Honda Africa Twin e BMW R 1250 GS, nell'Olimpo degli Dei

Honda Africa Twin e BMW R 1250 GS, nell'Olimpo degli Dei

Due modi diversi di sviluppare il tema "maxienduro": essenziale Honda, sofisticato BMW. Moto affascinanti e versatili, anche per questo sono le più apprezzate

Redazione - @InMoto_it

14.01.2020 13:55

HONDA, SPAZIOSA E AFFASCINANTE

Il mal d'Africa è sempre in agguato. Inutile negarlo: davanti all’eleganza senza tempo dell’Africa ci siamo emozionati. Le sue forme slanciate e la sua aria da giramondo la rendono estremamente desiderabile. Approcciarla però non richiede capacità particolari. La sella è bassa (ed è regolabile su due altezze), il peso è ragionevole, il raggio di sterzata è contenuto e permette di fare inversione con poche manovre. Da spenta si può spostare senza l’aiuto di nessuno, anche in (leggera) salita.

Soprattutto, rimane una Honda in ogni bullone, perché con lei ci si sente subito a casa. Bastano 100 metri e una rotonda per avere confidenza con il suo modo di curvare, di frenare e di accelerare. Si capisce che è una Honda anche perché ogni dettaglio è realizzato con cura: di plastiche posticce o viti fuori posto nemmeno l’ombra. La strumentazione touchscreen è chiara e luminosa, ma i comandi al manubrio sono complicati: ci vuole un bel po’ prima di capire tutte le funzionalità. Frizione e cambio sono morbidi e precisi, il motore ha un suono vigoroso ma non invadente e trasmette le sue lievi pulsazioni attraverso la sella ben imbottita.

C’è spazio, tanto, sia per il pilota sia per il passeggero, e l’ergonomia è confortevole per tutti, anche i più alti. I primi metri sono confortanti: la sua massa ridotta e la posizione dominante mettono a proprio agio chiunque, anche il più inesperto dei piloti. Il manubrio largo garantisce il massimo controllo, il serbatoio snello e verticale invece regala agilità nei cambi di direzione. Ricorda una moto da enduro vera, solo un po’ più ingombrante e confortevole.

L’Africa vola sulle asperità e scatta baldanzosa, forte di un bicilindrico dolce ma finalmente vigoroso quanto merita. La potenza a disposizione non è cresciuta poi molto, ma è l’erogazione a essere più convincente: basta accarezzare il gas per muoversi come si deve. Se poi s’insiste si scopre una forza costante e intensa, specie ai medi, che permette di limitare l’uso del cambio. L’allungo non è perentorio, ma basta cambiare marcia in anticipo per mantenere una accelerazione consistente. E la GS davanti non scappa… La ciclistica accompagna il motore con un comportamento neutro e prevedibile. Grazie al peso ridotto l’Africa volta in un fazzoletto, ma leggiadra come la pachidermica GS non potrà mai essere.

È bassa e agile, e basta una leggera pressione sulla pedana interna per chiudere ancora un po’ la traiettoria. E se si esagera non c’è da preoccuparsi: le pinze mordono i dischi con una tenacia inaudita, togliendo manciate di km/h in pochi metri; l’elettronica interviene con discrezione ma proprio quando serve. Nella guida più sportiva emergono principalmente due limiti: la taratura piuttosto sfrenata della forcella, pensata per un utilizzo polivalente (anche in off-road) e la posizione avanzata delle pedane, che non permettono di caricare il peso nella guida più arrembante. Il comfort di marcia, invece, è da prima classe… se equipaggiata come si deve: il cupolino originale non protegge granché (il nostro modello era dotato di un cupolino più alto, optional). Occhio che di serie non è prevista nemmeno la piastra portapacchi.

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