Attesissima da tutti, sulla carta ha numeri che spaccano, ma sul campo (anche da motocross) e su asfalto, mantiene le tante promesse? Scopriamolo qui.

TEST Kove 800X Pro: I VOTI DEL #SOTTOESAME

        Dopo un 2023 vissuto in scala ridotta, QJ Motor arriva in forze sul mercato italiano e con tanta voglia di vendere.&nbsp;Tecnicamente&nbsp;ci sono alcuni punti trasversali a questi tre modelli, come i telai a traliccio in acciaio, la coppia di ruote 19&rdquo;-17&rdquo; per tutte le versioni X e SX,&nbsp;l&rsquo;impianto freni marchiato Brembo&nbsp;e ultimo ma non ultimo, il&nbsp;prezzo decisamente accattivante, che resta anche abbondantemente sotto il muro dei 10 mila euro. Su tutte le moto abbiamo notato dei settaggi delle leve e dei pedali poco precisi e&nbsp;diversi da moto a moto. Solo la 800 si dimostra un po&rsquo; pi&ugrave; curata sotto quest&rsquo;ultimo punto. Identica sui tre modelli e ridotta quasi all&rsquo;osso &egrave; l&rsquo;elettronica che, a livello sicurezza, vede solo l&rsquo;ABS non disinseribile e con singola mappa, mentre, ad arricchire il comparto ci pensano gadgets come il largo display TFT a colori da 7&rdquo; della strumentazione, dotato di connessione per gli smartphone&nbsp;e la presenza di&nbsp;manopole e sella riscaldate. Su tutte e tre i cambi olio sono fissati ogni 6.000 km. Indice:  QJ Motor SVT 650 X QJ Motor SRT 700 X QJ Motor SRT 800 SX  La storia di QJ Motor Per chi ancora non lo sapesse, QJ &egrave; la sigla di QuanJang Group, realt&agrave; nata nel 1985, anno da cui inizia una crescita esponenziale, che nel 2005 segna l&rsquo;acquisizione di Benelli e nel 2022 l&rsquo;ingresso nel mondiale Moto3. Sappiamo bene che la Casa possiede e attinge dal marchio italiano, con cui condivide strettamente parecchi modelli, come la SRT 700 X di questa prova.La politica di QJ si pu&ograve; definire l&rsquo;esatto contrario di quella BMW: la Casa cinese, infatti, non fornisce un listino parti extra, perch&eacute; le moto vengono esclusivamente fornite full optional, compreso il trittico di valige in metallo, una scelta che sicuramente non lascia dubbi sul prezzo finale di ogni modello. L&rsquo;importatore italiano Volta Tech, anch&rsquo;esso di propriet&agrave; cinese, si sta adoperando al meglio per organizzare una solida rete commerciale e di assistenza, attributo importantissimo per dare credibilit&agrave; e solidit&agrave; al marchio, fattore di cui sicuramente QJ ha ora pi&ugrave; bisogno. &nbsp; QJ Motor SVT 650 X: Com&rsquo;&egrave; fatta Originale non solo per il motore ma, anche per il look, le cui forme strette e alte, sottolineate dal doppio faro a led sovrapposto, paiono come una mescolanza della Kawasaki Versys e dell'Husqvarna Norden, con un risultato niente male. Tra supporti valige e protezioni, i tubi metallici che la circondano alterano parecchio le forme originali, peccato non averne potuta vedere una priva di tali accessori, perch&eacute; la prima sensazione &egrave; quella di avere a che fare con una moto piccola e snella. &Egrave; l&rsquo;unica a montare un parabrezza regolabile in altezza. Il motore V2 a 8 valvole ha distribuzione DOHC e offre 76 CV a 9.000 giri, con65 Nm a 8.000 giri. La forcella USD non &egrave; marchiata Marzocchi ed ha registri idraulici sulla sommit&agrave;, mentre il monoammortizzatore, privo di regolazioni, lavora su leveraggi. La sella &egrave; a soli 795 mm da terra e il peso dichiarato &egrave; di 236 kg col pieno da 20 litri. QJ Motor SVT 650 X: Come va In sella &egrave; subito chiaro che si deve gestire un peso non indifferente, forse anche a causa del baricentro un po&rsquo; alto, sta di fatto che a prima vista sembra pi&ugrave; leggera di quanto non sia in realt&agrave;. La sella decisamente bassa offre ottimo appoggio a terra, per contro le ginocchia risultano molto piegate una volta sulle pedane. Bella la piega poco accentuata del manubrio, che risulta alto sempre a causa del basso piano di seduta.Piacevole anche il sound e le vibrazioni del V2, che non &egrave; esempio di prontezza nella risposta al gas, pur risultando piacevole nella normale conduzione. Per ottenere pi&ugrave; gusto e grinta bisogna farlo cantare, mantenendolo sopra i 6.000 giri. Buono il lavoro delle sospensioni, con un settaggio ben frenato e un po&rsquo; secco sulle piccole asperit&agrave; affrontate in velocit&agrave;. Ottima da utilizzare in citt&agrave; e nelle scampagnate fuori porta, la SVT 650 X potrebbe rivelarsi la compagna ideale nel commuting urbano, come nei weekend. In ottica di lunghe percorrenze di viaggio, la postura raccolta tende a stancare le gambe, costringendo a qualche sosta caff&egrave; aggiuntiva. Buono il feeling con i freni, pronti e modulabili al punto giusto, sono quelli che pi&ugrave; abbiamo apprezzato. QJ Motor SVT 650 X: Quanto costa Costa 7.490 &euro; come la 700X, ma la &ldquo;V&rdquo; nella sigla, indica che suo cuore pulsante &egrave; un V2, il che rappresenta una vera rarit&agrave; in quest&rsquo;epoca che vede fiorire solo pi&ugrave; semplici paralleli frontemarcia!  &nbsp; QJ Motor SRT 700 X: Com&rsquo;&egrave; fatta La conoscevamo gi&agrave; bene, visto che &egrave; la sorella gemella della Benelli TRK 702 X, da cui differisce soprattutto nel reparto sospensioni, che sulla QJ &egrave; marchiato Marzocchi e per la diversa strumentazione. La sella &egrave; pi&ugrave; alta che sulla 650, quindi, con le ginocchia meno piegate ma, ci si trova comunque molto inseriti nel corpo moto. L&rsquo;altezza del manubrio &egrave; quella giusta, peccato per la piega molto accentuata verso il pilota, che a nostro avviso permette meno controllo dell&rsquo;avantreno. Dei tre modelli in prova &egrave; quello meno giovane a livello di progettazione, ma non per questo il meno godibile, soprattutto grazie al motore molto sfruttabile. Il bicilindrico in linea di 698 cc e distribuzione DOHC, con 72 CV e 67 Nm, in termini assoluti &egrave; meno potente dell&rsquo;SVT 650 X, ma cavalli e Newton metri arrivano circa 2.500 giri prima e questo lo rende ben pi&ugrave; sfruttabile sul misto di montagna. I 240 kg di peso dichiarato col pieno da 19,5 litri non aiutano il motore e l&rsquo;agilit&agrave; della ciclistica. Nonostante questo, la risposta al gas &egrave; sufficientemente brillante per essere efficace e divertente, inoltre, pur non essendo un esempio di sensibilit&agrave;, le sospensioni lavorano sufficientemente bene ad ogni andatura, filtrando il terreno con un buon setting idraulico. Certo questa 700 non eccelle in agilit&agrave;, ma ripetiamo, sul misto se la cava bene, inoltre sul veloce mostra una notevole stabilit&agrave;. Nei veloci trasferimenti, l&rsquo;abbondante parabrezza (peccato non sia regolabile) offre ottima protezione, coadiuvato da abbondanti deflettori laterali. Peccato per la forma dei tubi paramotore, sicuramente efficaci, ma decisamente poco estetici. QJ Motor SRT 700 X: Quanto costa &Egrave; disponibile allo stesso prezzo della SVT 650, ovvero 7.490 &euro; e potrebbe essere la perfetta via di mezzo, una moto capace di dare delle soddisfazioni ad un&rsquo;abbondante fetta di pubblico, a fronte di una spesa affrontabile.  &nbsp; QJ Motor SRT 800 SX: Com&rsquo;&egrave; fatta Bicilindrico in linea DOHC, questo motore di 799 cc &egrave; figlio di un nuovo progetto, quindi, totalmente diverso dal &ldquo;fratello" di 700 cc, eroga 92 CV a 9.000 giri e 77 Nm a 8.000 giri, con prestazioni dichiarate a livello della concorrenza. Anche qui appare un traliccio in tubi di acciaio, unito ad un forcellone in allumino, con reparto sospensioni marchiato Marzocchi composto da una forcella USD priva di regolazioni e un monoammortizzatore direttamente infulcrato sul forcellone. L&rsquo;impianto frenante &egrave; monopolizzato da Brembo, con doppia pinza radiale anteriore e pompa al manubrio radiale. La qualit&agrave; di accoppiamenti, finiture e particolari, ci &egrave; parsa maggiormente curata e pure l&rsquo;estetica &egrave; pi&ugrave; armonica, con un bel doppio faro a led, sormontato da un pi&ugrave; leggero pexiglass non regolabile. Qui i tubi paramotore non sono un esempio di bellezza, ma sono sicuramente pi&ugrave; gradevoli di quelli della SRT 700 X. Fatto curioso: non siamo riusciti a sapere il peso della moto, su sito ufficiale &egrave; dichiarata a 263 kg col pieno da 24 litri, mentre sul flyer della presentazione abbiamo letto 243 kg, nessuno dei presenti ha saputo dirci quale fosse quello corretto. QJ Motor SRT 800 SX: Come va Finalmente su questa abbiamo trovato una postura ideale. Gli 835 mm da terra della sella sono la giusta misura per avere ancora un sufficiente appoggio a terra e per essere alla giusta altezza da pedane e manubrio. Qui si &egrave; pi&ugrave; alti, meno insaccati dentro la moto, con le gambe comode intorno ad un serbatoio non troppo snello, il busto eretto e leggermente proteso verso il largo e dritto manubrio, insomma, con tutti i presupposti per condurre bene e comodi la moto. &Egrave; vero che potenza e coppia massima sono nella parte alta del contagiri&nbsp;ma, anche ai medi c&rsquo;&egrave; gi&agrave; forza sufficiente per ricevere la giusta spinta quando il polso destro la richiede. Al salire di giri la spinta &egrave; costante e regolare, solo ai bassi regimi e fino ai 4.000 giri avremmo desiderato qualcosa in pi&ugrave;. Anche questa SRT 800 SX predilige la stabilit&agrave; alla maneggevolezza, mostrando un buon setting delle sospensioni anche sulle martoriate strade secondarie dei colli piacentini. L&rsquo;impianto freni anteriore fa bene il proprio dovere, mentre su tutte le 800 abbiamo notato un&rsquo;eccessiva corsa a vuoto del posteriore, che richiede assolutamente una regolazione pi&ugrave; precisa. QJ Motor SRT 800 SX: Quanto costa Qui si sale di un gradino col prezzo, perch&eacute; servono 9.590 euro f.c. per portarsela a casa, naturalmente full optionals. Se volete affrontarla, la spesa vale l&rsquo;acquisto, visto che la SRT 800 SX &egrave; quella con pi&ugrave; sostanza in tutti i reparti e si presenta come quella col maggior carattere da globe trotter.        

Con le SVT 650 X, SRT 700 X e SRT 800 SX, la Casa cinese entra con decisione nel segmento. L'abbiamo provate e siamo rimasti sorpresi

Test, le Adventure di QJ Motor: potenziale elevato, non il prezzo

Con le SVT 650 X, SRT 700 X e SRT800 SX, la Casa cinese entra decisa nel segmento adventure. Ecco le foto della prova

Test: QJ Motor, le foto della gamma adventure

Un nome, un mito, una sicurezza, l&rsquo;Africa Twin &egrave; una di quelle moto che chiunque sa immediatamente identificare e collocare tra le leggende delle avventuriere africane di sempre. Versioni e cilindrate si sono successe nel tempo, ma il 2024 rappresenta un anno speciale, perch&eacute; per la prima volta si presentano due modelli di estrazione differente, da un lato la Adventure Sports, che adotta l&rsquo;inedito cerchio anteriore da 19&rdquo; e sospensioni con meno corsa, mostrando quindi un&rsquo;impostazione stradale mai sfoggiata prima. Dall&rsquo;altro l&rsquo;Africona come l&rsquo;abbiamo sempre intesa, con il solito 21&rdquo; anteriore, nonch&eacute; quella di questo test, che mantiene le tradizioni di sempre, con il vecchio e buon assetto adatto anche all&rsquo;off-road. Le novit&agrave; non sono radicali, ma di quelle che possono fare la differenza. Ora ci sono tre versioni di Aftrica Twin col 21&rdquo;: quella base con sospensioni a regolazione manuale, la DCT con cambio automatico a doppia frizione e la ES, che sta per Electronic Supensions, ovvero sospensioni adattive, totalmente regolabili con la sola pressione di un pulsante (presenti anche sulla DCT).  Honda Africa Twin 1100 ES: Design  Era bella sin dal primo modello del 1988 e pure dopo il rinato modello del 2016, ha continuato a far sognare avventure al solo guardarla. In Honda, lo sappiamo, sono maniacali, tutto &egrave; minuziosamente studiato e normalizzato per rendere al meglio, comprese le sovrastrutture. Ora cambia qualche particolare estetico su cupolino e fianchetti, che hanno forme pi&ugrave; arrotondate, mentre l&rsquo;ottima qualit&agrave; di plastiche, accoppiamenti e verniciature resta sempre elevata. Gran parte delle grafiche resta ben protetta sotto ad uno strato di lucido, fattore questo da non sottovalutare in ottica di durata nel tempo. Molto apprezzabile il nuovo cupolino, ora maggiormente protettivo e con parabrezza regolabile su 5 posizioni. Impianto luci full-led e sistema diurno DRL regalano efficienza e un&rsquo;impronta ottica originale. Le varianti cromatiche sono 3: rosso, nero e tricolor, purtroppo, per scelta della casa, quella rossa &egrave; disponibile esclusivamente per la versione base, mentre le altre due cromie sono solo per le versioni ES e DCT. Su tutte il tocco distintivo di lasciare in rosso il telaietto posteriore, &egrave; una scelta azzeccata Voto: 9,5  Honda Africa Twin 1100 ES: Contenuti tecnici e dotazioni  Questo &egrave; un reparto bello ricco, di quelli che sanno farsi apprezzare. Il telaio a semi doppia culla in acciaio e telaietto imbullonato in alluminio non cambiano, mentre ora sulle versioni ES e DCT appare il sistema semi-attivo EERA del reparto sospensioni marchiato Showa. Troviamo sempre una forcella USD Showa da 45 mm &Oslash; con 230 mm di escursione e un mono ammortizzatore con corpo centrale da 46 mmm &Oslash;, che lavora con leveraggi sul forcellone in alluminio. Una importante novit&agrave; arriva anche dai cerchi a raggi, che ora sono di tipo tangenziale e quindi abbandonano la camera d&rsquo;aria per montare pneumatici tubeless. Il bicilindrico parallelo di 1184 cc, con distribuzione unicam, &egrave; stato ridisegnato nei condotti di aspirazione e scarico e nell&rsquo;albero motore, oltre a montare nuovi pistoni e bielle. Grazie a tutto ci&ograve;, il valore di coppia passa da 105 a 112 Nm, ma soprattutto arriva a 5.500 giri, ovvero 750 giri in anticipo rispetto a prima. La potenza di 102 CV restala stessa. Sospensioni a parte, l&rsquo;elettronica resta invariata, con imu a 6 assi, ABS cornering a 2 livelli, cruise control, controlli trazione e impennata, 4 riding mode predefiniti + 2 personalizzabili. Su questa versione ES, le manopole riscaldate sono di serie a questa voce non si merita un 10, unicamente perch&eacute; alcuni accessori, come quick-shifter o faretti aggiuntivi, sono degli extra. Voto: 9.   Honda Africa Twin 1100 ES: Ergonomia e comfort  A livello di comfort &egrave; difficile desiderare qualcosa in pi&ugrave; su questa Africa Twin. La protezione aerodinamica &egrave; aumentata e il cupolino regolabile regala ottima protezione quando tutto alzato e buona visibilit&agrave;, specialmente in off-road, nella posizione pi&ugrave; bassa. La comoda sella a 870 mm da terra permette un saldo appoggio dei piedi in manovra per chi &egrave; di media statura e, nel caso, &egrave; facile abbassarla a 850 mm, o in alternativa, acquistare quella ribassata fino a 825 mm. Il manubrio &egrave; alla giusta altezza e distanza nella guida su strada, da in piedi, invece, sarebbe meglio ruotarlo maggiormente in avanti, soprattutto per compensare le pedane, che come da perfetta tradizione delle Africa, sono abbastanza avanzate quando si guida in piedi. Tutti i comandi al manubrio sono al loro posto, mentre nella guida in off ci sono mancate le regolazioni veloci di leva cambio e freno posteriore. Il display da 6,5&rdquo; TFT a colori &egrave; di tipo touch e comandandolo toccando lo schermo (solo a moto ferma) si evita di dover ricordare le non sempre facili sequenze di tasti richieste per gestire le configurazioni tramite i blocchetti destro e sinistro sul manubrio. Voto: 8,5    Honda Africa Twin 1100 ES: Piacere di guida e fattore emozionale  Con l&rsquo;Africa Twin hai sempre una grande sicurezza: tutto &egrave; minuziosamente studiato per rendere al meglio, e mai qualcosa ti tradir&agrave;. Potenza dell&rsquo;elettronica: il vecchio reparto sospensioni, a nostro avviso punto debole nella guida su strada, &egrave; stato fortemente rivoluzionato dalle sospensioni adattive, ora in grado di fornire in tempo reale il giusto sostegno su asfalto. Nonostante la lunga corsa di queste ultime, i notevoli trasferimenti di carico sono quasi scomparsi e ora &egrave; possibile tenere ritmi pi&ugrave; elevati contando sul giusto freno idraulico. Quindi comfort e assetto sono garantiti su strada, anche in presenza di passeggero o borse laterali, visto che anche il precarico pu&ograve; essere velocemente adattato al carico del momento. Pure il motore ora &egrave; pi&ugrave; brioso e divertente, tutto grazie alla coppia incrementata e disponibile esattamente ai regimi a cui serve. La spinta resta sempre molto regolare e ben distribuita, regalando grande facilit&agrave; di gestione della potenza e condendo il tutto con un appagante &ldquo;braapp&rdquo; dal terminale di scarico. Non abbiamo potuto provare il quick-shifter, in compenso abbiamo tirato per bene la versione DCT, che su strada, nelle 3 mappe sport, tira e scala le marce in maniera anche molto aggressiva. La ES &egrave; molto efficace pure in fuoristrada, dove il peso non irrisorio si sente e va gestito. Qui abbiamo ancor pi&ugrave; apprezzato le sospensioni. Gi&agrave; in passato ci erano piaciute, ma ora col sistema adattivo rispondono ancora meglio, contenendo i fondo corsa e rispondendo con sensibilit&agrave; quando serve. Sono legate al riding mode, come anche la risposta del gas, basta un tocco sul blocchetto sinistro per renderle pi&ugrave; sensibili e scorrevoli appena si lascia l&rsquo;asfalto. Voto: 9  Honda Africa Twin 1100 ES: Rapporto qualit&agrave; prezzo  Il prezzo base di 16.290 &euro; f.c. della ES &egrave; accattivante, ma non comprende parecchi particolari. Provando a scegliere una configurazione adatta ad un viaggio di tipo on-off, siamo arrivati a 4.171 &euro; agguntivi (vedi lista nella foto gallery). La versione base parte da un invitante 15.290 &euro;, ma per 1.000 &euro; non vale la pena perdersi le sospensioni adattive, mentre la DCT, con 17.490 &euro; &egrave; la pi&ugrave; salata. Voto: 8  Honda Africa Twin 1100 ES: Conclusioni  Le tre versioni dell&rsquo;Africa col 21&rdquo; sono ancora pi&ugrave; adatte per accontentare tutti: la base &egrave; per chi vuole spendere poco rinunciando a qualcosa, mentre la ES &egrave; decisamente la nostra preferita, ovvero quella maggiormente portata a fare di tutto, dai viaggi su strada, all&rsquo;off-road leggermente impegnativo, dalla guida ultra-rilassata, a quella pi&ugrave; aggressiva. La DCT ci sembra fatta per chi non voglia far troppa fatica, facile ed efficiente su strada, semplice per tutti, ma meno efficace in off-road, specialmente per chi &egrave; gi&agrave; esperto. Voto finale: 8,8 

Il 7% di coppia in pi&ugrave; e un reparto sospensioni a regolazione elettronica bastano per fare la differenza? Scopriamolo in questo Sotto Esame.

Test Honda CRF1100L Africa Twin ES: i voti del #sottoesame

TEST Honda CRF 1100 L Africa Twin ES: I VOTI DEL #SOTTOESAME

Non sarà la più performante delle big enduro, ma questa versione, più spinta verso l’off-road, sfoggia un reparto sospensioni da pura goduria. È da comprare? Ve lo diciamo qui…

TEST Ducati DesertX Rally: I VOTI DEL #SOTTOESAME

Ducati &egrave; da sempre maestra nel cesellare raffinati modelli orientati al racing e non poteva non proporre una versione pi&ugrave; sofisticata e maggiormente orientata verso l&rsquo;off road della DesertX. Anche con questa versione Rally non si smentisce. L&rsquo;idea della Casa bolognese &egrave; quella di proporre qualcosa di pi&ugrave; spinto e sicuramente di pi&ugrave; caro, qualcosa in grado di dare grandi soddisfazioni sia all&rsquo;occhio, sia a livello dinamico. Con questa moto Antoine Me&ograve; vince il prologo dell&rsquo;Erzberg e fa cose strabilianti nel video di presentazione, nonostante tutto questa non &egrave; una moto per gareggiare. &Egrave; fatta invece per accontentare chi voglia portarla in un fuori strada pi&ugrave; spinto, godendo di un reparto sospensioni e di un&#39;altra decina di componenti, che rappresentano lo stato dell&rsquo;arte nel mondo delle big enduro.  Ducati DesertX Rally: Design  A livello di pura estetica e qualit&agrave; dei particolari, gi&agrave; la versione base &egrave; notevole e qui si fa un ulteriore passo avanti. Quel cupolino col doppio faro anteriore e il plexi tagliato basso e molto verticale, hanno subito fatto innamorare tanti appassionati. Ora sotto quel faro appare un parafango alto, scelta esteticamente non conforme al gusto di tutti, ma obbligata per garantire funzionalit&agrave; anche in caso di fango. Anche la sella in pezzo unico e molto piatta, modifica parecchio l&rsquo;estetica, facendola ancor pi&ugrave; simile ad una moto da competizione. Notevole anche la piastra paracoppa in carbonio forgiato, protettiva come sulla versione base, ma molto pi&ugrave; leggera. Da notare pure le leve di cambio e freno posteriore in alluminio, ricavate dal pieno, entrambe con testina snodata. Voto: 10  Ducati DesertX Rally: Contenuti tecnici e dotazioni  Questo decisamente &egrave; il piatto forte della Rally, in cui spiccano soprattutto le sospensioni, confrontabili con quelle di alto livello delle enduro specialistiche. La forcella KYB da 48 mm &Oslash; e 250 mm di escursione, monta cartucce sigillate, ha due trattamenti per la scorrevolezza: Kashima sul fodero e DLC sullo stelo e presenta registri idraulici in compressione ed estensione. Anche il mono ammortizzatore, sempre KYB, con pistone da 46 mm &Oslash; e 240 mm di escursione ruota, &egrave; ultra-regolabile, ha registri compressione alte e basse velocit&agrave;, estensione e regolazione rapida del precarico. Il setting di forcella e ammortizzatore &egrave; stato profondamente curato da Ducati, alla ricerca del miglior rendimento per una moto da oltre 210 Kg. Pure i cerchi marchiati Takasago Excel hanno misure da specialistica, con canale da 2.15&rdquo; l&rsquo;anteriore e 4,00&rdquo; il posteriore, di serie montano la camera d&rsquo;aria e i Pirelli Scorpion Rally, ma sono anche adatti a mousse e pneumatici specialistici. &Egrave; presente anche un raffinato ammortizzatore di sterzo Ohlins, montato sul lato superiore del cannotto per essere regolato anche durante la guida. Anche l&rsquo;elettronica &egrave; stata personalizzata nelle mappe &ldquo;Enduro&rdquo; e &ldquo;Rally&rdquo;, che ora sono pi&ugrave; permissive sul traction control. Tutto il resto &egrave; dato dalla solida base del modello standard, quindi telaio a traliccio in tubi, motore bicilindricoTesta Stretta 11&deg; da 937 cc e 110 CV per 92 Nm. Diamo qualche misura: il peso dichiarato, a serbatoio vuoto, &egrave; di 211 kg (stimiamo circa 227 kg con i 21 litri di benzina), la sella &egrave; a 910 mm di altezza, mentre la luce a terra &egrave; di ben 280 mm. Voto: 10.   Ducati DesertX Rally: Ergonomia e comfort  Sotto questo punto di vista, l&rsquo;unico punto negativo &egrave; dovuto all&rsquo;altezza della sella, gestibile su strada, ma che potrebbe mettere in difficolt&agrave; in off-road chi &egrave; sotto ai 180 mm di altezza. Una possibile soluzione, non molto felice dal lato dinamico della guida, potrebbe essere il montare la sella in due pezzi ribassata della versione base. Altezza sella a parte, sulla Rally tutto &egrave; esattamente al posto giusto per avere una posture ideale, sia su strada, sia in fuoristrada. Manubrio non troppo largo e abbastanza vicino per essere comodo ed efficiente, sella bella piatta e stretta per muoversi agilmente, ma allo stesso tempo comoda, pedane larghe e posizionate perfettamente per non stancare da seduti e per essere super efficaci da in piedi. Veramente non sapremmo cosa chiedere di pi&ugrave;. Le vibrazioni sono quelle tipiche Ducati, presenti, ma per nulla fastidiose, anzi&hellip; Voto: 9,5    Ducati DesertX Rally: Piacere di guida e fattore emozionale  Il forte sapore racing che immediatamente trasmette e il saperla vincitrice del prologo all&rsquo;Erzberg, mi ha un po&rsquo; condizionato, facendomi aspettare una moto super performante in fuoristrada, una di quelle con cui guidare sempre a mille, in realt&agrave; non &egrave; proprio cos&igrave;. Alta e non esattamente leggera da gestire, gi&agrave; da ferma ti stupisce con una pazzesca scorrevolezza della forcella, quasi fosse una factory. Poi parti, inizi ad apprezzare il bel motore e il perfetto lavoro di tutti i comandi, elettronica compresa, noti che l&rsquo;agilit&agrave; in off-road non &egrave; il suo forte, ma &egrave; quella maledetta forcella a catalizzare la tua attenzione, perch&eacute; lavora dannatamente bene. Si mangia qualunque asperit&agrave; senza battere ciglio, dai piccoli sassetti piantati, alle buche scalinate, ai piccoli salti che incontri sul percorso, ed &egrave; amore al primo incontro. Il setting &egrave; un po&rsquo; morbido, specialmente per il mono, ma se non pretendi ritmi da gara, queste sospensioni sono dolci come la crema e forti come la roccia, perfette per dare pura gioia in fuoristrada. Anche su strada sono gradevoli, perch&eacute; regalano grande comfort, nonostante la notevole escursione che genera maggiori trasferimenti di carico. Diciamo che un tassellato di tipo 50% strada e 50% off &egrave; l&rsquo;ideale da montare per dare un senso pieno a questa moto, per cui su strada la guida non sar&agrave; mai troppo tirata. Buona ed efficace anche l&rsquo;elettronica, ho sempre sfruttato i 2 riding mode da fuoristrada, risultati davvero efficaci, specialmente il &ldquo;Rally&rdquo; che d&agrave; una risposta al gas molto pronta, ma mai eccessiva Voto: 8,5  Ducati DesertX Rally: Rapporto qualit&agrave; prezzo  Qui c&rsquo;&egrave; da discutere, perch&eacute; la moto &egrave; indubbiamente di categoria premium e i 22.490 &euro; f.c. che servono per portarsela a casa, se facciamo la somma dei costi dei vari componenti, ci stanno tutti. Cos&igrave; scatta il solito amletico dubbio, se partire dalla base per modificarla in autonomia, oppure prenderla &ldquo;chiavi in mano&rdquo; gi&agrave; fatta, pensata e collaudata. A voi la scelta e beato chi ha tanti soldi da spendere Voto: 8  Ducati DesertX Rally: Conclusioni  Ci &egrave; piaciuta la DesertX Rally? Ci ha fatto godere alla guida? Ci piace vederla in garage o guardarla parcheggiata a bordo strada? A tutte questa domande possiamo rispondere con un s&igrave; assoluto. Certamente vale la tanta spesa, ma solo se siete sicuri spenderete con lei almeno la met&agrave; dei chilometri in fuoristrada, altrimenti perch&eacute; spendere tanto di pi&ugrave; per un modello che su strada rende qualcosa meno della versione base? Poi, se mi dite &ldquo;al cuor non si comanda&rdquo; avete perfettamente ragione! Voto finale: 9,2 

Non sar&agrave; la pi&ugrave; performante delle big enduro, ma questa versione, pi&ugrave; spinta verso l&rsquo;off-road, sfoggia un reparto sospensioni da pura goduria. &Egrave; da comprare?

&Egrave; cos&igrave;, la nuova 890 Adventure, in versione base, punta dritta ad essere una delle migliori enduro bicilindriche nel segmento delle 21&quot;-18&quot;, e con migliorata propensione all&rsquo;utilizzo stradale. Facciamo prima un passo indietro: se in passato la pi&ugrave; estrema versione R della 890 ha da subito trovato una precisa collocazione, la meno specialistica versione base, &egrave; sempre stata difficile da interpretare, perch&eacute; n&egrave; carne, n&egrave; pesce, era sospesa a mezz&rsquo;aria tra una stradale e una genuina offroad. Dal 2023 le cose cambieranno, perch&eacute; con poche modifiche questa nuova 890 diventa pi&ugrave; adatta alla strada, mantenendo per&ograve; tutte le qualit&agrave; di ottima off-roader. In soldoni, &egrave; bastato davvero poco per farla cambiare, tanto da trovarci in uno di quei tipici casi che ti strappano un: &ldquo;ma perch&eacute; non ci hanno pensato prima?&rdquo;. Come al solito, se volete maggiori dettagli, il test completo di video, foto e contenuti, lo trovate sui nostri canali digital e in edicola sul nr. 1 di InMoto dal 20 dicembre.  KTM 890 Adventure: Design    In realt&agrave; a noi non era mai dispiaciuto, ma finalmente quel cupolino da insetto, totalmente disgiunto dal resto della moto, lascia il posto ad una struttura molto pi&ugrave; raccordata e dal look dakariano. Ma a parte l&rsquo;ottima estetica, il nuovo frontale &egrave; pure pi&ugrave; protettivo grazie alle nuove forme e a quel grosso foro centrale studiato per eliminare totalmente i vortici intorno al casco. Anche la struttura di sostegno in alluminio &egrave; stata rinforzata per poterla caricare senza problemi col peso di un roadbook o di un grosso tablet per la navigazione. La sella in due pezzi &egrave; regolabile in altezza (840/860 mm da terra) ha forma modificata intorno al serbatoio, inoltre adotta uno schiumato pi&ugrave; morbido e quindi pi&ugrave; confortevole per i lunghi viaggi. Cambiano pure i fianchetti, ora pi&ugrave; voluminosi e arrotondati, per un posteriore dall&#39;aspetto molto solido. Voto: 9  KTM 890 Adventure: Contenuti tecnici e dotazioni    Vediamo quanto di meccanico &egrave; cambiato: la forcella WP Apex da 43mm &Oslash; ora ha i registri di regolazione idraulica di compressione ed estensione e questo fa la felicit&agrave; di chi ama per personalizzare proprio feeling con l&rsquo;avantreno. Pure l&rsquo;ammrotizzatore posteriore permette una pi&ugrave; facile regolazione grazie al grosso pomello del precarico, che prima non c&rsquo;era. Il motore resta invece lo stesso bicilindrico in linea di 989 cc, che in passato ci ha dato tante soddisfazioni con i suoi 105 CV e 100 Nm.  Dal lato elettronica, la 890 mette sul banco parecchie nuove carte: la dashboard TFT a colori della strumentazione ha la grafica totalmente aggiornata, oltre ad un nuovo vetro anti riflesso. Upgrade anche per l&rsquo;ABS Bosh, che ora &egrave; il 9.3 MP e colloquia con una IMU a 6 assi, la quale assiste anche il controllo trazione. Ora la nuova funzione Demo, per i primi 1.500 km mantiene attive tutte le opzioni elettroniche. Un subdolo trucco per stimolare l&rsquo;appetito, ma anche una interessante occasione per provare il riding mode Rally e il quick-shifter, per poi decidere se comprarli. Voto: 9,5  KTM 890 Adventure: Ergonomia e comfort  La posizione in sella resta quella gi&agrave; vista e prettamente da Enduro, quindi busto eretto, pedane sotto al baricentro del pilota. Il manubrio stretto, anche troppo, e basso, &egrave; poco avanzato e da sensazione di grossa compattezza dell&rsquo;avantreno. La quasi totale mancanza de serbatoio, lascia anche le gambe molto strette. Come gi&agrave; accennato, il nuovo parabrezza assicura un protezione a casco e spalle notevolmente migliore che in passato, senza causare fastidiosi vortici anche ad alta velocit&agrave;. La sella adotta uno schiumato pi&ugrave; cedevole, che effettivamente facilita la vita al fondoschiena sulle lunghe percorrenze. Due particolarit&agrave; importanti da segnalare sono la quasi assenza di vibrazioni sul manubrio a qualunque regime e le notevoli utilit&agrave; e comfort, in fuoristrada, delle pedane larghe a catalogo, capaci anch&#39;esse di fare la differenza nelle lunghe giornate di on-off. Voto: 9  KTM 890 Adventure: Piacere di guida e fattore emozionale  Cos&rsquo;altro pretendere da una moto di questo segmento? Facile e super intuitiva da gestire in ogni occasione, mai troppo brusca o violenta, anzi, sempre garbata, ma pronta ad essere reattiva solo se glielo chiedi. Ti permette di viaggiare bello comodo, pure in coppia, o di fare lo stupido sulle strade di montagna, e se vuoi ti porta pure in off-road mostrando un equilibrio da pura enduro. Le sue doti migliori sono tante, tra cui un ottimo setting delle sospensioni e un avantreno che, nonostante la ruota da 21&rdquo;, trasmette solida e immediata confidenza. Ottima la risposta della leva freno anteriore, morbida al primo tocco e con tanto mordente appena si aumenta la pressione. Di questo bicilindrico in linea conosciamo molto bene la sua doppia personalit&agrave;, dolce, modulabile e senza strappi quando si gioca leggeri col gas, cattivo e furioso a sufficienza non appena si gira il polso con decisione. Pure l&rsquo;elettronica &egrave; una delle migliori e qui nominiamo all&rsquo;Oscar la superba mappa off-road dell&rsquo;ABS e i raffinati 9 livelli del traction control, con cui si diventa drifters provetti. Sono nuove pure le scarpe: ora di serie ci sono i Pirelli Scorpion STR, incredibili su strada e niente male sui terreni non fangosi. Peccato la nostra prova sia stata totalmente su asfalto bagnato e non ci abbia relegato a ritmi molto tranquilli su strada. Voto: 10  KTM 890 Adventure: Rapporto qualit&agrave; prezzo  Nulla da obiettare sulla qualit&agrave; della 890, visto che &egrave; costruita interamente in Austria, a differenza della sorella 790 svelata in contemporanea e realizzata in CIna da CF Moto. Esteticamente le due moto paiono identiche e se non fosse per la diversa veste grafica, si faticherebbe a distinguerle. I prezzi non sono ancora stati comunicati, sappiamo solo che tra le due ci sar&agrave; una non trascurabile differenza. Voto: --    KTM 890 Adventure Conclusioni  La possibilit&agrave; di gustare la guida su asfalto e non, godendo a pieno dei vantaggi di una media cilindrata, sta diventando una possibilit&agrave; sempre pi&ugrave; tangibile. &Egrave; un&rsquo;opzione furba in alternativa ad una maxi, che comprende quasi gli stessi componenti top di gamma, ma con un impegno fisico ed economico decisamente minori. Provare per credere&hellip; Voto finale: 9,5 

A volte, anche chi non contempla compromessi pu&ograve; migliorarsi cambiando qualcosa nell&rsquo;aspetto e nel carattere.

Test, KTM 890 Adventure: i voti del #SOTTOESAME

A volte, anche chi non contempla compromessi può migliorarsi, magari cambiando qualcosa nell’aspetto e nel carattere.

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