Aprilia Motò 6.5, il coraggio di osare

Aprilia Motò 6.5, il coraggio di osare

Non la progettò un ingegnere ma un architetto famoso: Philippe Starck antepose l'estetica alla funzionalità. Non era perfetta e non fu un successo: oggi è diventata un mito

Dario Ballardini

07.04.2020 11:32

 

VIETATO TOCCARE

Un brivido serpeggiò fra le scrivanie dell’ufficio tecnico, ma indubbiamente la Motó non lasciava indifferenti. Vennero costruiti sia la maquette, sia un prototipo marciante per i primi collaudi, ma a sconvolgere i programmi arrivò un terremoto economico a livello mondiale che mandò lo Yen alle stelle, rendendo inaccessibile il prezzo del motore Suzuki. La soluzione fu trovata in casa: il monocilindrico 650 della Pegaso, di derivazione Rotax ma con una testata a cinque valvole studiata in Aprilia. Fu la salvezza e anche una fonte di guai: sebbene le dimensioni del motore fossero abbondantemente superiori, Starck non era disposto a mediare.

"L’architetto francese - ricorda Beggio - non era ovviamente abituato a quei continui compromessi tra design e tecnica che costituiscono la quotidianità di ogni azienda motociclistica, ritenendo blasfema ogni proposta che andasse ad inficiare la purezza stilistica".

Già, ma il carburatore a doppio corpo interferiva con il telaio e fu necessario adottarne uno monocorpo, ottenendo un’erogazione più dolce, sia pure a prezzo di qualche cavallo; e restava quell’impianto di scarico dalle forme di paracoppa che portava una decina di chili nel posto sbagliato, restavano un posteriore troppo scarico e il telaio che fletteva, poca autonomia perché il rubinetto del carburante non pescava bene, e una scomoda sistemazione del passeggero. Però non si poteva toccare niente. Claudio Pellizzon, responsabile dei collaudi, andò in bestia e si rifiutò di proseguire i test. Ma in un’azienda bisogna comunque andare avanti. Dopo un po' "Caio" riprese il manubrio e qualche scappatoia si trovò sia a livello tecnico, sia a livello costruttivo.

"Riuscii a proporne diverse che accontentavano sia Starck sia l’ufficio tecnico - conferma Cappella -. Ad esempio l’impianto di scarico, con soluzioni tecniche mai valutate in precedenza, come lo sviluppo delle camere interne del silenziatore. Oppure il fanale posteriore che era accoppiato rigidamente al parafango invece di essere su gomma: montammo elasticamente la lampadina all'interno del fanale, soluzione poi ripresa da molti altri produttori".

Per la prima volta in Aprilia, il designer si occupò anche delle grafiche, che in precedenza venivano studiate da un reparto specifico. Starck introdusse il grigio opaco, con mezzo serbatoio in arancio o avorio, e ci fu anche una terza versione nero/antracite.

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