Aprilia Motò 6.5, il coraggio di osare

Aprilia Motò 6.5, il coraggio di osare

Non la progettò un ingegnere ma un architetto famoso: Philippe Starck antepose l'estetica alla funzionalità. Non era perfetta e non fu un successo: oggi è diventata un mito

Dario Ballardini

07.04.2020 11:32

 

NORMALE? NO, GRAZIE

Ma il passaggio dalla fantasia alla realtà, cioè a una moto vera e funzionante, richiede riunioni furibonde, studi e tanto, tanto lavoro. La patata bollente finì nelle mani di Alberto Cappella, incaricato del collegamento fra l’architetto e l’ufficio tecnico. Prima di arrivare al Gruppo Aprilia abitava in Piemonte, conosceva il francese ed era molto competente. Beggio non ci pensò due volte.

"Venne nel Centro Stile e mi spiegò che aveva in animo di fare una moto che restasse nella storia - ricorda il designer -. Mi resi subito disponibile anche se non conoscevo Starck nemmeno di fama. Già al primo incontro con l’architetto, Beggio ripeté questo desiderio di una moto che fosse come il Maggiolino, la Citröen 2 CV, la Fiat 500: una vera e propria icona del design. E a posteriori si può dire che sia riuscito nel suo intento".

Non era la prima esperienza con Starck al quale, dopo il famoso incontro al Salone del Mobile del 1991, l’imprenditore veneto aveva già commissionato uno scooter, presentato con grande sfarzo al Motor Show. Ma il Lama - si chiamava
così - era troppo avveniristico ed era stato bocciato senza appello da pubblico e concessionari.

"Anche a me non piaceva moltissimo, ad essere sinceri" è il commento che compare nell’autobiografia. Ma la faccenda non si esaurì al primo tentativo. "L’idea di una moto particolarissima disegnata da Starck si era consolidata - prosegue il racconto di Cappella - e il progetto partì. La scelta era caduta sul monocilindrico Suzuki 350 4 tempi ed è attorno a quello che il Centro Stile realizzò la prima maquette. Starck o il suo collaboratore Thierry Gauguin erano spessissimo in Italia, i disegni venivano realizzati in Francia ed io ero l’interfaccia sul versante Aprilia".

L’architetto fu all’altezza della sua fama e fece una moto fuori da tutti i canoni stilistici, nella quale la parte tecnica era totalmente a servizio del design: forme tondeggianti, il telaio sagomato a uovo con curve ellittiche che avrebbero richiesto la realizzazione di attrezzature speciali, il radiatore convesso quando in qualunque altra moto è concavo, il silenziatore di scarico lì dove un ingegnere non lo avrebbe mai messo, concentrato sotto il motore che quindi saliva più
in alto imponendo un diverso posizionamento del perno forcellone. E una carrozzeria essenziale ma avvolgente e dalla personalità unica.

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