Aprilia Motò 6.5, il coraggio di osare

Non la progettò un ingegnere ma un architetto famoso: Philippe Starck antepose l'estetica alla funzionalità. Non era perfetta e non fu un successo: oggi è diventata un mito

Dario Ballardini

07.04.2020 13:32

 

L’ULTIMA SORPRESA

"Avevano chiesto a me e a Fausto Vergani, capoprogetto, di fare tutto in meno di un anno e mezzo quando normalmente ne servivano due - riprende Cappella -. Accettammo la sfida. E ce la facemmo".

La Motó venne presentata alla fine del 1994. "Starck, con straordinaria energia, si occupò di persona anche del lancio stampa - precisa Beggio - ideando al Motor Show di Bologna una suggestiva presentazione in cui la Motó si svelava dietro una concentrica serie di veli; realizzò inoltre un libro in cui personaggi famosi, come Lucio Dalla, Peter Gabriel, Bianca di Savoia, Bigas Luna posavano con la nuova Aprilia".

"I primi giorni dopo il fastoso vernissage ci illudemmo che la Motó fosse destinata ad avere lo stesso successo dello Scarabeo, raccogliendo centinaia di ordini da tutto il mondo. Purtroppo, una volta acquistata da architetti, designer, imprenditori e avvocati, il boom terminò, mettendoci di fronte alla spiacevole realtà che il pubblico dei motociclisti tradizionali non si riconosceva in questo design rotondo e sofisticato, preferendo la rudezza e la grinta della contemporanea Ducati Monster disegnata da Miguel Galluzzi".

Indubbiamente un risultato deludente. Eppure... Eppure ci fu il colpo di coda. La moto che a fatica vendette meno di 7.000 esemplari - secondo alcune voci 6.200 - è diventata oggi ciò che sarebbe dovuta essere allora: un mito, un’icona dello stile esposta al Museo Guggenheim di New York, celebrata da club di estimatori forse non entusiasti della sua guida, ma innamorati della sua esclusività.

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