Un percorso, reale e interiore, a caccia del brivido della scoperta. Emozioni su due ruote che solo un motociclista può realmente capire
Tutti la usiamo continuamente ma pochi ne conoscono con esattezza l’origine. La parola avventura deriva dal latino “adventura”, letteralmente, ciò che accadrà. Un tuffo verso l’incerto, desiderio di scoperta, un vero e proprio brivido nella personale grammatica motociclistica, che coincide spesso con tracciati polverosi e terreni imprevedibili; e con l’istinto di puntare le ruote fuori rotta, attraverso itinerari coinvolgenti e, soprattutto, non necessariamente asfaltati.
Questo lo stimolo, il desiderio, che spinge tanti appassionati a scegliere mezzi come le moderne crossover o maxi enduro. Moto capaci di soddisfare a pieno la voglia di esplorare, che troppo spesso, però, finiscono poi con l’essere utilizzate al di sotto delle loro possibilità, magari relegate in città, o al massimo sfruttate come comuni modelli votati all’asfalto. In alcuni casi vengono scelte per moda e fine della storia. Ma capita anche che taluni si lascino scoraggiare dalla difficoltà di trovare percorsi adatti, magari non troppo complicati per una moto non specialistica, ma sufficienti a far percepire chiaro il brivido dell’avventura dietro la schiena.
Subiaco, 70 Km circa a est di Roma. Parte da qui una delle esperienze “adventouring” più appaganti che si possano immaginare (ma soprattutto, alla portata di motociclisti di ogni esperienza). Un percorso a cavallo tra Lazio e Abruzzo che esalta al massimo il divertimento di guida su asfalto e in off-road, soprattutto se affrontati in sella ad una moderna crossover, o endurona, con ruota anteriore da 19’’, o ancora meglio da 21’’. Appena fuori dal centro abitato, la celebre strada dei Monasteri verso Jenne infilza a spirale la valle. Questo territorio, puntellato da inaccessibili eremi benedettini e luoghi dimenticati dal tempo, è da sempre meta di pellegrinaggio per fedeli e sfegatati motociclisti a caccia di curve. Sacro e profano. Rombi e preghiere. Tutto mescolato lungo un nastro d’asfalto tormentato, che si aggroviglia nel canyon profondo, scavato dal fiume Aniene. Roma è solo ad un’ora di strada, ma ci si sente come catapultati in una dimensione remota, ancestrale.
Qui si piega duro! E l’avantreno, anche con una ruota da 19, o da 21 pollici, non è un problema da timonare svelto, grazie alla posizione di guida col busto dritto e ai manubri larghi, che offrono una leva efficace quando si cerca rapidità nelle esse più spinte. Poi, il senso dell’avventura si fa fa sentire subito forte quando la montagna ti inghiotte, in piena piega, risucchiato improvvisamente da un tunnel.
Jenne, Vallepietra, curve, arrampicate e pieghe. Si sale di quota, fino a raggiungere i 1.443 metri del Santuario della S.S. Trinità. Il confine con l'Abruzzo è a un passo, così come quello tra asfalto e strada sterrata. Di qui in avanti si procederà in off-road. Prima, però, meglio sfilarsi un attimo il casco e godersi l’aria frizzante, l’odore dei fiori selvatici... e i profumi che arrivano dai chioschi di prodotti locali: personalità decisa e genuinità tipica delle lavorazioni artigianali. Anche questa è avventura.
Si Prosegue in direzione Cappadocia. Pochi metri e l’asfalto perde consistenza. Inizia la terra battuta. In piedi sulle pedane si switcha in modalità “off-road”. Qualcosa nella testa cambia, come anche la dinamica del mezzo e il relativo approccio alla moto. Si carica la sospensione posteriore per andare alla ricerca del grip, spostando leggermente in corpo all’indietro. Lo sguardo è fisso in avanti, a 10, 15 metri dalla ruota anteriore. Si stacca l’elettronica, oppure la si riduce, se troppo invasiva; o ancora meglio, ci si affida ai sofisticati sistemi in uso sui modelli più recenti, che adeguano tutto - ABS, Traction Control e mappe motore - per massimizzare la resa del mezzo anche in fuoristrada. Che poi, qui non conta la prestazione. Conta solo il piacere personale. E quello, ognuno di noi lo trova a modo suo, con la sua andatura. Una svolta, un rapido passaggio tra gli alberi, e si rimane a bocca aperta, senza fiato, davanti all’ampia vallata, cosparsa di rocce grigie e fiori variopinti. La traccia sterrata la percorre in tutta la sua lunghezza. Ovunque, animali liberi al pascolo. Un luogo prezioso, ameno, eppure, incredibilmente deserto, libero da ogni forma di caos. Impossibile descrivere con esattezza la sensazione che si prova nel ritrovarsi a guidare, in un posto del genere, con i cavalli che galoppano liberi al tuo fianco. Come finire in un documentario del National Geographic, in un qualche luogo sperduto del mondo.
Il confine tra le due regioni corre frastagliato in quota, tra cambi di pendenza e passaggi eccitanti, su cui si guida costantemente inseguiti dalla nube di polvere alzata dalla moto. Impossibile resistere al gusto di far derapare qui e là il posteriore. Ma anche a quello di regalarsi una sosta, spegnere la moto e gustarsi l’atmosfera e la soddisfazione di trovarsi in un ambiente così, che su due ruote puoi raggiungere facilmente, solo con un mezzo che te lo consente.
Pochi chilometri ancora e torna l’asfalto. Campo Rotondo è un piccolo agglomerato di case vacanza, qualche hotel, nulla più. Davanti alle ruote, una vorticosa discesa verso la valle del Fucino e la splendida Tagliacozzo, gioiello della Marsica, con la sua piazzetta, le stradine lastricate, il bel duomo e i tanti monumenti che contribuiscono al suo fascino. Eppure, nel casco orbita un solo ed unico desiderio: tornare indietro e riniziare daccapo!
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