi&ugrave; grande della categoria e nonostante il passo lunghissimo, aveva un baricentro molto basso (come del resto la seduta) che lo rendeva maneggevole e agile nell'utilizzo in citt&agrave;. Il 400 fu solo l'inizio della dinastia Burgman, che in seguito vide nascere molte altre cilindrate e modelli dal 125 al 650, ancora ad oggi lo scooterone pi&ugrave; lussuoso e grosso del mercato. Difficile trovare un 400 in condizioni ottimali, ma anche qui i prezzi sono sotto i 2.000 euro.  &nbsp; Yamaha Majesty: lo sportivo Quando pensi a Yamaha, pensi a sportivit&agrave;, e il debutto nel mondo dei maxi scooter non poteva che avvenire con un prodotto dalla dinamica sportiva superiore rispetto alla concorrenza, che al tempo badava molto di pi&ugrave; alla comodit&agrave; e alla praticit&agrave;. La prima generazione di Majesty (nato nel 1995) aveva il motore da 250cc e un frontale che ricordava molto quello delle motociclette, con un discreto vano sottosella e una posizione in sella meno "sdraiata".&nbsp; Le prestazioni non erano esagerate, il Burgman faceva meglio, ma tra le curve riusciva a dare qualche soddisfazione e venne scelto dai commuter un po' pi&ugrave; attenti al divertimento, tendenzialmente come mezzo da citt&agrave; da alternare alla moto. Anche lui ricevette diverse evoluzioni e cilindrate a partire dal 125, con il top di gamma da 400cc che venne raggiunto con la seconda generazione. Un 250 prima serie in condizioni decenti, dai 1.000 euro in s&ugrave;, potreste trovare anche un bell'affare.  &nbsp; Honda Foresight/Pantheon: il rubacuori Honda &egrave; Honda, lo &egrave; sempre stata, e non vi stupir&agrave; leggere che anche nel mondo degli scooteroni a ruota bassa era la scelta pi&ugrave; affidabile e sicura per chi non voleva rogne o problemi di qualit&agrave; costruttiva. Il Foresight 250 (poi evoluto nelle versioni 125-150 denominate Pantheon) aveva un look sportivo ma elegante, con un posteriore massiccio e un faro a "U" difficile da confondere con la concorrenza.&nbsp; Anche lui, come Yamaha, voleva ricordare il mondo delle moto sportive del marchio, quindi il faro anteriore richiamava (anzi, era proprio lo stesso) la CBR 1100XX, e le prestazioni erano brillanti con il motore da 21 CV. L'innovazione che gli ha dato un vantaggio rispetto alla concorrenza &egrave; stata senza dubbio la frenata integrale CBS, che aumentava la sicurezza. Soprattuto in versione Pantheon &egrave; stato un successo enorme, veniva costruito ad Atessa e il mercato italiano &egrave; stato uno dei pi&ugrave; importanti per il modello. Un 250 in condizioni dignitose va via per circa 2.000 euro, oggi.        

Ti accorgi del tempo che passa quando scopri che alcuni degli scooteroni a ruote basse pi&ugrave; di successo stanno diventando youngtimer. Ecco una top 5 dei pi&ugrave; amati e ora ricercati dagli appassionati

Top 5: gli scooteroni a ruote basse che hanno scritto la Storia

        Il nomi Ducati 955, 955 SP o 916 SPA non vi riportano nulla alla mente? Non preoccupatevi, perch&egrave; questa rarissima chicca di Borgo Panigale ha avuto una storia un po' nascosta e una tiratura ridottissima, costruita con la sigla ufficiale 916 SPA per essere venduti lontano dall'Europa e per essere iscritta alle competizioni.&nbsp; Perch&egrave; una 916 &egrave; conosciuta come 955?  La facciamo breve, &egrave; stata una versione dedicata unicamente al mercato statunitense, realizzata nel 1996 in soli 54 esemplari dei quali soltanto 46 furono legalmente esportati in USA. Ducati ha dovuto creare questa serie limitata per permettere l'omologazione al campionato AMA, che da regolamento prevedeva una cilindrata minima di 955cc per i bicilindrici e un minimo di 50 esemplari prodotti.&nbsp; La "A" nella sigla 916 SPA rappresenta appunto il riferimento all'America, e gli esemplari seguono la nomenclatura standard del telaio 916 ma con un motore rivisto siglato ZDM955 e mantenendo tutte le altre caratteristiche tecniche ciclistiche della 916 SP che abbiamo avuto qui in Europa da 1994. Nel mondo degli appassionati d'oltreoceano, la versione super speciale statunitense &egrave; stata ribattezzata 955 o 955 SP, tanto da convincere molti a sostituire i loghi 916 sulla carena con appunto 955. La carriera della 955 dur&ograve; un solo anno e non ne vennero prodotti ulteriori esemplari, perch&egrave; dal 1997 arriv&ograve; la 916 SPS con motore portato a 996cc e quindi omologabile in tutti i campionati, sia quello mondiale che quello AMA, rendendo la 916 SPA un unicorno bramato da collezionisti e cultori della serie firmata da Massimo Tamburini. Quando una di queste, raramente, viene messa all'asta, di solito strappa cifre da capogiro, ma chi sa cosa ha in garage se la tiene stretta, in vista proprio dell'ulteriore valutazione che un pezzo cos&igrave; ambito potr&agrave; raggiungere nei prossimi anni.  Moto del passato: storia e passione in passerella a Piacenza       

Una delle Ducati pi&ugrave; rare di sempre, evoluzione speciale della 916 ma con qualcosa in pi&ugrave;. &Egrave; oggi una preda ambita per cultori della serie e collezionisti

Chi si ricorda della Ducati 955?

Nel weekend del 10 e 11 febbraio, l&#39;Expo di Piacenza ha aperto i battenti alla prima edizione del &quot;Due Tempi Bei Tempi &amp; Youngtimer&rdquo; Moto Expo. In uno spazio di oltre 10.000 metri quadrati, hanno sfilato alcune delle moto che hanno fatto la storia, tra 125 anni &#39;80 e &#39;90, maxi di serie e prototipi GP e SBK. Tante regine che per l&#39;occasione sono state tirate fuori dai garage di collezionisti e restauratori ed hanno permesso agli oltre 7.000 partecipanti di ammirare quelle linee che dal mondo dei ricordi hanno preso forma e sostanza sotto i riflettori di una rassegna che, alla sua prima edizione, ha soddisfatto l&#39;ente Fiera di Piacenza e del sodalizio &quot;Due Tempi Bei tempi &amp; Youngtimer&quot; organizzatore dell&#39;appuntamento.&nbsp;    BUONA LA PRIMA  Soddisfazione per&nbsp;Franco Boscarato, presidente del Moto Club &quot;Due Tempi Bei tempi &amp; Youngtimer&quot;: &quot;Tanta &egrave; stata la soddisfazione percepita dai molti visitatori, soprattutto per la qualit&agrave; dei mezzi esposti. Non &egrave; stato facile organizzare tutto da un&#39;idea nata solo pochi mesi fa, quindi un ringraziamento ai soci per il grande lavoro svolto e ai club che hanno voluto essere dei nostri presenziando all&#39;evento. Per il prossimo anno - conclude Boscarato - abbiamo gi&agrave; tante adesioni. L&#39;appuntamento quindi &egrave; gi&agrave; fissato per il 2025&quot;. Mattatore dell&#39;evento Max Temporali che sul palco al centro del padiglione ha raccontato storie di moto attraverso la voce di protagonisti del passato come Pierfrancesco Chili, Roberto Pattoni, Serafino Foti ex pilota SBK e attuale Team Manager Ducati Aruba nel mondiale delle derivate.  STORIA E PASSIONE A BRACCETTO PER LE MOTO    Sarebbe riduttivo soffermarsi ai soli numeri (lusinghieri considerando la novit&agrave; della manifestazione e il tempo davvero ridotto impiegato per mettere su una kermesse di qualit&agrave;).&nbsp;Quello che merita essere sottolineato in un evento di questo genere, dedicato alla storia del motociclismo, dove si sono potute toccare con mano alcune tra le pi&ugrave; belle moto di un passato pi&ugrave; e meno recente (oltre che sentirle in moto), &egrave; la percezione di cosa possano davvero significare&nbsp;passione e attenzione per le moto, soprattutto per mezzi non pi&ugrave; recentissimi e con qualche primvera sulle spalle. Un sentimento che passa attraverso un lungo lavoro fatto di ricerca, di tanto studio, affinch&egrave; si possa dare il giusto valore ad un lavoro di collezionismo e/o recupero che spesso porta via ancora pi&ugrave; tempo (e non solo tempo).  STORIE D&#39;ALTRI TEMPI    Come quello di Rosario Scopelliti, arrivato da Agrigento e che, tra le moto nel suo spazio, portava in bella mostra una rara Gilera CX a &quot;Km 0&quot;: &quot;La trovai per caso - racconta - da un vecchio concessionario Gilera che ne aveva una rimasta invenduta dai tempi di attivit&agrave;. La presi insieme ad altre moto e la portai a casa e, dopo un po&#39; di lavori, a cominciare e dal togliere la tanta polvere accumultata nel tempo, rieccola al suo vecchio splendore (ce la mostra orgoglioso con ancora montati gli pneumatici del periodo e quasi intonsi). Oggi mi occupo di restauro e vendita di questa tipologia di moto e per me, che ho iniziato da poco pi&ugrave; di un anno e mezzo, essere arrivato qui dalla Sicilia &egrave; gi&agrave; una bella soddisfazione&quot;.    Professionalit&agrave;, passione ma anche entusiasmo, elementi che noti un po&#39; ovunque come ad esempio in Francesco Bonocore o Davide Begotti. Il primo, &quot;normale&quot; proprietario di una pizzeria e amministratore del gruppo &quot;125 2 Tempi&quot;, carico a molla quando ci mostra con orgoglio le sue moto rimesse a nuovo come appena uscite da una concessionaria di 30 e passa anni fa: al suo stand campeggiavano una fiammante Cagiva Mito Lawson 2, una&nbsp;rara Aprilia RS Sport Pro del 1996, una Suzuki RG Gamma 125 del 1992 e una elegante Aprilia Red Rose del 1988 ma soprattutto una NSR 125 del 1988 che: &quot;&egrave; quella che veniva usata all&#39;epoca per le prove stampa&quot;, (che chicca, complimenti!). Un lavoro fatto anche qui di ricerca passione e attenzione al dettaglio, con anche il supporto di Davide (Begotti,ndr) titolare di una officina a Milano e che si occupa di restauro e vendita di moto storiche.  PERLE RARE E UNICHE   Presenti anche tanti Gruppi Facebook in veste &quot;ufficiale&quot; come i ragazzi di Aprilia Planet con esposta una rara Aprilia Tuono V2 Limited o una Aprilia RS Extrema usata nel 1994&nbsp;per le foto di cartella stampa dalla Casa veneta.&nbsp; Non sono mancate ovviamente la maxi con alcune Yamaha OW-01, Honda VFR RC45 e RC 30, VTR, Suzuki GSX-R 1100 o Yamaha R1 tirate a lucido come per un gran ballo. Immancabili le adventure, anche queste d&#39;antan, con una sfilata di BMW GS d&#39;epoca e altri pezzi pregiati come una monumentale Benelli Sei.  Chicche da paura che anno fatto da cornice a moto come la RS 250 di Max Biaggi, di propriet&agrave; di Pasquale Talia, iridata nel 1994 o le Cagiva C594 o C587 queste ultime portate in passerella da Genesio Bevilacqua direttamente da Moto dei Miti.  Andrea Tamburini, figlio di Massimo, ha portato a Piacenza l&#39;inedita F43 Tamburini e una F4 Tamburini Pista realizzata in un unico esemplare. E, a fare la voce grossa, anche la sua personale Ducati 955, serie ultra limitata (ne esistono solo tre al mondo) della famosa SBK bolognese.&nbsp;  MOTO DA VEDERE MA ANCHE DA SENTIRE    Molto apprezzata l&#39;iniziativa delle cosidette &quot;accensioni&quot;: ad orari cadenzati una moto di quelle esposte veniva portata in una area esterna, per dare modo a tutti di ascoltare la voce di quei motori che tanto hanno dato in pista negli anni passati ed oggi desiderosi di non farsi dimenticare. Perch&egrave; la voce &egrave; sempre la cosa pi&ugrave; importante in questi casi: che si tratti di quella degli appassionati ma anche di un Rotax V2 Aprilia o un 4 &quot;in quadrato &quot; di una Suzuki 500 del 1982, o un V4 di una Honda SBK degli anni &#39;90.    APPUNTAMENTO AL 2025    Un microcosmo di passione e artigianalit&agrave; che a Piacenza &egrave; sembrato aver trovato il suo degno spazio e meritevole di essere condiviso. Per gli addetti ai lavori, certo, ma anche per semplici curiosi o per chi si sta affacciando con occhio interessato al mondo della moto storiche o youngtimer. Intanto per farvi una idea di cosa fosse presente a Due Tempi Bei Tempi &amp; Youngtimer&rdquo; Expo gustatevi la nostra fotogallery. La prossima edizione &egrave; gi&agrave; fissata: appuntamento a febbraio 2025.    Test Ducati Hypermotard 698 Mono, i voti del #SottoEsame 

Prima edizione del &quot;Due Tempi Bei tempi e Youngtimer&quot; Expo. Tra 125 e maxi anni &#39;90 anche storiche GP come le Cagiva 500 o la Aprilia RS 250 iridata con Biaggi e Suzuki RG 500 di Marco Lucchinelli, ammirate e... messe in moto

Moto del passato: storia e passione in passerella a Piacenza

A Piacenza le regine del passato hanno messo in mostra forme colori e motori. Ecco agli acuti della Suzuki iridata nel 1981 con Marco Lucchinelli

Suzuki RG 500: che sound per la moto di Lucchinelli!

        Qualcuno si ricorda dell'anno 2004? Il mondo stava assistendo alla guerra in Afghanistan mentre Mark Zuckerberg lanciava online la prima versione di Facebook. L'Europa era sconvolta da una serie di attentati a Madrid e George W. Bush viene eletto per il secondo mandato come presidente degli Stati Uniti. Nel mondo delle due ruote le supersportive guidano l'innovazione e il mercato, ma dietro le quinte inizia l'ascesa delle crossover mentre le naked continuano ad essere fra le preferite dagli appassionati. Ecco 5 moto fra le pi&ugrave; popolari presentate nel 2004 che quest'anno diventano ventenni e potranno fregiarsi del titolo di moto d'interesse storico e potranno essere iscritte al registro. Honda CBR1000RR  Il marchio CBR non &egrave; certo una novit&agrave; del nuovo millennio, ma nella storia della supersportiva pi&ugrave; famosa di Honda ci sono alcune date che rappresentano importanti svolte tecniche e tecnologiche, come ad esempio il 2004 che ha visto entrare nel mercato la mitica CBR1000RR, che prendeva le distanze da tutte le versioni precedenti (900, 929 e 954), imponendosi come una vera concorrente per le pi&ugrave; sportive moto del mercato.  Il regolamento 1000 era appena stato lanciato nel campionato Superbike e Honda aveva voglia di riportare al gradino pi&ugrave; alto una sua moto, e dopo vari tentativi arriv&ograve; anche il mondiale con James Toseland nel 2007. Un'estetica mozzafiato e una scheda tecnica (172 CV, 115 Nm e 205 kg) che non la metteva in cima alla lista delle supersportive, ma la rendeva una delle pi&ugrave; belle da guidare su strada.&nbsp; Passa alla prossima pagina &nbsp; Kawasaki Z750 Il mondo delle naked si preparava ad una piccola rivoluzione. In un periodo dominato dalla Honda Hornet 600, le giapponesi di media cilindrata a quattro cilindri erano il cuore pulsante del segmento delle nude. Kawasaki, come da tradizione, decise di rompere gli schemi e di presentare una media 4-in-linea con un motore 750 derivato dalle superbike degli anni precedenti e un'estetica molto simile a quella della sorprendente Z1000. Risultato? La Z750, grazie a quei centimetri cubi in pi&ugrave; e al prezzo concorrenziale, diventa immediatamente il riferimento di classe e una delle pi&ugrave; piacevoli e corpose moto stradali sul mercato. Incredibile che siano passati gi&agrave; 20 anni!  Passa alla prossima pagina &nbsp; Suzuki DL650 V-Strom Nessuno sapeva - nel lontano 2004 - che la nuova proposta da turismo di Suzuki sarebbe diventata un best seller per il decennio a venire e che il suo nome avrebbe rappresentato un punto di riferimento anche negli anni '20. La leggenda della turistica on-off con ruota da 19" parte un po' in sordina a causa di un'estetica (derivata dalla versione 1000) che non tutti hanno digerito da subito. Le linee squadrate e poco amichevoli, per&ograve;, non hanno mai offuscato quello che &egrave; il vero punto forte del modello: un motore corposo e sfruttabile, un telaio magico che crea un equilibrio ciclistico unico e dimensioni da maxi che la rendono perfetta per i viaggi da soli e in coppia. Ora il bicilindrico parallelo equipaggia la versione pi&ugrave; aggiornata, ma il mitico V-Twin della 650 vive ancora sul mercato e lotta insieme a noi  Passa alla prossima pagina &nbsp; KTM 950 Supermoto Dalla leggenda di Fabrizio Meoni e della 950 Adventure a una versione motard da teppismo urbano il passo &egrave; breve. KTM ha presentato nel 2004 una delle moto pi&ugrave; rozze e arroganti della sua storia associando al telaio e motore della ADV una ciclistica puramente stradale e sovrastrutture attillate che fanno il verso alle vere motard monocilindriche.&nbsp; Questo modello che ispira impennate e ingressi in curva di traverso, sar&agrave; il capostipite di una moda passeggera che vedr&agrave; moto di cilindrata alta vestirsi da motard ed enduro, per la gioia dei motociclisti pi&ugrave; smaliziati. Rimarr&agrave; comunque una nicchia del mercato con poche moto vendute, ma il divertimento di questa moto la render&agrave; un'icona anche per gli anni a venire.  Passa alla prossima pagina &nbsp; Kawasaki ZX-10R Nel 2004 &egrave; nata la regina delle supersportive vecchio stile, la ZX-10R: con 175 CV, 115 Nm e un carattere rabbioso, il 4-in-linea da SBK di questa moto sar&agrave; elevato a leggenda dai motociclisti dell'epoca e anche da quelli che arriveranno dopo, perch&egrave; rappresenter&agrave; la moto pi&ugrave; sanguigna e goduriosa prima dell'avvento dei controlli elettronici e delle piattaforme iperprestazionali guidabili da tutti. La ZX-10R fu apprezzata molto anche per la sua estetica, aggressiva il giusto ma elegante e senza fronzoli. I primi anni '00 in Kawasaki sono ricordati come anni di ricerca estetica avanzata ma anche di livree monocromatiche e di intrinseca eleganza che esaltava il carattere sportivo di ogni modello. Anche se la ZX-10R capace di vincere un titolo SBK &egrave; arrivata molti anni dopo, questa rimane forse la pi&ugrave; amata di tutta la serie.  Quando i guidatori guardano il motociclista... senza vederlo       

Anno nuovo, moto storiche nuove! Ecco alcuni dei pi&ugrave; interessanti modelli che compiranno 20 anni durante il 2024

Top5: moto interessanti che diventeranno storiche nel 2024

&Egrave; il 1993, nelle camerette dei ragazzini c&#39;&egrave; il poster della Ferrari F40 e l&#39;Italia &egrave; sconvolta dagli scandali politici di Tangentopoli. Al cinema veniamo affascinati dai dinosauri di Jurassic Park e nei negozi di dischi vanno a ruba Gli Spari Sopra di Vasco Rossi e Nord Sud Ovest Est degli 883.  Mentre la vita di tutti i giorni scorre, fra alti e bassi, il mondo del motociclismo riceve alcune perle che oggi compiono 30 anni e che sono rimaste nel cuore degli appassionati rappresentando pietre miliari della storia delle due ruote. Ve ne mettiamo qui cinque, scelte fra quelle che hanno incantato di pi&ugrave; gli appassionati.  Yamaha GTS 1000  Motocicletta sport-touring dal design accattivante, &egrave; stata la moto pi&ugrave; futuristica ed innovativa dell&#39;anno, caratterizzata dal sistema di sospensione anteriore a forcellone e sterzo nel mozzo chiamato &quot;RADD&quot; (Rationally Advanced Double-Wishbone) e dal telaio a omega.  La GTS 1000 era dotata di un motore a quattro cilindri in linea raffreddato a liquido, a iniezione, con una cilindrata di circa 1.000 cc, che erogava una potenza adeguata per una moto sportiva di quella categoria, senza esagerare nelle prestazioni assolute. Presentava un design aerodinamico e una carenatura completa per migliorare l&#39;efficienza e la protezione del pilota.&nbsp;  Nonostante le sue caratteristiche innovative e le prestazioni pi&ugrave; che valide, la Yamaha GTS 1000 era costosa e non ha avuto un grande successo commerciale... la produzione &egrave; stata interrotta dopo alcuni anni. Oggi, rimane una moto interessante e ricercata dagli appassionati per la sua tecnologia unica e il suo design distintivo.    &nbsp;  Ducati 916  Dobbiamo davvero raccontarvi di che successo &egrave; stato - e continua ad essere - la 916? Uno dei pochi esempi nel regno delle due ruote degno di meritarsi l&#39;appellativo di &quot;Capolavoro&quot;. Perch&eacute; ci&ograve; che venne fuori dalla mente di&nbsp;Massimo Tamburini&nbsp;era questo, di fatto.&nbsp;  La&nbsp;Ducati 916&nbsp;era l&#39;esaltazione della sportivit&agrave; applicata al bicilindrico&nbsp;Desmo, presentata nel 1993 e commercializzata a partire dal 1994, strizzava l&#39;occhio agli amanti della guida brillante. Una proposta per tutti quelli che sentivano il sacro richiamo della manetta, indipendentemente dalle capacit&agrave; e dall&rsquo;esperienza di guida.  Telaio a traliccio, frizione a secco, doppio scarico sottocodone, dimensioni compatte e futuristiche... Questa moto &egrave; stata l&#39;icona del decennio e ha portato non solo Ducati ma tutta la categoria delle moto sportive ad un salto quantico in termini di design, prestazioni sportive e tecnologia. Semplicemente magica!    &nbsp;  BMW R1100 GS  La GS &egrave; la regina del mercato in Europa, ma nel 1993 fa la sua fama di &quot;moto perfetta&quot; &egrave; appena iniziata. Il primo modello della serie a fare incetta di successi nasce con un motore boxer da 1100cc a 4 valvole per cilindro. Rispetto alle versioni che l&#39;hanno preceduta ha caratteristiche pi&ugrave; turistiche e un look decisamente personale.&nbsp;  Per la prima volta in un enduro, propulsore e cambio diventano parte integrante del telaio, la potenza sale a 80 cavalli, il &quot;becco&quot; sul davanti svolge la doppia funzione di convogliatore del radiatore e di deflettore ad alte velocit&agrave;, ma ci&ograve; che stupisce appassionati e critica specializzata &egrave; che la enduro assume&nbsp;connotati da turistica sportiva.   I motivi? Il paralever posteriore rafforza la sua efficienza (riducendo la coppia di reazione dell&#39;albero cardanico tipica dei boxer 2V), mentre il suo corrispettivo davanti, il nuovo sistema telelever, introduce una novit&agrave; sullo schema delle sospensioni. Inoltre, viene dotata di sistema ABS. Risultato: la moto diventa&nbsp;pi&ugrave; stabile, precisa in guida, ottima nelle pieghe in curva.&nbsp;    &nbsp;  Honda RC45  Non sar&agrave; famosa come la precedente RC30, non sar&agrave; affascinante e particolare come la seguente RC51 (VTR 1000 SP1 e 2), ma la RC45 &egrave; la creatura di HRC che ha segnato alcuni dei pi&ugrave; bei capitoli &quot;dell&#39;epoca d&#39;oro&quot; della SBK. Dal punto di vista tecnico, la Honda RC45 (vista per la prima volta nel 1993, ma entrata nei listini nel &#39;94) &egrave; dotata di un motore V4 da 749 cc raffreddato a liquido progettato per offrire una potenza elevata. &Egrave; stata anche la prima supersportiva a utilizzare il sistema di alimentazione a iniezione elettronica.  La moto &egrave; diventata un cult per la sua ciclistica eccellente e la sua maneggevolezza, oltre che per i successi in Superbike, dove ha vinto il titolo nel 1997 con il pilota britannico John Kocinski. Inoltre, ha raggiunto la vittoria nelle prestigiose gare come l&#39;Isle of Man TT e la 8 Ore di Suzuka, dove per un periodo &egrave; stata quasi imbattibile.  La produzione limitata e il prezzo di acquisto piuttosto elevato, la rendono una moto molto ambita dai collezionisti, una motocicletta sportiva di altissimo livello, sviluppata per competere e dotata di tecnologie all&#39;avanguardia per l&#39;epoca. E poi era, oggettivamente, bellissima.    &nbsp;  Kawasaki ZX-9R  Nel 1992 Honda ha spiazzato la concorrenza presentando la CBR 900 RR Fireblade, che ha sbaragliato i rivali per corposit&agrave; del motore e guida goduriosissima. Kawasaki, che in quanto a sportive non vuole mai rimanere indietro, ha quindi risposto nel 1993 con la ZX-9R che porta in seno un robusto 4-in-linea a carburatori da circa 900cc e un comportamento a met&agrave; fra una Superbike e una moto ad altissime prestazioni pensata per andare veloce.  Nel corso degli anni, la ZX-9R ha subito diversi aggiornamenti e miglioramenti, con modifiche al design, all&#39;elettronica e alle prestazioni complessive della moto, ma la prima serie con il bel faro che sovrasta le due bocche per il raffreddamento, rimane ancora oggi un esempio di design unico.  In sintesi era un ottimo compromesso fra una SBK e una sportiva stradale, ricca di coppia ai bassi e piuttosto maneggevole. &Egrave; stata una scelta popolare tra gli appassionati di moto sportive e ha contribuito a consolidare la reputazione di Kawasaki nel settore delle moto ad alte prestazioni e unica vera rivale ad armi pari della CBR900 di Honda.    Rewind, Ducati 916: una superstar che fa ancora sognare  &nbsp;  &nbsp; 

Alcune delle moto pi&ugrave; rappresentative degli anni &#39;90 sono state presentate o commercializzate nel 1993 e quest&#39;anno spengono la trentesima candelina. Cinque modelli indimenticabili che sono ancora nei sogni degli appassionati

Top5: le moto iconiche che oggi compiono 30 anni

        20 anni fa il mondo era parecchio diverso. L'Europa si stava adattando alla nuova moneta unica e il potere d'acquisto degli italiani era decisamente pi&ugrave; alto rispetto a ora. Nel mondo delle moto dominavano le supersportive e i semimanubri, era l'epoca d'oro per chi amava la velocit&agrave; e la pista e ogni anno le principali Case presentavano un nuovo modello spostando l'asticella delle prestazioni sempre pi&ugrave; in alto. In questa mischia decise di buttarsi anche Mondial, marchio storico italiano riportato alla luce da Roberto Ziletti a inizio millennio con il progetto Piega, una moto supersportiva esclusiva e innovativa spinta dal motore Honda bicilindrico della serie VTR1000 SP. Da questo gioiello di tecnologia (prodotto in piccola serie e ormai roba da collezionisti) &egrave; stata tirata fuori una naked che venne mostrata al pubblico durante il salone EICMA del 2003. Si chiamava RZ Starfighter  Obbiettivo: stupire Gi&agrave; dal nome possiamo intuire che questa moto era qualcosa di particolare: Starfighter &egrave; infatti &egrave; il nome dell'intercettore F-104, uno dei jet militari pi&ugrave; longevi e importanti che l'Aeronautica Italiana abbia mai avuto, famoso per le incredibili prestazioni velocistiche e per la sua caratteristica forma a razzo.&nbsp; Su questa moto il nomignolo calzava a pennello, era argento come la carlinga dello "Spillone" e aveva un look decisamente unico: in Mondial la descrissero cos&igrave;:&nbsp;"una moto unica,con valori meccanici e stilistici inconfondibili. Il risultato &egrave; una moto che per tipologia, utilizzo e design si stacca da tutte le altre ribadendo, con orgoglio, il suo carattere fortemente italiano.  La scelta stessa della componentistica e la scelta di materiali di alto livello, sono i segnali di una cura e di una passione tipici di quel laboratorio di idee targato Mondial. Insomma una vera e propria macchina da divertimento, che emoziona alla guida e lascia senza fiato a guardarla. Il design &egrave; di Massimo Zaniboni di Arkema Studio."  Tecnicamente avanzatissima Sull'unicit&agrave; del progetto non ci piove, Zaniboni ha sviluppato delle linee minimali che focalizzavano l'attenzione dell'appassionato soprattutto sull'anteriore e sulla meccanica. Un cupolino che non era un cupolino, ma la cornice del doppio faro sovrapposto che integrava anche le lunghe frecce aerodinamiche. Il telaio e il forcellone, entrambi in CrMo dello stesso colore carrozzeria, erano cos&igrave; esaltati a parte attiva dell'estetica della moto. Serbatoio e codino erano semplici e striminziti, con lo scarico alto che spunta al centro proprio come sulla Piega. Con la Piega condivideva anche ciclistica e meccanica. Il motore biclindrico a V Honda era capace di 140CV a 9.800 g/min, per una coppia di 10,2 kgm a 8.800 g/min. Le sospensioni Ohlins sono state realizzate dall'azienda nordica su specifiche Mondial e l'enorme radiatore racing dominava la vista appena dietro la ruota anteriore. Anche i freni erano derivati dalle corse, con attacco radiale, una novit&agrave; introdotta sulle moto di serie proprio dalla Piega. Il peso di 178 kg e l'interasse cortissimo di 1.420mm facevano pregustare caratteristiche dinamiche eccellenti. Poi cosa &egrave; successo? Purtroppo il sogno Mondial dur&ograve; poco e appena dopo quell'EICMA, nel 2004, l'azienda spedita verso il rilancio venne investita dalla procedura di fallimento del Tribunale di Monza, interrompendo tutte le attivit&agrave;. Negli anni venne portata avanti una causa per bancarotta fraudolenta ai danni dei fondatori Alismeno e Ziletti che si concretizz&ograve; in una condanna nel 2012. Dal 2005 il marchio FB Mondial pass&ograve; poi di mano due volte fino all'attuale propriet&agrave; di KSR, che ha rilanciato il marchio con prodotti del tutto differenti e molto meno esclusivi.  Rewind, Mondial Piega 1000: fallimento di grande successo        

Correva l'anno 2003 e Mondial era un marchio storico italiano in rilancio. Quell'anno venne presentata una naked sportiva interessantissima, ma il destino aveva altri piani e non venne mai prodotta

Mondial Starfighter, 20 anni fa: un fiore che non sbocciò mai

        Ci sono i motociclisti che amano il nuovissimo. Quando un prodotto esce sul mercato ed &egrave; all'apice della tecnologia e delle prestazioni, sono in tanti a sognare di averlo e c'&egrave; chi farebbe anche mutui ventennali pur di portare a casa quel gioiello di evoluzione meccanica, elettronica e ciclistica che non fa dormire la notte da quanto &egrave; meraviglioso. Poi ci sono appassionati che si piazzano all'esatto opposto, che vanno in giro con mezzi al limite del fatiscente e che tre volte su due sono fermi ai lati della strada, in ginocchio, frungando nel motore con una chiave in mano... ma col sorriso. Oggi parliamo di questi ultimi. Il masochismo come scelta di vita  Se amate le due ruote, probabilmente conoscete dei motociclisti cos&igrave;, o forse lo siete voi stessi. Sono persone che una moto nuova non l'hanno mai avuta, o che reputano un errore averne acquistata una in passato. Nella cronologia dei loro computer, ancor pi&ugrave; visitati dei siti os&egrave;, ci sono i portali di compravendita di moto, costantemente monitorati in cerca dell'affare da quattro soldi, magari non perfetto cos&igrave; da metterci un po' le mani per divertirsi come bimbi con le Lego. Vanno in giro con moto datate e per nulla perfette, l'usato troppo nuovo li attrae davvero poco, al pari dell'ultimo modello in concessionaria. In garage, probabilmente, di moto ne hanno parecchie e tutte insieme hanno un valore irrisorio... ma se notate sono sempre tranquilli e fieri di esprimere la propria passione nella maniera che pi&ugrave; gli piace, tribolando in modo eccessivo ma divertendosi nel farlo. Molti di loro sono sposati con donne che ancora non hanno capito cosa c'&egrave; di divertente nelle moto che spruzzano olio, al pari di tutti gli amici e colleghi che si fanno burla di loro. E pi&ugrave; critiche e battute ricevono, pi&ugrave; loro ci godono, perch&egrave; fondamentalmente adorano essere sempre zozzi di grasso ed essere riconosciuti come quelli con le rotelle "non proprio a posto".  &nbsp; La razionalit&agrave; nel cestino della spazzatura Se tutti i motociclisti fossero come loro, l'intero settore crollerebbe nel giro di pochi anni: sono l'anticapitalismo per eccellenza e il loro fai-da-te obbligherebbe alla NASPI anche tutti i meccanici d'Italia. Il perch&egrave; di questo comportamento si perde nei meandri della passione e nel piacere di sviluppare un legame profondo con il ferro e la meccanica, andando oltre il semplice piacere di guidare una moto, ma godere anche nel toccarla, curarla, salvarla da morte certa. Pi&ugrave; interventi a cuore aperto fanno sul motore del loro catorcio, pi&ugrave; il legame si stringe ed &egrave; un loop senza fine, almeno fino a quando non trovano un altro "caso perso" da salvare e a cui dedicare tempo, soldi e divertimento. Non c'&egrave; nulla di razionale, perch&egrave; la passione non segue ragionamenti pratici. Cos&igrave; come esistono persone che spendono migliaia di euro all'anno per andare a spalmarsi nelle vie di fuga dei circuiti in cerca del miglior crono personale di sempre, anche gli adoratori dei catorci hanno buttato nel cestino la logica e il buonsenso per stringere un legame eterno con la propria passione pi&ugrave; viscerale, fregandosene della modernit&agrave;, delle mode e della cultura dell'apparire che sta appiattendo sempre di pi&ugrave; la societ&agrave;.&nbsp; E allora ben venga l'esistenza di questi motociclisti sgangherati, ben venga il loro amore genuino verso la meccanica e l'approccio "easy" alle difficolt&agrave;, cosa sempre pi&ugrave; utile nella vita quotidiana di questi tempi disgraziati.&nbsp;  TOP 8, Patente A2: moto interessanti per prezzo e qualit&agrave;       

Pi&ugrave; si rompe, pi&ugrave; l'aggiustiamo e pi&ugrave; ci piace. Ogni qual volta mettiamo mano alla nostra moto, il legame si stringe e diventa poi impossibile separarsi. Di motociclisti "masochisti" ce ne sono tantissimi, ed &egrave; l'essenza della passione

Moto e passione: viva i "catorci" e chi se ne prende cura

Transalp non &egrave; solo un modello di successo, ma un modo del tutto unico di concepire la passione per le due ruote. Poche moto sono riuscite a ritagliarsi uno spazio cos&igrave; grande nella storia e il termine &quot;icona&quot; con lei assume un significato ancora pi&ugrave; profondo, diventando un&#39;espressione dello stile di vita di molti dei suoi pi&ugrave; affezionati proprietari.  Perch&egrave; Transalp?  Nel 1985 fu pensata come moto da 500cc, sull&#39;onda del successo delle &quot;dual&quot; come la Yamaha XT. Il progetto per&ograve; fu incrementato di cilindrata fino a 600cc e fu presentato a Parigi in versione definitiva nel 1986 come passo avanti rispetto a tutte le altre moto con anteriore da 21&quot; sul mercato.  Lo scopo era quello di creare una moto in perfetto equilibrio fra l&#39;avventura, l&#39;utilizzo quotidiano e il turismo su strada, ma che rimanesse anche economica e facile da guidare per tutti. Il nome Transalp fu scelto pensando al raid non competitivo Rally Transalp che si &egrave; svolto negli anni &#39;70 da Graz al Principato di Monaco, attraverso strade alpine sia asfaltate che in terra battuta. Sarebbe dovuta essere la moto perfetta per imprese di questo tipo, e di fatto lo &egrave; diventata.    &nbsp;  La prima serie XL600V  Quando fu presentata stup&igrave; per il suo cuore bicilindrico a V da 583cc con 3 valvole per cilindro, una novit&agrave; per mezzi di questa tipologia e grande orgoglio di questo progetto: era un propulsore non molto potente (43CV) ma robusto e con una coppia corposa fin dai bassi regimi che ha fatto innamorare immediatamente molti appassionati. L&#39;estetica faceva venire voglia di macinare chilometri con un cupolino pulito e protettivo, il faro e le frecce incassate nella carena e spazio per passeggero e borse.  Le colorazioni erano altrettanto accattivanti e facevano il verso alle moto che partecipavano alla Dakar. Di questa moto venne presentata anche una versione pi&ugrave; sportiva derivata dalla NXR 750 di Cyril Neveu che correva il Raid africano, denominata Africa Twin, ma questa &egrave; tutta un&#39;altra storia.  Prodotta in Giappone e distribuita nel resto del mondo, convinse subito i motociclisti europei e nei primi 6 mesi di commercializzazione raggiunse le 5.000 consegne. Si cap&igrave; subito che sarebbe stata una moto capace di aprire un nuovo capitolo del motociclismo e Honda la spinse forte con un marketing mirato ed efficiente, ma le vendite crebbero soprattutto grazie al passaparola di motociclisti soddisfatti che la consigliavano ad altri.  Un piccolo aggiornamento tecnico-estetico di met&agrave; carriera (strumentazione, colorazioni e freno a disco posteriore) ha portato la prima serie con faro quadrato fino al 1994, quando debutt&ograve; il restyling dell&#39;anteriore con cupolino filante e colorazioni pi&ugrave; moderne. C&#39;&egrave; chi definisce questa come la seconda serie, nettamente riconoscibile grazie alla nuova estetica, altri invece la considerano comunque legata alla moto del debutto perch&egrave; il bicilindrico 600 non ha subito alcun cambiamento di sostanza nei primi 13 anni di servizio.    &nbsp;  La seconda serie XL650V  E&#39; con la 650 del 2000 che la Transalp cambia in modo concreto per la prima volta. Il layout &egrave; sempre quello, ma il telaio a doppio trave &egrave; nuovo cos&igrave; come l&#39;estetica - pi&ugrave; morbida e avvolgente - mentre il motore 3 valvole riceve un boost di cilindrata e potenza raggiungendo i 647cc e 55CV. Gli elementi riconoscitivi come lo scarico alto a doppia uscita, le frecce integrate sulle fiancatine e la linea da tuttofare non mancano, il successo pu&ograve; continuare.  Chi ha scelto Transalp in quegli anni ha puntato a una moto concreta, collaudata e senza sorprese, un&#39;affidabile compagna di vita e non solo di giretti nel weekend. Questa edizione ha avuto vita pi&ugrave; breve rispetto alla 600, ma non ha di certo deluso le aspettative vendendo parecchie unit&agrave; e ispirando altre moto di successo, Suzuki V-Strom 650 su tutte.    &nbsp;  La terza serie XL700V  L&#39;ultima Transalp della dinastia (terza o quarta serie, decidete voi) &egrave; la XL700V, che nel 2007 ha cambiato ancora una volta aspetto e ha introdotto un aggiornamento meccanico importante come il motore da 680cc e 60CV. Si trattava sempre di un bicilindrico a V da 52&deg; ma questa volta dotato di iniezione elettronica e teste a 4 valvole per cilindro. Con queste caratteristiche &egrave; diventata senza dubbio la Transalp pi&ugrave; morbida e facile da guidare, mentre l&#39;estetica ha virato su qualcosa di inedito con il faro tondo anteriore e linee pi&ugrave; osate, perdendo sia il tipico terminale a doppia uscita che le frecce integrate nella carena.  Nel 2013 il modello &egrave; uscito dai listini senza essere sostituito da una nuova serie. Le vendite sono andate a calare negli ultimi anni di produzione e i vertici Honda hanno preferito abbandonare il segmento delle globetrotter pensionando sia lei che l&#39;Africa Twin.    &nbsp;  Il futuro a due cilindri paralleli  Sono passati 10 anni e il mondo &egrave; completamente diverso. Il segmento delle ruote alte domina i mercati occidentali e Honda &egrave; ritornata in grande stile con l&#39;Africa Twin come protagonista fra le grandi viaggiatrici on-off. I tempi sono maturi, quindi, per la nuova Transalp, che cambia completamente nei connotati ma non nell&#39;ispirazione di base e nel posizionamento come crossover di media cilindrata.  Ora, con la nuova XL750 abbiamo un bicilindrico parallelo da 750cc condiviso con la Hornet e uno scarico singolo laterale, ma rimane una moto che ha voglia di macinare chilometri guidata dalla ruota da 21&quot; con canale dorato che ha fatto innamorare migliaia di motociclisti dal 1986 a oggi. Sar&agrave; capace di replicare il successo e di rimanere coerente con la sua storia nonostante le enormi differenze tecniche? Ai posteri l&#39;ardua sentenza.    Honda Hornet: la storia del calabrone giapponese 

A 36 anni dal primo modello la endurona di Tokyo &egrave; ritornata sui listini e con un&#39;eredit&agrave; importante, quella di moto che ha saputo scrivere un pezzo di storia delle due ruote rubando i cuori di migliaia di motociclisti

Honda Transalp: storia di come &egrave; cambiata la XL dal 1985 a oggi

Nel 2003 il mondo delle due ruote viveva in una bolla fatta di supersportive accessibili e godibili su strada, che dominavano il mercato con modelli 600 e 1000 che venivano aggiornati ogni anno con contenuti tecnici ed estetici costanti. Ogni salone invernale era l&#39;occasione per vedere le nuove evoluzioni di superbike giapponesi ed europee, mentre tutti gli altri settori si spartivano le altre nicchie di mercato e il fenomeno delle crossover era appena agli inizi. Ecco altre 5 youngtimer che diventeranno ventenni il prossimo anno e che potranno essere iscritte al registro delle moto di interesse storico (qui la prima parte).  Yamaha R6 seconda serie  La R6 arriv&ograve; dopo la rivoluzionaria R1 e fu subito un bel colpo per Yamaha nella categoria Supersport. Dopo il primo modello apprezzatissimo per le doti dinamiche e meccaniche, la seconda serie uscita nel 2003 ha smussato gli spigoli di un progetto partito bene ma migliorabile, finalmente dotata di iniezione elettronica e di un motore dalla schiena corposa ai medi. Anche esteticamente presentava meno spigoli e un carattere pi&ugrave; amichevole rimanendo comunque una piccola race-replica: 117 CV su 164 kg a secco, dopotutto, sono numeri che fanno gola ancora oggi.    &nbsp;  Kawasaki Z1000  Arriv&ograve; come un pugno dritto in faccia alla categoria delle maxi naked. Il mercato era pronto per qualcosa di aggressivo dopo la nuova ZX-6R, ma la Z1000 aveva superato di gran lunga le aspettative con un prodotto molto personale e dall&#39;animo cattivo. I cerchi con canale lucidato e razze in tinta con la carrozzeria, lo scarico con due lunghe canne per lato e gli spigoli vivi di serbatoio e codino hanno conquistato tantissimi motociclisti che hanno portato - dal 2003 in poi - il nome della Z1000 nell&#39;olimpo delle nude pi&ugrave; importanti della storia recente. Fra tutte le versioni presentate fino a oggi, forse &egrave; proprio lei la pi&ugrave; affascinante della serie.    &nbsp;  Aprilia Tuono 1000  La Tuono nacque con un un unico scopo: fare una versione a manubrio alto della supersportiva RSV Mille.&nbsp;Questo significava, letteralmente, spogliare la moto nel modo pi&ugrave; semplice e diretto possibile.&nbsp;Quindi via le carene e il cupolino avvolgente, qualche particolare per coprire i cavi e le parti esposte della meccanica, e un cupolino pi&ugrave; stretto per consentire il movimento del nuovo manubrione (larghissimo, quasi da cross, proprio &quot;alla tedesca&quot;) senza nemmeno cambiare il faro anteriore. Una soluzione azzardata e radicale che inizi&ograve; ad essere prodotta in serie nel 2003 (dopo la preziosa Tuono Fighter in tiratura limitata del 2002) e che mise le basi per una dinastia di moto che prosegue ancora oggi. Un cult assoluto.  &nbsp;  &nbsp;  Suzuki GSX-R 1000 K4  Tre letterine magiche: la G, la S e la X hanno regalato fantastiche moto agli appassionati e hanno fatto la fortuna di Suzuki nei mercati occidentali, ma &egrave; con le supersportive GSX-R dei primi &#39;00 che questa famiglia di sportive ha raggiunto il suo picco assoluto. 20 anni fa fu presentata la prima generazione di GSX-R 1000 indipendente dal resto della produzione e l&#39;inizio di un percorso che avrebbe portato questa serie fino alla vittoria del campionato Superbike.  La K4 finora &egrave; stata la meno ricercata perch&egrave; meno vincente delle altre, ma &egrave; finalmente ventenne e con la sua estetica aggressiva ma gentile e proporzionata rappresenta un perfetto esempio di unione fra gli anni &#39;90 e i &#39;00. Lo schema grafico del faro verticale fra due grandi prese d&#39;aria &egrave; stato ripreso con successo anche nell&#39;ultima versione della supersportiva di Hamamatsu.  &nbsp;  &nbsp;  BMW R1150 Rockster  A inizio millennio BMW Motorrad non aveva un&#39;identit&agrave; di marchio variegata come ora. L&#39;animo sportivo non era ancora stato esplorato e si limitava ad essere un marchio 100% turistico dedicato a una clientela sobria e tranquilla. Le cose iniziarono a cambiare nel 2003, quando a Monaco decisero di modificare la R1150R e dotarla di colorazioni sportive ed aggressive e di un frontale con doppio faro asimmetrico che cambiava nettamente i connotati a un mezzo nato per il solo turismo: la chiamarono R1150 Rockster e fu un vero successo, apprezzata anche al di fuori della solita cerchia dei BMWisti. Da quel momento si susseguirono modelli sempre pi&ugrave; sportivi e inizi&ograve; una nuova storia per il brand.    Top5: moto interessanti che diventeranno di interesse storico nel 2023 (parte 1) 

Altre cinque moto arrivate nel 2003 che entreranno nella lista dei mezzi d&#39;interesse storico perch&egrave; ufficialmente ventennali. Si tratta di mezzi che, nel loro piccolo, hanno contribuito alla storia delle due ruote e diventeranno interessanti per i collezionisti

Top5: moto interessanti che diventeranno storiche nel 2023 - parte 2

Nel 2003 abbiamo dato l&#39;ultimo saluto a Giorgio Gaber, Saddam Hussein veniva arrestato dagli americani, a Nassiriya muoiono 16 militari italiani in un attentato esplosivo e lo Shuttle Columbia esplodeva in volo pochi secondi dopo il decollo da Cape Canaveral. Nel mentre il mondo del motociclismo conosceva nuove moto che sarebbero diventate pietre miliari negli anni a venire e che ora diventano ventennali e iscrivibili al registro storico. Se siete gi&agrave; in possesso di una di queste, preparate la documentazione ASI.  Ducati Multistrada 1000  La prima, storica, strana serie della Multistrada fece il suo debutto proprio nel 2003. Disegnata da Terblanche &egrave; stata criticata da molti e amata da altrettanti, grazie al suo design di rottura e a soluzioni estetiche-funzionali che mai si erano viste prima su una motocicletta. La Ducati di quegli anni era molto di versa da quella di oggi e la produzione era ancora incentrata su prodotti esclusivi e in linea con la tradizione del marchio, che prevedeva unicamente moto bicilindriche a L con telaio a traliccio, distribuzione desmodromica e frizione a secco.  Terblanche e l&#39;allora AD Minoli sono stati i primi a &quot;rompere&quot; il rigore ducatista proponendo moto sempre in linea con la tecnica della tradizione ma con estetica e funzionalit&agrave; mai viste prima. A distanza di 20 anni la Multistrada fu il modello pi&ugrave; lungimirante di quell&#39;epoca perch&egrave; ancora viene prodotta e vende ora pi&ugrave; che mai. L&#39;importanza storica del primo modello &egrave; indubbia, quindi merita l&#39;iscrizione al Registro.    &nbsp;  Honda CBR600RR  CBR &egrave; un brand nel brand. In Honda hanno costruito una dinastia di modelli basati su queste tre lettere a partire dagli anni &#39;80, ma quella del 2003 &egrave; senza dubbio una delle pietre miliari che ha cambiato completamente i connotati della serie. La versione a doppio faro e scarico sotto al codone &egrave; ancora oggi riconosciuta come una delle pi&ugrave; belle mai realizzate, che ha rotto in maniera netta con il passato e ha fatto debuttare i suffisso RR al posto di F, spingendo verso la sportivit&agrave; e la pista e lasciando da parte il carattere da stradale pura che contraddistingueva il modello. Non &egrave; una moto interessante solo per la sua estetica aggressiva, ma ha anche vinto tanto in WSS e nei vari campionati nazionali ed &egrave; sempre stata una delle moto pi&ugrave; equilibrate delle comparative dell&#39;epoca.    &nbsp;  Kawasaki ZX-6R 636  Dopo l&#39;introduzione del motore 636, la rivoluzione del 2003 nella serie supersportiva 600 di Kawasaki &egrave; tutta estetica e dinamica. Con questa moto si traccia una linea che separa passato e futuro, perch&egrave; dalle abbondanti e molto &quot;anni 90&quot; linee della precedente si passa ad una affilatissima e attillata carenatura compatta, che in verde la fa sembrare un insetto pronto a saltare. Il cupolino a punta con la presa d&#39;aria centrale e i fari separati un quella posizione strana danno un carattere inconfondibile a questo modello, che ancora oggi rimane un&#39;icona di stile e personalit&agrave;. Oltre allo stile c&#39;&egrave; anche un comportamento dinamico da vera pistaiola e un palmares sportivo di tutto rispetto, con anni di protagonismo (con la versione 600) nelle serie Supersport internazionali e nazionali.    &nbsp;  Ducati 749  Meno blasonata della 999, meno di successo di tutte le altre sportive medie dell&#39;epoca, ma senza dubbio una moto dal fascino infinito. La 749 &egrave; nata nel 2003 ed &egrave; arrivata ai giorni nostri con ancora pi&ugrave; fascino di quando ha debuttato. La sua estetica cos&igrave; particolare - identica alla sorellona da Superbike - ha fatto innamorare moltissimi motociclisti e incazzare tanti ducatisti che non riconoscevano in quelle linee una vera supersportiva da tradizione Ducati.  La 749-999 non ha mai messo d&#39;accordo le due correnti di pensiero, nemmeno dopo 20 anni dal debutto, ma un aspetto su cui tutti possono concordare c&#39;&egrave;: &egrave; un modello che ha segnato un&#39;epoca e che merita il riconoscimento storico che sta ricevendo in questo periodo. Se ne avete una in garage, preparatevi a vedere un ulteriore rialzo del valore nei prossimi anni, soprattutto se la iscriverete al Registro Storico.    &nbsp;  KTM 950 Adventure  Una moto che fa pensare a un nome: Fabrizio Meoni. Per gli italiani la 950 Adventure &egrave; anche questo, ma a livello storico, questo modello &egrave; semplicemente la massima espressione di quelle che chiamiamo &quot;moto dakariane&quot;. Con una moto non cos&igrave; dissimile da quella di serie, Meoni vinse due Parigi-Dakar, quella storica che partiva dall&#39;Europa e arrivava alla capitale del Senegal.&nbsp;  La moto in s&egrave; &egrave; pure il meglio che la produzione delle enduro stradali poteva proporre all&#39;epoca, un mezzo con il quale si poteva fare davvero fuoristrada e che &egrave; stata scelta da molti appassionati di viaggi per girare il mondo intero. Ora &egrave; un fenomeno di culto e il principio di una serie di moto, le Adventure di KTM, che al giorno d&#39;oggi sono bandiera del marchio. Questo modello &egrave; anche quello che ha coniato il termine &quot;adventure&quot; in riferimento alle moto di questa categoria, giusto per rimarcare l&#39;importanza.    Tutte le novit&agrave; moto 2023 

Un nuovo anno sta per arrivare e molte moto che sono entrate in commercio nel 2003 saranno ufficialmente ventennali. Torniamo indietro nel tempo e vediamo quali sono le pi&ugrave; interessanti iscrivibili al Registro Storico

Top5: moto interessanti che diventeranno storiche nel 2023 (parte 1)

Quando l&#39;Italia andava a &quot;due&quot; ed il Giappone a &quot;quattro&quot;.&nbsp;Ovviamente parliamo di moto e nello specifico praliamo di motori. Al periodo parole come &quot;modularit&agrave;&quot; per certi motori erano poco pi&ugrave; che lettere sfocate che a volte venivano pronunciate quasi in modo &quot;doveroso&quot;. Quella degli anni &#39;80 era un&#39;epoca decisamente di opulenza, in fatto tecnico, dove per ogni tipologia di moto vi era il propulsore&nbsp;pi&ugrave; adatto tecnicamente (o reputato tale anche in virt&ugrave; di un certo appeal verso i diversi gusti del&nbsp;pubblico).  ARCHITETTURE SU MISURA    Moto sportiva? Il quattro cilindri spadroneggiava, meglio se in linea. Enduro? monocilindrico di rigore; anche il V2 o il bicilindrico parallelo avevano la loro fetta da spartirsi, in caso di endurone pi&ugrave; oversize come le 750.&nbsp;  Questo soprattutto se guardiamo alle Case giapponesi. Per i marchi di casa nostra... beh, il concetto era pi&ugrave; sfumato. Ducati, ma anche Guzzi, puntavano o optavano per l&#39;architettura a V per i due cilindri. Realizzandoci attorno mezzi di vario segmento e cilindrata.  Guardando le protagoniste di questa sfida d&#39;annata si nota bene e meglio il concetto:&nbsp;Yamaha, Suzuki, Kawasaki, Honda con gli inscalfibili 4 in linea, contro&nbsp;due italiane Ducati e Guzzi dotate&nbsp;di motori a V (longitudinale il motore bolognese, trasversale quello Guzzi).&nbsp;  Erano le medie &quot;sportive&quot; del periodo. Oggi le definiremmo quasi delle sport-tourer, per doti di guida e comfort, e non avevano ancora raggiunto l&#39;appeal delle sorelle maxi, moto&nbsp;pi&ugrave; blasonate ed ambite, ma avevano il loro &quot;perch&egrave;&quot; e in qualche caso (vedi Honda CBR o Yamaha FZ) diedero vita in seguito ad un segmento a parte con le relative medie sportive che iniziarono a rivaleggare con le pi&ugrave; potenti sorelle maxi.&nbsp; Conosciamole meglio, tutte quelle che erano considerate della &quot;macchine a misura d&#39;uomo&quot;&nbsp;, da uno servizio pubblicato su&nbsp;InMoto di giugno del&nbsp;1988.  &nbsp;  Moto&nbsp;Guzzi V65 Lario    Evoluzione della classica sportiva all&#39;italiana, rigorosamente bicilindrica e relativamente sobria (proposta in quel periodo ad un prezzo molto conveniente) che garantiva gran feeling agli appassionati di gusti classici, quelli a cui piace sentire&nbsp;pulsare vivo il motore.  La serie dei quattro valvole sportivi Guzzi rappresentava&nbsp;stilisticamente un inconfondibile classico&nbsp;nel loro&nbsp;styling spigoloso, forse sgraziato ma di certo originale. Presentava&nbsp;finiture migliorabili&nbsp;anche se il salto qualitativo era&nbsp;evidente rispetto alla precedente produzione.&nbsp;La V 65 Lario era&nbsp;la&nbsp;pi&ugrave; a buon mercato&nbsp;di questa nostra prova parallela e se da un lato forniva&nbsp;prestazioni limitate dalla cilindrata, dall&#39;altro era&nbsp;in grado di garantire il&nbsp;divertimento&nbsp;con una guida &quot;all&#39;italiana&quot; anche se&nbsp;con la ruota anteriore da 16&quot; per adeguarsi alla moda&nbsp;lanciata a suo tempo dai costruttori giapponesi.    I rilevamenti parlavano di:  Peso a secco 172 kg. Velocit&agrave; massima 191,2 km/h. Accelerazione 0-100 km/h 5&quot;2. Accelerazione 0-400 metri 13&quot;1 - 159,5 km/h. Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 14&quot;8 - 133,6 km/h. Potenza massima 50,7 CV a 7500 giri/min. Coppia 5,1 kgm a 6000 giri/min. Peso in ordine di marcia 187,2 kg.  &nbsp;  Ducati Paso 750    Non propriamente una sportiva, fu una sorta di&nbsp;ibrido,&nbsp;che&nbsp;ottenne&nbsp;grande successo oltreoceano, mentre sul nostro mercato venne meno recepita. Sotto ad una veste estremamente ricercata (realizzata da Tamburini) che ha fatto proseliti anche fra le stesse aerodinamiche concorrenti giapponesi, si nascondeva un cuore&nbsp;dal gusto classico. Il bicilindrico a &quot;elle&quot; Desmo 2 valvole Ducati di 748,1 cc alimentato da un carburatore doppio corpo Weber, aveva una&nbsp;potenza massima di 61,5 cv alla ruota a 7750 giri, dimostrandosi forte in ripresa, soprattutto, ma pure le prestazioni di punta rilevate non erano male.    I rilevamenti parlavano di: Velocit&agrave; massima 204,7 km/h, Accelerazione 0-100 km/h 4&quot;7, Accelerazione 0-400 metri 12&quot;5 - 167,0 km/h, Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 13&quot;6 - 151,4 km/h, Potenza massima 61,4 CV a 7750 giri/min. Coppia 6,2 kgm a 5500 giri/min. Peso in ordine di marcia 202,0 kg.  &nbsp;  Yamaha FZ 600 R    Per quanto&nbsp;di piglio pi&ugrave; sportiveggiante, rientrava&nbsp;nell&#39;ambito delle sportive tradizionali alla giapponese, cio&egrave; molto equilibrate, versatili e dal prezzo accessibile che si distingueva per il look da racing replica e per le equilibrate prestazioni.  Aggressiva nella linea, con i colori classici della Casa di Iwata, con in bella vista le&nbsp;vistose decorazioni a bande laterali.&nbsp;Inoltre era&nbsp;l&#39;unica all&#39;epoca ad offrire la &quot;chicca&quot;&nbsp;poi&nbsp;tanto di moda del doppio gruppo ottico anteriore.&nbsp;Sportiva nella guida, supportata da una posizione in sella &quot;racing&quot; per gli standard del periodo. Dalla sua un motore 4 cilindri raffreddato ad aria accreditato di una potenza di quasi 50 CV con una erogazione brillante ai medi regimi, abbinata per&ograve; a non elevatissime doti di allungo, malgrado l&#39;indole sportiva della moto.    I rilevamenti parlavano di:  Velocit&agrave; massima 208,8 km/h. Accelerazione 0-100 km/h 4&quot;6. Accelerazione 0-400 metri. 12&quot;4 - 169,1 km/h Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 14&quot;0 - 144,6 km/h. Potenza massima 54,6 CV a 9400 giri/min. Coppia 4,5 kgm a 7500 giri/min. Peso in ordine di marcia 193,8 kg.  &nbsp;  Honda CBR 600 F    Fu colei che di fatto ha&nbsp;dato il via&nbsp;alla moderna gen&igrave;a delle 600 supersportive,&nbsp;una&nbsp;moto di riferimento per equilibrio tecnico e prestazionale, unita ad un look di grande effetto.&nbsp;Pi&ugrave; delle sue forme sinuose, arrotondate ed accuratamente raccordate, che costituivano un complesso monolitico fra carenatura, serbatoio e fiancate, affascinava lo&nbsp;straordinario equilibrio&nbsp;che la caratterizzava.&nbsp;&nbsp;Riusciva ad offrire&nbsp;una&nbsp;posizione di guida granturistico-sportiva&nbsp;azzeccata e reclinata in avanti per sfruttare con naturalezza la protezione del compatto cupolino, che offriva&nbsp;una buona protezione aerodinamica ma solo se si stava bene accucciati.  Il temperamento del suo motore quadricilindrico, da oltre 74 cv alla ruota a 10800 giri, era spiccatamente sportivo (per l&#39;epoca) ed anche se ai bassi regimi funzionava senza problemi di fluidit&agrave;, amava comunque girare alto e rendere il meglio a partire dai 7.500 giri.    I rilevamenti fatti al periodo parlavano&nbsp;di:  Velocit&agrave; massima 229,3 km/h, Accelerazione 0-100 km/h 3&quot;8, Accelerazione 0-400 metri 11&quot;7 - 183,4 km/h, Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 14&quot;5 - 142,6 km/h,&nbsp;Potenza massima 74,1 CV a 10800 giri/min. Coppia 5,3 kgm a 9750 giri/min. Peso in ordine di marcia 196,9 kg.  &nbsp;  Kawasaki GPx 600 R    Si collocava in una posizione intermedia tra le rivali giapponesi, perch&eacute; senza dubbio pi&ugrave; versatile della Honda ma non meno dotata sul piano prestazionale. Dalla sua un aspetto &quot;solido&quot; e concreto (con linee gii&agrave; note per la sorella 750) per una moto che garantiiva una guida facile e intuitiva (nonostante fosse la pi&ugrave; sportiva come posizione di guida) abbinata ad un motore potente e dalle prestazioni complessive molto elevate.&nbsp;&nbsp;  Il suo quattro cilindri in linea risultava&nbsp;il pi&ugrave; potente della categoria&nbsp;con 74,8 CV alla ruota a 10.300 giri rilevati, ma &egrave; anche&nbsp;quello pi&ugrave; dotato di coppia e tiro ai regimi intermedi, come dimostravano le prestazioi in accelerazione.    I rilevamenti parlavano di:   Velocit&agrave; massima 226,8 km/h. Accelerazione 0-100 km/h 3&quot;8. Accelerazione 0-400 metri 11&quot;8 - 182,9 km/h. Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 13&quot;9 - 149,0 km/h.&nbsp;Potenza massima 74,8 CV a 10300 giri/min. Coppia 5,2 kgm a 8500 giri/min. Peso in ordine di marcia 198,4 kg.  &nbsp;  Suzuki GSX 600 F    Era l&#39;ultima arrivata nel settore (ma con tutte le intenzioni di essere la prima) si poneva in diretto critico confronto con la Honda CBR 600 F, alla quale si avvicinava per scelte aerodinamiche, prestazioni, qualificazione, meccanica e... prezzo.  A livello di design, tra le rivali, presentava forse&nbsp;le&nbsp;forme pi&ugrave; sgraziate&nbsp;ma che risponevano comunque a precise esigenze di funzionalit&agrave; e aerodinamica. Dalla sua la media Suzuki mostrava inoltre&nbsp;una&nbsp;eccellente meccanica e ciclistica.&nbsp;Una moto che&nbsp;badava al sodo,&nbsp;la GSX 600 F, con&nbsp;finiture non ricercatissime&nbsp;ma con tanta sostanza. L&#39;&nbsp;impostazione di guida era estremamente versatile&nbsp;per macinare chilometri su chilometri&nbsp;senza stress, ma che per la buona correlazione fra sella e manubrio, si dimostrava ottima anche qualora si desiderasse&nbsp;spingere a fondo.    I rilevamenti parlavano di:  Peso a secco 188 kg.&nbsp;Velocit&agrave; massima 222,7 km/h. Accelerazione 0-100 km/h 3&quot;9. Accelerazione 0-400 metri 11&quot;9 - 181,0 km/h. Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 14,7 - 139,0 km/h. Potenza massima 76,6 CV a 10700 giri/min. Coppia 5,4 kgm a 9500 giri/min. Peso in ordine di marcia 209,5 kg. 

Yamaha, Suzuki, Kawasaki, Honda ma anche le due italiane Ducati e Guzzi: sportivit&agrave; ed equilibrio. Una sfida che arriva dal 1988

Rewind, le medie sportive di fine anni &#39;80: tocchi di classe

Sulle pagine di InMoto dell&#39;autunno 2002, esattamente 20 anni fa, si respirava un&#39;aria molto diversa. Intermot era l&#39;unico salone dell&#39;anno e si svolgeva a Monaco, mentre EICMA non&nbsp;and&ograve; in scena poich&egrave;&nbsp; al periodo c&#39;era l&#39;alternanza fra le passerelle di&nbsp;Germania e Italia, un anno una&nbsp;e un anno l&#39;altra. Al tempo, per&ograve;, alcune moto venivano presentate anche in altri contesti come il Moto Show di Bologna e il salone di Birmingham. Le novit&agrave; erano cos&igrave; tante che ci servirebbe un numero speciale della rivista per ricordarle tutte, ma le abbiamo separate in 5 categorie che vi faranno fare un salto indietro nel tempo.  1- Il dominio delle Supersportive    Le carenate con i semimanubri erano il cuore del mercato di inizio millennio. Le case giapponesi aggiornavano i modelli anno per anno e l&#39;utenza adorava guidarle su strada e portarle in pista. Sia le 600 che le 1000 erano all&#39;apice della popolarit&agrave; e all&#39;Intermot 2002 abbiamo assistito a presentazioni storiche.  Kawasaki ZX-6R e Honda CBR600 RR hanno calamitato l&#39;attenzione del salone, entrambe con un&#39;estetica di rottura che metteva una pietra sul passato e proiettava in una nuova dimensione il concetto di supersport 600 stradale, sempre pi&ugrave; pistaiola ed estrema. Le ricordiamo ancora oggi come le pi&ugrave; importanti della serie, quelle che hanno fatto la differenza nel cuore degli appassionati e nel cronometro di chi le portava in pista. Outsider d&#39;eccezione, la nuova Ducati 749 e la Triumph Daytona 600 presentata a Brimingham.  Fra le 1000 la novit&agrave; maggiore &egrave; stata la GSX-R 1000 K4, mentre tutte le altre concorrenti di categoria si sono aggiornate senza troppe rivoluzioni. Al Motor Show, appena dopo il salone di Monaco, Ivano Beggio ha presentato il futuro di Laverda con il prototipo SFC1000, destinato all&#39;oblio, mentre Ducati ha stupito ancora una volta con la 999R. Le vere novit&agrave;, per&ograve;, sarebbero arrivate l&#39;anno seguente con CBR1000 RR, ZX-10R e R1 2004.&nbsp;    &nbsp;  2 - L&#39;esplosione delle Naked    Tra una carenata e l&#39;altra, il mondo delle nude stava pian piano sbocciando e le vendite delle moto sportive scarenate crescevano con progressione inarrestabile. In questo segmento abbiamo visto, nel 2002, non solo prodotti da grandi numeri, ma anche creazioni di nicchia che negli anni sarebbero diventati riferimenti storici per l&#39;intera industria automobilistica.&nbsp;  Fra le novit&agrave; assolute ne citiamo tre, le pi&ugrave; importanti di quell&#39;Intermot: la prima e storica Kawasaki Z1000 del nuovo millennio, che ha fatto partire una dinastia di maxi naked che continua ancora oggi, l&#39;Aprilia Tuono Fighter, moto che ha cambiato i paradigmi delle sportive stradali e la KTM 950 Super Duke, prima vera esperienza di Mattighofen con le moto 100% stradali. In secondo piano, ma non meno importanti (col senno di poi), la Buell XB9S Lightning e la Moto Guzzi Griso. Due moto che non hanno fatto grandi numeri sul mercato, ma che hanno conquistato i cuori di migliaia di appassionati  &nbsp;  &nbsp;  3 - Quando le crossover non erano le turistiche pi&ugrave; vendute  Il segmento delle moto da turismo e da viaggio pululava di offerte. Il mercato non era dominato da una sola categoria ma si divideva fra sport-touring, GT e &quot;moto alte&quot;, che non erano definite ancora come crossover. La novit&agrave; pi&ugrave; importante &egrave; di sicuro l&#39;ultima serie Varadero, destinata a diventare un incrociatore da viaggio, mentre nel settore delle turistiche sportive c&#39;era Ducati a far da padrone con l&#39;ultima edizione della ST4. Moto Guzzi, in terra tedesca, presentava una intera gamma di V11, mentre BMW presenta al pubblico di Bologna la sua particolarissima R1150 R Rockster, una moto che &egrave; rimasta nel cuore degli appassionati anche oggi.    &nbsp;  4 - Custom e Cruiser andavano alla grande  Un altro settore che in quegli anni prosperava &egrave; quello delle custom e cruiser dallo stile americano, ma che arrivavano da tutte le parti del mondo. Le versioni centenario di tutte le Harley Davidson a listino sfoggiavano il serbatoio con la doppia colorazione, mentre i giapponesi facevano sul serio con le loro cruiserone Honda VTX1300 S Shadow e Kawasaki VN 1600 Classic con i loro motori lenti ed indistruttibili. Moto Guzzi rinnovava l&#39;intera gamma California con le versioni a punterie idrauliche e BMW stupiva con la maxi cruiser R1200 CL, regina dello stand di Intermot del 2002.    &nbsp;  5 - Fuoristrada, quando contava ancora    Anche al tempo il fuoristrada era una nicchia, ma meno nicchia di ora. Le moto tassellate avevano una diffusione pi&ugrave; ampia grazie alle normative meno restringenti e alla possibilit&agrave; di endurare liberamente nelle montagne europee. Per questo motivo c&#39;era grande fermento nella categoria e le novit&agrave; pi&ugrave; importanti arrivavano da Husqvarna (erano i tempi del controllo da parte di Cagiva-MV) che ha rinnovato completamente la gamma da enduro/cross TE-TC e presentava al mondo la SMR 570, una delle motard pi&ugrave; cattive di sempre. Gli altri nomi li conosciamo, Honda CR e Suzuki RM hanno le stesse sigle di oggi ma erano prodotti ben diversi, che vendevano tantissimo anche fra i privati e iniziavano a delineare i tratti dell&#39;epoca delle 4T nel cross.  Le novit&agrave; di Intermot 2022 

Il mondo delle due ruote sembrava un pianeta a parte rispetto a ora. Tantissime supersportive, quasi nessuna crossover e una marea di moto di segmenti diversi a contendersi la fetta di regina di Intermot (in assenza di EICMA)

Novit&agrave; dal passato: le regine dei Saloni... di 20 anni fa

        Auto e moto, lo sappiamo, sono cose ben distinte. I sidecar sono forse il punto d'incontro palese dei due mondi ma c'&egrave; chi si &egrave; spinto oltre e ha realizzato un mezzo che, a seconda dell'angolazione cui lo si guarda, pu&ograve; sembrare si un'automobile che una motocicletta. Questo bizzarro trabicolo si chiama Domani ed &egrave; stato realizzato fra gli anni '80 e '90 da Michael Krauser, un tipo particolare. Sotto il vestito c'&egrave; BMW  Ex vincitore di campionati di sidecar su pista negli anni '50, il tedesco Michael svilupp&ograve; la sua attivit&agrave; nella realizzazione di borse e bauli da viaggio per le BMW dagli anni '60 in poi. Il business andava bene e i suoi prodotti erano considerati di ottima qualit&agrave;, cos&igrave; che dopo una ventina d'anni prov&ograve; a tornare alla passione di giovent&ugrave;, le motocarrozzette, realizzando il progetto di un sidecar rivoluzionario che marchi&ograve; col suo nome. Utilizzando come base una R100RS, Krauser svilupp&ograve; una sospensione anteriore monobraccio con sterzo nel mozzo e un telaio per il carrozzino che non era separato da quello della moto. Per intenderci, come nei sidecar da corsa si trattava di un mezzo unico con una dinamica molto particolare che ricordava pi&ugrave; il comportamento stradale delle auto e giustificava sospensioni e cerchi di origine automobilistica per tutte e tre le ruote.  &nbsp; Un sidecar-supercar unico Per questa caratteristica, il primo prototipo fu realizzato proprio come se fosse un'auto, ma con le quote ciclistiche asimmetriche del sidecar. Il risultato venne battezzato "Domani", ad indicare il risultato del tutto futuristico di questo mezzo, a met&agrave; strada fra una navicella spaziale e un'auto sportiva, ma con sella e manubrio. La forma dell'anteriore, molto aerodinamica come i sidecar da competizione, si ispirava ai frontali di Ferrari e Lamborghini, mentre il posteriore univa carrozzino e moto in un unico elemento, formando un posteriore del tutto simile ad un'auto con tanto di spoiler e baule portabagagli. Piacque subito in Germania e Giappone (dopo Akira, nel Sol Levante vanno pazzi per questi strani mezzi), cos&igrave; l'attivit&agrave; prosegu&igrave; con costanti aggiornamenti, versioni e motorizzazioni diverse fino agli ultimi esemplari di inizio millennio dotati di 4 cilindri BMW K1200 con oltre 150 CV. A parte questi pochi dettagli non abbiamo molte altre informazioni di questo bizzarro ibrido, ma possiamo apprezzare la passione e l'estro che questo genio dei sidecar ha riposto nel confezionare il tre ruote sportivo perfetto. La curiosit&agrave; di scoprire come si guida un "coso" del genere &egrave; enorme, ma sar&agrave; difficile trovarne uno. Si stima che ne siano stati prodotti appena un centinaio.  L'importanza del "flow" quando si guida la moto       

In Germania i sidecar sono sempre andati di moda, ma l'azienda Krauser riusc&igrave; a portare il concetto oltre qualsiasi limite realizzando la Domani, una BMW con carrozzino che sembra una supercar

Krauser Domani: quando la moto si fece auto

        Dal 1983 al 2022. Quasi quarant'anni separano la prima versione della dakariana di Yamaha dall'ultima, che sta avendo un grande successo sul mercato. In mezzo ci sono state tante altre interpretazioni di questo nome che si &egrave; evoluto fino ai giorni nostri in quella che per molti rappresenta il miglior equilibrio fra una moto fuoristrada e una stradale d'avventura. Mettendo a confronto la prima versione e l'ultima non possiamo notare alcuna somiglianza, ma osservando tutti i modelli che hanno portato questa sigla negli anni possiamo capire l'evoluzione e la continuit&agrave; del concetto. Nel 1983 fu la prima "dakariana"  Yamaha ci aveva visto lungo, a inizio anni '80, perch&egrave; con il debutto di questa nuova e bizzarra gara a tappe da Parigi a Dakar si &egrave; aperto un mondo fino a quel momento inesplorato: quello dei rally raid. La prima vittoria a questa competizione fu proprio di una Yamaha, la XT500 guidata dal francese Cyril Neveu, ed &egrave; proprio grazie a questo debutto con i fiocchi che a Iwata iniziarono a sviluppare una versione della XT dedicata alle grandi traversate. Il nome T&eacute;n&eacute;r&eacute; arriva dalla lingua Tuareg e significa Deserto, e la prima a portare questo "nomignolo" era una XT 600 con serbatoio maggiorato, freni rivisti e un boost di potenza al monocilindrico da 40 a 45 cavalli grazie all'adozione del raffreddamento misto aria/olio.&nbsp; Grazie al successo di questa versione, T&eacute;n&eacute;r&eacute; venne percepito come un vero e proprio modello, cos&igrave; negli anni a seguire fu sempre pi&ugrave; riconosciuta con il semplice appellativo che convinse Iwata ad adottarlo come nome proprio del modello. E' nel 1988 che cambiano un po' i connotati, perch&egrave; da enduro con il serbatoio grosso si passa ad un'estetica con cupolino fisso, doppio faro anteriore e grande protezione aerodinamica. Questo &egrave; lo stile delle "dakariane" che hanno avuto pi&ugrave; successo a cavallo dei '90 bench&egrave; sotto le carene si tratti solo di una naturale evoluzione del progetto monocilindrico originario.&nbsp;  &nbsp; Cambia lo stile, rimane il nome  Nel 1991 la cilindrata crebbe fino a 660 e l'estetica cambi&ograve;, diventando un po' pi&ugrave; stradale e tornando al monofaro anteriore. Anche il serbatoio si ridimension&ograve; e perdette un po' di quello spirito avventuroso proprio delle versioni precedenti. Rimase comunque un modello apprezzato ma le vendite iniziavano a calare. La XT660Z T&eacute;n&eacute;r&eacute; venne prodotta in questa versione fino al 1998 e non venne sostituita da una nuova. Ci vollero 8 anni per rivedere il nome T&eacute;n&eacute;r&eacute; 660 nei listini Yamaha. Con la versione moderna della dakariana (che ormai era fuori dalle competizioni, date le regole moderne ben diverse del rally raid) &egrave; stato reinterpretato il concetto e la moto 2006 sembrava tanto leggera nello stile quanto particolare nelle forme. Il cupolino stretto e a sviluppo verticale ricorda il "castello" delle moto da raid e non si tratta pi&ugrave; di una moto abbondante come in passato, ma di una compatta dual con potenzialit&agrave; avventurose.&nbsp;  &nbsp; Si chiama ancora T&eacute;n&eacute;r&eacute;, ma l'ispirazione &egrave; della WR450F Rally E' questa penultima versione che dobbiamo osservare quando pensiamo alle linee della T&eacute;n&eacute;r&eacute; 700 dei nostri giorni, perch&egrave; pur trattandosi di concetti di moto diversi sono molti i punti in comune, a partire da un "family feeling" dell'anteriore decisamente marcato. La vera ispirazione dell'ultima T&eacute;n&eacute;r&eacute; &egrave; per&ograve; la moto 450 che corre la Dakar dei nostri giorni, con il cupolino trasparente, il sottile codino da vera enduro e la sella lunga e stretta tipica delle vere offroader. Il motore, inoltre, non &egrave; pi&ugrave; il monocilindrico aria/olio del passato ma il modernissimo bicilindrico parallelo CP2 700 della serie MT/Tracer, debitamente rivisto per questo tipo di utilizzo. Se la T&eacute;n&eacute;r&eacute; ha uno stile non ispirato alle progenitrici di serie ma alla moderna WR450F Rally che corre la Dakar, ha senso che porti ancora questo nome? Certo, &egrave; coerente con il discorso della moto "ispirata ai raid" che &egrave; l'essenza del nome T&eacute;n&eacute;r&eacute;, e a livello di marketing &egrave; senza dubbio la mossa migliore data la fama che si porta dietro questo nome. A Iwata sanno sia come fare le moto che come venderle, e questa &egrave; un'ulteriore conferma, anche se di nostalgico l'ultima della serie ha poco o nulla.  Yamaha T&eacute;n&eacute;r&eacute; World Raid: i voti del Sottoesame       

In quasi quarant'anni di storia la XT che porta questo glorioso nome &egrave; cambiata diverse volte. Ma l'ultima versione ha davvero qualcosa da condividere con le progenitrici? Un veloce excursus storico ci d&agrave; la risposta

Come è cambiata: Yamaha Ténéré

Inquino di meno se mi prendo una bella elettrica Energica o una Zero - super moderna, silenziosa e zero emission - o se mi restauro la vecchia V50 di mio zio e la uso come mezzo quotidiano casa-lavoro? Non si tratta di un dilemma ricorrente fra i motociclisti di questi tempi, ma &egrave; di sicuro interessante mettere le due cose a confronto, perch&egrave; fra un mezzo che inquina niente e uno che puzza e spruzza, il premio della sostenibilit&agrave; potrebbe non andare al primo dei due. Per capire, dobbiamo analizzare entrambe le alternative cercando di considerare pi&ugrave; dettagli possibili.  L&#39;elettrico non &egrave; 100% sostenibile, e lo sappiamo  Scoprire che qualsiasi mezzo a emissioni zero in realt&agrave; produce inquinamento &egrave; un po&#39; come scoprire che il fuoco brucia, perch&egrave; si deve sempre considerare tutto il processo di vita e non solo quello di utilizzo dell&#39;utente finale, che effettivamente &egrave; l&#39;unico passaggio veramente sostenibile e che non produce danni per l&#39;ambiente. Prima di noi che guidiamo, c&#39;&egrave; la fase di estrazione dei materiali necessari alla costruzione, la produzione e la distribuzione, e dopo che noi l&#39;avremmo spremuta fino all&#39;osso c&#39;&egrave; la parte finale che &egrave; la distruzione e lo smaltimento del mezzo.  Dalle miniere di litio e cobalto, all&#39;inquinamento atmosferico prodotto dalle acciaierie che creano le parti strutturali, fino agli alti consumi delle fabbriche che assemblano il mezzo. In questo caso la produzione di una moto elettrica non &egrave; cos&igrave; distante da quella di un mezzo a combustione tradizionale. Potrebbe in certi casi essere anche pi&ugrave; impattante perch&egrave; alcuni elementi per produrre le batterie arrivano da fonti non rinnovabili e la loro estrazione distrugge l&#39;ambiente, cos&igrave; come il grande enigma dello smaltimento futuro che - come sappiamo - non sono facilmente riciclabili.&nbsp;  Uno studio del 2021 del MIT di Boston ha confermato che la produzione di un&#39;auto elettrica &egrave; pi&ugrave; inquinante di una a combustione interna proprio per il discorso delle batterie, ma essendo un mezzo a zero emissioni recupera il suo lato &quot;green&quot; durante l&#39;utilizzo e si riporta in vantaggio rispetto al mezzo a combustione interna, che continua ad inquinare mentre viene utilizzato. A distanza di anni, l&#39;elettrico quindi vince la partita della sostenibilit&agrave;, ma non di molto... e se mettessimo in gioco anche quei mezzi che sono stati prodotti tanti anni fa e che continuano a circolare?    &nbsp;  Vintage vuol dire anche ecologico? Quasi  Nel gioco a chi inquina di meno fra una moto elettrica nuova e una moto a combustione nuova, potrebbe essere interessante prendere in considerazione anche una moto vintage restaurata. Prendiamo in considerazione una vecchia Guzzi di 30 anni, e andiamo a vedere qual &egrave; la sua storia: noteremo che quando &egrave; stata prodotta le regole internazionali per l&#39;inquinamento e i cambiamenti climatici del Protocollo di Kyoto erano ancora qualcosa di embrionale e le fabbriche inquinavano molto pi&ugrave; di ora, la stessa moto durante l&#39;utilizzo ha sempre emesso pi&ugrave; gas nocivi rispetto a una qualsiasi Euro4 moderna, quindi s&igrave; il vintage ha di sicuro un impatto maggiore.  Ma se proviamo a vederla da un altro punto di vista, che &egrave; quello del tempo che passa, noteremo che questa moto ha fornito il servizio di trasporto/divertimento/passione per trent&#39;anni - lasso di tempo in cui c&#39;&egrave; stato un solo processo di estrazione materiali, un solo processo di produzione, un solo processo di trasporto e vendita e tutto il resto &egrave; soltanto utilizzo e riparazioni.&nbsp;  Se consideriamo che la media di cambio dell&#39;auto in Italia &egrave; ogni 7,5 anni e che quella delle moto supponiamo non sia molto diversa (non abbiamo trovato studi o dati certi a riguardo), quanto effettivamente impatta meno sull&#39;ambiente avere un mezzo pi&ugrave; inquinante in circolazione in un tempo molto ampio come 30 anni piuttosto che una moto nuova ogni 7-10 anni?&nbsp;  La sostenibilit&agrave; sta diventando argomento importante anche in ottica utilizzo per un lungo periodo, e ci sono sempre pi&ugrave; studi a riguardo che identificano come molto sostenibile la scelta di non iniziare nuovi processi di produzione e di smaltimento mezzi esausti, ma di riparare quelli vecchi e dargli nuova linfa vitale, garantendo continuit&agrave; di funzionamento, pur se questo mezzo emette pi&ugrave; gas nell&#39;ambiente. Quando, poi, verr&agrave; sviluppata pi&ugrave; nel concreto la possibilit&agrave; di conversione a idrogeno di tutti i motori a combustione (qui l&#39;articolo che ne parla), il vantaggio potrebbe diventare palese.&nbsp;  Come possiamo notare il discorso &egrave; tanto vasto quanto complicato, &egrave; difficile raccogliere tutti i dati per avere un quadro completo di cosa &egrave; meglio e come, e la narrazione attuale delle aziende che guadagnano con l&#39;elettrico impone anche un marketing di &quot;greenwashing&quot; che spesso distorce la narrazione, e che mostra il vecchio come brutto e cattivo contro il nuovo pulito e bellissimo. In futuro, forse, sar&agrave; cos&igrave;, ma per il momento &egrave; giusto farsi tutte le domande del caso.    Energica Experia: il nostro video dal test 

Proviamo ad analizzare se effettivamente si inquina di meno restaurando e guidando un mezzo con qualche primavera sulle spalle o comprare e circolare con uno nuovo (e magari elettrificato)

Lotta alle emissioni: una moto di 30 anni meglio di una elettrica?

        Anche Suzuki ha le sue perle nascoste, o meglio alcune moto che non sono ancora entrate nel radar dei collezionisti e degli affaristi, e che per il momento aspettano con calma una rivalutazione che siamo sicuri arriver&agrave;, dato il particolare momento in cui le youngtimer stanno costruendo una vera e propria bolla di quotazioni alte (a volte troppo). Se andiamo a cercare bene, ci sono ottimi prodotti che stanno leggermente salendo rispetto alle valutazioni di un anno fa, ecco le 5 moto che - se siete suzukisti - dovreste comprare prima che costino troppo. Intruder 1400 Partiamo senza dubbio dalla pi&ugrave; costosa dell'elenco: la VS 1400 Intruder, custom che ha segnato un punto di riferimento fra la produzione giapponese del segmento negli anni '90 e ora gi&agrave; sotto i riflettori degli appassionati. Fra le Youngtimer che stanno salendo di quotazione ci sono anche le cruiserone giapponesi, ma stanno crescendo pi&ugrave; lentamente e concretamente di certe altre categorie, senza oscillazioni e con vero interesse collezionistico. La Intruder era la pi&ugrave; "americana" di quegli anni, con tanto ferro e poca plastica, ed &egrave; senza dubbio la capofila della sua nicchia nella scelta degli appassionati. Si trova a prezzi che vanno dai 4.000 euro in su, ma sono quasi sempre modificate. Per una originale e immacolata non &egrave; scontato spendere anche intorno ai 7.000, e costeranno sempre di pi&ugrave;  &nbsp; GSX-R 1000 K4 Incastrata fra le sempre amate versioni K1-k3 e la rivoluzionaria K5, la Gixxer 2004 &egrave; quella che ancora non ha calamitato le attenzioni dei youngtimeristi, proprio perch&egrave; &egrave; la meno ricordata di quell'epoca. Eppure non si tratta di una moto uscita male, anzi, &egrave; equilibrata e piacevole nell'estetica, non troppo aggressiva e non troppo sobria, ed &egrave; invecchiata davvero bene considerando che l'ultima versione della GSX-R 1000 si rif&agrave; anche un po' alle sue linee. Le prestazioni non le mancavano di certo, anzi, era sempre nelle posizioni alte delle comparative di quegli anni ed era sempre la pi&ugrave; apprezzata delle 4 cilindri nella guida stradale. Si trovano in buone condizioni anche fra i 3.500 e i 4.000 euro, aspettando il decollo imminente.  &nbsp; DR 600/650 Djebel Monocilindriche robuste, tremendamente anni '80/'90 e dal look iconico. La serie Djebel, per&ograve;, non ha un pedigree altrettanto importante come quello di Dominator e T&eacute;n&eacute;r&eacute;, ed &egrave; molto meno conosciuta della DR Big di mamma Suzuki, che ultimamente &egrave; diventata uno dei sogni proibiti dei fuoristradisti. C'&egrave; ancora la possibilit&agrave; di portarsi a casa un bell'esemplare di inizio anni '90 o uno del '95/'96 (gi&agrave; pi&ugrave; moderna e cupolinata tipo Dominator) a prezzi fra i 2.000 e i 3.000 euro, quindi occhio all'occasione e alla manutenzione!  &nbsp; GSX 650/1200 Inazuma Prima delle mordern-classic c'era lei la Suzuki Inazuma, che in versione 650 e 1200 prendeva la base tecnica della Bandit e la impreziosiva con un'estetica squisitamente anni '70. Fu capita poco negli anni a cavallo del millennio, e non vendette quanto la sorella banditona, ma una piccola nicchia di appassionati stravedeva per lei e il club a lei associato era nutrito e molto identitario. Ed infatti &egrave; sempre stata una moto di carattere che avr&agrave; un futuro come "classica", molto pi&ugrave; della Bandit da cui deriva. Le 650 si trovano anche attorno ai 2.000 euro, mentre le 1200 viaggiano gi&agrave; verso quota 4.000 e sono pi&ugrave; ambite. Saliranno entrambe ed essendocene poche in giro... preparatevi a sgomitare!  &nbsp; TL1000S Figlia di un progetto ambizioso, ovvero la voglia di Suzuki di sfondare nel mondo dei bicilindrici sfidando faccia a faccia Ducati. A fine '90 il filone delle semicarenate piaceva pi&ugrave; ai progettisti che agli appassionati, ma la caratteristica speciale di queste sportive stradali era il piacere di guida, cosa che la TL 1000 S, con un due cilindri a V robusto e potente (quello della VStrom 1000 attuale non &egrave; altro che una rivisitazione moderna del suo), riusciva a esaltare al meglio. Esteticamente &egrave; stata fra le semicarenate pi&ugrave; apprezzate assieme alla Honda Firestorm, e il suo stile personalissimo &egrave; arrivato ai nostri giorni ancora fresco e piacevole. Attenzione per&ograve;, i prezzi per lei stanno gi&agrave; salendo spinti dalla sorella supersportiva TL1000R (che &egrave; gi&agrave; cult), e se fino a un anno fa bastavano 2.500 euro, forse ora non ve ne bastano 4.000... prendetela prima che sia troppo tardi!  Top5 Usato: le Yamaha da comprare prima che costino troppo       

Alcune youngtimer fatte ad Hamamatsu hanno gi&agrave; preso il volo nelle quotazioni usato, mentre altre attendono sornione l'interesse degli appassionati pur essendo moto valide e rivalutabili

Top5, usato: le Suzuki da comprare prima che costino troppo

Aprilia &egrave; un marchio piuttosto giovane, e non avendo vere e proprie classiche, si sta affacciando nel mercato dei collezionisti con i suoi pi&ugrave; pregiati pezzi da collezione di anni &#39;80 e &#39;90. Sulla lista delle Youngtimer pi&ugrave; ricercate, per&ograve;, non sono finite ancora diverse V60 che hanno un valore speciale di tecnica e stile e che nel futuro prossimo verranno di sicuro rivalutate. Vi diamo qualche dritta.  RSV Mille &quot;restyling&quot;  Non era la pi&ugrave; bella del reame, senza dubbio, e per questo non &egrave; ancora entrata nella classifica delle Youngtimer pi&ugrave; desiderate, ma il valore tecnico e prestazionale della prima RSV Mille &egrave; senza dubbio qualcosa che entrer&agrave; nella storia, grazie al suo bicilindrico Rotax e le sue prime vittorie in Superbike, ed era&nbsp;un osso duro nelle comparative a cavallo del millennio. E&#39; una sportiva di razza, tanto rigorosa su pista quanto piacevole su strada, che ora si trova in buone condizioni a meno di 5.000 euro (se parliamo del primo restyling), con valutazioni in ascesa rapida e costante. Una prima serie tutta originale (&#39;98-&#39;99 grigio-rosso-blu) ha gi&agrave; quotazioni a ridosso dei 10.000 euro, perch&egrave; &egrave; la pi&ugrave; desiderata dai collezionisti assieme alle versioni speciali SP, R e Haga.    &nbsp;  Tuono Prima Serie  Della Tuono abbiamo parlato molto, &egrave; il ventennale della sua splendida carriera e una moto cos&igrave; amata non pu&ograve; che essere destinata al collezionismo nelle sue versioni di debutto. La Tuono del 2002, quella dell&#39;esordio, &egrave; stata una rivoluzione per le moto stradali grazie al suo divertimento e alle sue prestazioni da vera sportiva, e tuttora si trova a prezzi incredibilmente bassi... soprattutto le prime serie (monocromatica rossa o grigia con dettagli oro). L&#39;unico problema &egrave; trovarle con pochi chilometri, ma badate pi&ugrave; alla manutenzione, perch&egrave; il V60 Rotax &egrave; un motore che - se trattato bene - di chilometri ne fa parecchi senza grossi problemi.    &nbsp;  RST 1000 Futura  Una navicella spaziale dalle forme futuristiche, di sicuro non capita al debutto e che ancora fa storcere il naso a qualcuno. Altri, invece, la stanno gi&agrave; adocchiando perch&egrave; si tratta di un pezzo di design unico nel suo genere e di una sport tourer vera e propria, sia comoda che prestazionale, con pochi difetti e tanto divertimento. Se siete fra i fan della sua estetica, cercatene una in buone condizioni, difficilmente spenderete pi&ugrave; di 3.000 euro. Secondo consiglio: se ne trovate una della seconda mandata di produzione (2003-2004) &egrave; meglio, fu aggiornata con finiture e plastiche di migliore qualit&agrave;.    &nbsp;  Pegaso 600 Prima Serie  La Pegaso &egrave; un&#39;altra moto iconica di Aprilia, transgenerazionale perch&egrave; &egrave; arrivata fino agli anni 2000 sempre in forma e con un monocilindrico Rotax robusto e sincero, facile da trattare e da riparare. La miglior soluzione per chi cerca una moto leggera, facile e che possa fare anche sterrato agilmente &egrave; senza dubbio la prima serie con motore 600, sia quella con il doppio faro tondo anteriore (pi&ugrave; rara e un pochino pi&ugrave; costosa) che quella con il faretto rettangolare, a parer mio la pi&ugrave; bella e affascinante soprattutto in colorazione rosso scuro. La si trova a meno di 2.000 euro, per il momento, e controllate sempre condizioni si sospensioni, frizione e trasmissione finale per avere un&#39;idea di come &egrave; stata mantenuta.    &nbsp;  RS 125 2T Ultima Serie  Se tutte le 125 sportive di Aprilia sono gi&agrave; nell&#39;olimpo delle storiche, rimane ancora un modello fuori dai radar dei collezionisti, che &egrave; l&#39;ultima serie a 2 tempi della storica carenata per sedicenni, per intenderci quella con l&#39;estetica stile RSV seconda serie. Bench&egrave; non al livello delle RS che l&#39;hanno preceduta (e limitata a 15CV per legge), era facile modificarla e tirare fuori pi&ugrave; di 30 CV, mentre la ciclistica vantava un telaio ottimo e sospensioni che avevano bisogno solo di una giusta taratura. Se siete fortunati in Sud Italia si trova anche a 2.000 euro, mentre al Nord &egrave; gi&agrave; ricercata da chi vuole un 2T ma non vuole spendere 5-6.000 euro per una RS degli anni &#39;90.&nbsp;    Rewind, Aprilia RSV Mille: la scommessa di Beggio 

Tra gli usati di maggior interesse, ultimamente, si stanno affacciando anche le Aprilia, ma le quotazioni per i bicilindrici V60 Rotax non hanno ancora preso definitivamente il decollo. Ecco 5 dritte se volete una &quot;futura classica&quot; di Noale

Top5, usato: le Aprilia da comprare prima che costino troppo

Nel 2014 il Consiglio Federale incaricava il Comitato Epoca di dare nuovo smalto alle competizioni per le &ldquo;moto d&rsquo;epoca&rdquo;. Nel 2017 terminava la prima parte del Progetto e nascevano i Meeting in Pista FMI. Nel 2022 l&rsquo;operazione si completa, con la creazione della nuova serie CIV Classic.  &ldquo;Una scelta che risponde a logiche precise &ndash; commenta Giovanni Copioli, Presidente della Federazione Motociclistica Italiana - Si aggiunge infatti un altro elemento alla &ldquo;famiglia&rdquo; CIV, l&rsquo;attivit&agrave; di velocit&agrave; in pista pi&ugrave; importante gestita direttamente dalla FMI, confermando e rinnovando una risposta concreta e professionale alla richiesta di molti piloti di continuare a mettersi in gioco, indipendentemente dal tipo di moto usata, dall&rsquo;et&agrave; dei mezzi e di chi le usa. CIV Classic vuole essere la dimostrazione che l&rsquo;innovazione nella tradizione sia la scelta migliore per affrontare il futuro&rdquo;.    LE CATEGORIE in pista nel 2022  CIV Classic 2022 prevede 6 appuntamenti per ognuna delle 16 classi previste (accorpate in 10 partenze, quando l&rsquo;omogeneit&agrave; delle rispettive prestazioni lo consente). Le moto utilizzate devono avere almeno 20 anni di et&agrave; ed essere iscritte al Registro Storico FMI (nella maggior parte dei casi, salvo alcune eccezioni, per avere una certificazione ufficiale della loro rispondenza alle caratteristiche dell&rsquo;epoca di riferimento). Il gruppo pi&ugrave; consistente comprende mezzi degli anni &rsquo;80 e &rsquo;90, che esprimono ancora prestazioni elevate e che richiedono capacit&agrave; di guida di alto livello. I piloti ammessi hanno un&rsquo;et&agrave; da 18 (14, in una classe) a 75 anni, anche se prendono punti per il Campionato solo gli Over 30, proprio per differenziare nettamente questi appuntamenti da quelli per moto &ldquo;moderne&rdquo;.&nbsp; &nbsp; Tra le classi pi&ugrave; coinvolgenti va citato il Campionato 2T Italian GP, unico in Italia per moto 2 tempi, 125 e 250, pietre miliari nella storia delle competizioni; il Trofeo Moto Guzzi Fast Endurance, che ricorda le celebri gare di durata Anni &rsquo;70, dove gareggiano le moderne V7 750 e V7 850, in un mix esclusivo di tradizione sportiva ed attualit&agrave; dei mezzi; il Trofeo Lightwin, ora ufficiale dopo una fase sperimentale, vera e propria &ldquo;palestra&rdquo; per dare sfogo alla passione dei preparatori.&nbsp;  Diverse le novit&agrave; di CIV Classic 2022, rispetto ai precedenti Meeting FMI: - Si gareggia anche al Cremona Circuit, mai utilizzato fino ad ora per le gare pi&ugrave; importanti;&nbsp; - Entra in calendario la pista del Mugello. Al momento solo per il Trofeo Moto Guzzi, dove si prevedono iscrizioni molto numerose e sono quindi necessarie piste di grande capienza, che nel 2022 saranno Vallelunga, Cremona e Misano; - Esordisce la gara in &ldquo;notturna&rdquo; per il Trofeo Fast Endurance, a Misano, recuperando cos&igrave; una delle caratteristiche pi&ugrave; famose ed entusiasmanti delle gare di durata.  Rewind, Honda VTR SP-2: la rivincita di Tokyo  Il Calendario del CIV Classic 2022 prevede 6 appuntamenti:&nbsp; -14 e 15 maggio, Vallelunga. Appuntamento doppio;&nbsp; -12 giugno, Varano de&rsquo; Melegari; -17 luglio, Cremona Circuit; -28 agosto, Mugello, solo Trofeo Fast Endurance;&nbsp; -18 settembre, Magione;&nbsp; -15 e 16 ottobre, Misano (15/10 solo Fast Endurance, con gara in notturna da 90 minuti). 

Saranno 6 gli appuntamenti con moto di almeno 20 anni di et&agrave; e iscritte al Registro Storico FMI. Grandi protagoniste i modelli anni &#39;80 e &#39;90

Nuova serie CIV Classic: in gara le youngtimer

Nel mondo delle due ruote stiamo assistendo a una impennata dei prezzi dell&#39;usato, principalmente per quanto riguarda le youngtimer, ovvero le moto fra 20 e 30 anni di et&agrave;, che a seconda dei modelli hanno duplicato e in certi casi triplicato il loro valore medio in questi ultimi due anni di pandemia. Cosa sta accadendo?  La bolla delle youngtimer &egrave; arrivata nelle due ruote  Le dinamiche le conosciamo bene e arrivano direttamente dal mondo dell&#39;automotive, che vive questo tipo di speculazioni gi&agrave; da molti anni e ha visto il prezzo delle &quot;classiche giovani&quot; crescere a dismisura gi&agrave; qualche anno fa, quando la Lancia Delta Integrale ha iniziato il trend delle youngtimer a tutti i costi. Per quanto riguarda le moto ci sono una serie di coincidenze e una situazione pandemica che ha risvegliato in molti la voglia di rimettersi in moto dopo molti anni, magari con le stesse moto della giovent&ugrave;.  Il risultato &egrave; che nel 2021 il mercato usato ha fatto segnare +18,2% rispetto al 2019 (pre-covid), e allo stesso tempo anche il nuovo &egrave; cresciuto del 16.5%. Questo significa che gli italiani non hanno dovuto scegliere fra nuovo e usato, ma hanno speso soldi sia in uno che nell&#39;altro, a conferma che l&#39;appassionato ha ritrovato la passione anche nelle moto datate, aumentando di conseguenza la domanda dove l&#39;offerta &egrave; decisamente limitata e causando un logico (o illogico?) innalzamento dei prezzi.  La speculazione, in questo caso, &egrave; dietro l&#39;angolo e la bolla &egrave; gi&agrave; iniziata. I prezzi semplicemente stanno lievitando troppo e l&#39;hype creato dalla moda delle youngtimer aiuta i venditori ad azzardare prezzi di partenza ben oltre la quotazione media, perch&egrave; c&#39;&egrave; chi &egrave; disposto a spendere di pi&ugrave; di quel che la moto vale pur di aggiudicarsela. In alcuni casi il plusvalore &egrave; limitato, in altri &egrave; gi&agrave; schizzato alle stelle.    &nbsp;  Quali sono le moto interessate  Qualche esempio su tutti: le 125 carenate degli anni &#39;90 stanno vivendo un periodo d&#39;oro, soprattutto le italiane (Aprilia RS prime serie, AF1, Gilera KK e SP02, Cagiva Mito prima serie), che non &egrave; difficile trovare anche sopra i 5.000 euro (in alcuni casi a prezzi che si avvicinano ai 10.000)&nbsp;per un esemplare in buone condizioni, ma attenzione perch&egrave; anche le varie &quot;giapponesi&quot; come Honda NSR e Yamaha TZR stanno salendo. Per non parlare di &quot;sogni ormai proibiti&quot; ai pi&ugrave; come le&nbsp;250 2T&nbsp;Aprilia RS o Suzuki RGV...  Stesso discorso per le dakariane degli anni d&#39;oro, perch&egrave; Africa Twin 650/750 e Super T&eacute;n&eacute;r&eacute; 750 stanno decollando, al pari di alcune sportive un po&#39; pi&ugrave; rare come le Honda VTR 1000 SP1/2 e tutta una schiera di Ducati, compresa la 999 che sta vivendo una seconda giovinezza, con le Jap 750 e 1000 ventennali&nbsp;che stanno incalzando velocemente. Un lento ma costante interesse sta facendo aumentare anche i prezzi delle custom giapponesi come Intruder, Shadow e Drag Star, nei modelli a cavallo tra i &#39;90 e i &#39;00.    &nbsp;  Chi &egrave; escluso dalla &quot;bolla&quot;?  Escludendo le Harley-Davidson che hanno un mercato usato a parte da sempre, e i pezzi rari e le tirature limitate che hanno un culto collezionistico alle spalle, possiamo al momento lasciare fuori dalle speculazioni la categoria delle turistiche - le vecchie GT non fanno ancora cos&igrave; tanto gola - delle naked giapponesi (delle quali c&#39;&egrave; ancora molta offerta nell&#39;usato) e delle enduro, che (a parte KTM) seguono prezzi nell&#39;usato lineari.&nbsp;  La domanda &egrave; se la bolla &egrave; destinata a scoppiare o meno, ma in questo momento &egrave; troppo presto per capirlo, essendo i prezzi in ascesa. Se la speculazione andr&agrave; troppo oltre, il mercato diverr&agrave; instabile e pronto a crollare in qualsiasi momento, ma c&#39;&egrave; anche la possibilit&agrave; di vedere rallentare questa scalata con conseguente raggiungimento di una stabilizzazione. Quel che sappiamo &egrave; che siamo nella fase crescente, quindi se volete investire su una youngtimer questo &egrave; davvero il momento giusto per prenderne una... anzi, meglio affrettarsi.  Ricomprare la moto gi&aacute; avuta? Pensateci bene 

Si tratta del fenomeno del momento e del rinato interesse per le moto senza elettronica e con un&#39;anima ben precisa. Dalle 125 alle supersportive anni &#39;90, la bolla speculativa dell&#39;usato &egrave; iniziata. Cosa sta succedendo?

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