Kawasaki ZZR 1400

Kawasaki ZZR 1400
E chi l’avrebbe mai detto che dietro tanti muscoli e tanto metallo si nascondesse una moto così divertente e sfruttabile? Sì, la ZZR è la moto che non ci si aspetta, alla faccia dei tantissimi cavalli e dei non pochi chilogrammi.Brava, forse bella, senz’altro esagerata

Redazione - @InMoto_it

01.02.2013 ( Aggiornata il 01.02.2013 14:37 )

La Guida

Se la moda dei SUV a due ruote un giorno finisse, moto come la ZZR 1400 vivrebbero tempi davvero dorati. Certo, le coincidenze dovrebbero essere ben altre: scomparire tutor, velox, finire questa dannata crisi del credito e della credibilità e trovare asfalto buono e automobilisti comprensivi sulla nostra strada.
Se avessimo tutti il tempo di abbandonare qualche istante abiti e problemi di lavoro e inforcare davvero il casco per andare da qualche parte, purché lontano, allora di ZZR ce ne sarebbe pieno il mondo.
Ma non è così e, almeno a chi non l’ha mai provata, riesce difficile giustificare tutto questo peso e tutti questi muscoli. L’apparenza però è fuorviante e l’abito, stavolta, non fa il monaco.




Salire in sella alla ZZR vuol dire accomodarsi su un oggetto costruito per portare lontano, comodamente e velocemente. E tutto è di conseguenza strutturato e pensato. I comandi sono pratici quanto belli e curati, morbidi alla prima toccata e resistenti, se l’uso è prolungato ed aggressivo. Il sellone è lungo come deve essere e permette a tutti di trovare la posizione più comoda e consona alla guida e alla taglia. E quindi c’è anche spazio per cambiarla, la posizione.
Le pedane sono lontane dal suolo quel tanto che basta ad appoggiare comodamente il ginocchio per terra senza lasciare nessuna striscia sull’asfalto e allo stesso modo è possibile guidare per ore senza sentire la necessità di sgranchirsi le gambe. La moto in sé pesa un bel po’: l’ago della nostra bilancia si è fermato a 254,8 chilogrammi, ma appena le ruote cominciano a girare, anche lentamente, tutto il superfluo sembra scomparire. La ZZR si muove leggera anche in città e con il passeggero, la situazione peggiore per moto costruite per andare di fretta. Neppure l’angolo di sterzata è del tutto contrario agli spazi ristretti: ci si muove fra le auto senza zampettare continuamente per terra e senza sentirsi in imbarazzo anche se non si tocca agevolmente con entrambi i piedi. Cosa difficile, peraltro: la sella è bassa e la moto, almeno dove ci sono le gambe, risulta piuttosto stretta.
Il quattro cilindri potrebbe creare qualche imbarazzo, ma solo se si conosce per sentito dire: i 196 e rotti cavalli, che realmente ha, sembrano anestetizzati. Attenzione però: la calma vale solo fino ai 7.000 giri, poi si svegliano di colpo. Si può quindi guidare a passo d’uomo senza stordirsi e senza recare disturbo a nessuno: dai tromboni di scarico esce solo una voce fioca ed educatissima e i quattro pistoni si rincorrono su e giù senza riportarvi né un rumore, né un tremore.





È però fuori dalla città che la ZZR dà il meglio di sé: sui tratti guidati si gode del perfetto bilanciamento della ciclistica che, ancora una volta, vi farà apparire la moto più leggera di quanto non sia. La discesa in piega è graduale ma veloce, la tenuta di strada elevatissima. Anche sul misto stretto la “verdona” sa creare dei legami che vanno oltre il rispetto reciproco. Non bisogna esagerare con la grinta, s’intende: il quattro cilindri dà tutto quello che gli si chiede in tempi davvero stretti e in un istante i rettilinei finiscono nello specchietto retrovisore. Spesso si arriva alla staccata a velocità che non ci si aspetta e bisogna appellarsi a quattro dita sui freni. Per fortuna che c’è l’ABS e che le pinze Nissin sono dimensionate per sopportare praticamente tutto. La risposta al comando è dolcissima (merito di una modulabilità sopra la media) ma la forza frenante vi consentirà di impostare la curva come giusto, quindi bene e per tempo. Le sospensioni sono solo ben frenate ma non rigide: non si sentono contraccolpi né sulla schiena né sulle mani e l’asfalto sembra spesso più liscio di quanto non sia a guardarlo.
Più redditizio e meno stancante è guidare “alla turistica”: senza staccate con il cuore in gola e corpo più vicino all’asfalto che non alla moto. Ci si diverte parecchio anche a lasciare il sedere al suo canonico posto, sulla sella, e guidare la moto dentro alla curva con le gambe, tenendo le braccia morbide a stuzzicare la frizione qualora vi trovaste sottocoppia in uscita di curva. Sì, sotto i 3.000 giri/’ anche il portentoso quattro cilindri ha bisogno di un aiutino, specialmente se vi siete fatti prendere dalla sua grande elasticità guidando con qualche marcia in più del necessario.
Il controllo di trazione e la possibilità di intervenire sull’erogazione attraverso le mappature permettono di rendere ancora più fruibile la moto, soprattutto se ci si ritrova a guidare in avverse condizione atmosferiche. Può essere giusto la pioggia a disturbare il bellissimo feeling che si prova alla guida di questa maxi Kawasaki perché l’ottimo rapporto che si crea fra pilota e motore può portare a qualche confidenza di troppo. Ed è bene sapere quando fermarsi se ci sono in ballo 40 cavalli ogni 2.000 giri!





Anche se nel misto la ZZR offre tutto quello che serve a godersi le curve in successione, è in autostrada che il quattro in linea offre il meglio di sé lasciando al pilota tutto il piacere di una progressione linearissima e pressoché infinita, supportata da una stabilità ciclistica invidiabile e un riparo aerodinamico fuori dal comune. Ed è proprio quest’ultima caratteristica a stupire una volta raggiunte velocità importanti. Più che il piccolo cupolino è la stessa carenatura della moto a offrire una perfetta schermatura. La ZZR fende l’aria deviando tutti i flussi esternamente al corpo del pilota. A velocità molto alte l’isolamento è tale che la sensazione è di muoversi all’interno di un tunnel d’aria. Basta infatti aprire leggermente le braccia o trovarsi nella scia di un altro veicolo per avere una chiara percezione delle turbolenze che altrimenti si creerebbero con una diversa sagomatura della carrozzeria. La spinta da parte del motore è tale che ci si trova in davvero pochissimo tempo a velocità più vicine al limite della moto che non a quello consentito dalla legge. Il tutto, ovviamente, senza alcuna sbavatura da parte della ciclistica o sbacchettamento dell’anteriore. Per le trasferte a lungo raggio le possibilità motoristiche della ZZR sono una vera manna dal cielo. Aiutano a digerire i chilometri con qualche piacevole... divagazione, e permettono di viaggiare a velocità autostradali a regimi davvero ridotti e lontani dalle prime vibrazioni, avvertibili una volta sorpassati i 6.000 giri.
La vocazione turistica e quotidiana della ZZR è in parte offuscata da una capacità di carico (in configurazione standard) davvero irrisoria. Il sottosella offre spazio solo ai documenti e anche gli ottimi tecnici Kawasaki non sono riusciti a trovare posto a una tasca nella pur abbondante carenatura.
Il consumo è ben più che discreto: mediamente 16,4 km ogni litro di benzina utilizzando la mappatura “Full”, 17,9 con la “Low”. L’autonomia è buona: quasi 400 chilometri nella migliore delle ipotesi, ma il dato è destinato ad abbassarsi drasticamente se si indugia sul comando del gas. I quattro pistoni, d’altronde, non possono mica fare tutto quel lavoro gratis...

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