KTM 250 Freeride R: Inarrestabile

KTM 250 Freeride R: Inarrestabile

On line la prova pubblicata sul n.1/2014 di In Moto: dopo la versione di 350 cm3 e motore a 4 tempi, arriva la piccola Freeride 250, con motore a 2 tempi

Redazione - @InMoto_it

15.10.2014 23:41

La Guida

Facile quasi come una... Freeride

Per una moto particolare una prova speciale: due tester diversi, di cui un grande esperto di fuoristrada, per una analisi a 360 GRADI
Per la prova di questa moto ci siamo affidati ad un indiscusso esperto del tassello: Denis Pregnolato, che non si è risparmiato nel cercare i limiti della nuova Freeride 250R. Tutti sul furgone quindi, e via alla volta della Liguria, che con le sue belle mulattiere impervie e scorci di notevole impatto si è subito trasformata nell’ambiente ideale dove testare le qualità di questo veicolo. Un tracciato variopinto e affascinante: siamo infatti passati da impervie scalinate in sasso a mulattiere dal fondo mosso senza tralasciare alcuni passaggi nel sottobosco autunnale e morbido.
Il primo approccio con la Freeride è più amichevole. È piccola e compatta e la ridotta altezza da terra aiuta anche chi non può vantare una statura da corazziere. Per Denis, che è abituato a spalancare il gas su qualsiasi cosa abbia un motore, non è un punto fondamentale questo. Per me decisamente sì, trovandomi spesso in difficoltà con le moto da enduro, specialmente quando ci si trova a girare nello stretto e con poco appoggio.
È infatti questa, tipicamente, la situazione in cui rotolo al suolo con lo sguardo affranto e il cuore a pezzi. La Freeride è invece bassa, soprattutto dietro: la parte posteriore della sella non punta in alto, anzi, e permette di mettere saldamente i piedi al suolo anche quando la ruota anteriore è sollevata o comunque non allineata a quella posteriore. Mi sta già simpatica. Denis mi capisce, o finge di darmi corda: anche a lui però piace la conformazione della sella e del codino.
Partiamo. Accenderla nel silenzio di un bosco disturba: ci guardiamo un po’ straniti. Ci aspettavamo meno rumore, un suono tranquillo ed educato, non più forte di quello della sorella a 4 tempi. Dal singolo silenziatore della Freeride 250 R, invece, di note ne escono fin troppe, e suonate dall’orchestra al completo. Può sembrare un difetto da nulla, ma lo spirito “friendly” della moto è un po’ deturpato da questa caratteristica. E obbliga a muoversi con fare più circospetto e meno disinvolto.
Iniziamo la nostra prova con una facile scalinata che non mette affatto in difficoltà né il pilota, Denis, né la moto: c’è tanta luce a terra e anche sugli scalini più insidiosi ogni contatto con il terreno è quasi del tutto scongiurato. Con la 350 qualche colpo lo avremmo sicuramente preso perché la culla inferiore ha un disegno differente e corre più vicina al suolo. La moto danza agile sugli ostacoli aiutata da una ciclistica molto precisa. Per Denis la forcella è fin troppo morbida; a me, che sarei contentissimo di andare meno della metà di lui, i rimbalzi dell’anteriore aiutano a superare gli ostacoli in successione. Al resto pensa il motore che con un filo di gas si arrampica quasi ovunque. Sul mono ci troviamo d’accordo: la taratura è azzeccata, ottima anche se si va di fretta.

Erogazione rotonda
Il monocilindrico ha un’erogazione molto gradevole: gira bene e rotondo. Denis riesce a percepire l’effetto del volano, giustamente pesante, a me pare invece che la moto sia troppo reattiva al comando del gas. Faccio fatica a partire in prima sui gradoni in sasso, e non perché scavo ma perché, puntualmente, mi ritrovo con la moto verticale e la frizione in mano. Ci metto un po’ a capire che posso inserire la seconda e giocare con la frizione, estremamente modulabile e morbida, per andare avanti.
Così facendo la moto si arrampica praticamente in ogni dove con un filo di gas, anche su ostacoli che non pensavo di riuscirmi a mettere alle spalle con questa facilità.
Sorpassiamo una fitta serie di gradoni in sasso e la mulattiera si lancia in un bosco di castagni che, vista la stagione, hanno già lasciato andare a terra una bella parte della loro chioma. Il fondo è quindi morbido e la terra sotto lo strato di foglie offre un eccellente grip. I pneumatici Maxxis fanno presa sul terreno e non mollano: ottimi davvero. Denis ci regala qualche passaggio veloce e relative e ripetute lapidazioni.
Il comportamento della moto sul veloce non lo convince appieno: la reattività e la compattezza si pagano infatti con una stabilità alle alte velocità che non è eccezionale. Questo, ovviamente, lo sente solo lui: a me sembra di scorrere su un binario. Ma non parliamo della stessa andatura.
Lo guardo dirigersi verso una pietra messa di traverso e usarla come salto, puntare un albero proprio di fronte e buttare giù la moto per disegnare una curva perfetta, con relativa derapata. Il motore gira
piuttosto forte ma si sente che non è questo il lavoro della Freeride. L’allungo è, in effetti, limitato. Io lo sento solo dal rumore lui, a limitatore, ci arriva davvero.
Lasciamo il bosco per muoverci alla volta di un bellissima curva che segue l’andamento di una radura decisamente scoscesa. Denis affronta lo scalino (un metro, un metro e mezzo) con la moto di traverso uscendo in piedi in impennata.
Lo lascio fare a lui... La Freeride sembra perfettamente a suo agio in questa situazione: con un colpetto sul gas la ruota anteriore si alza e punta il cielo mentre quella posteriore copia l’andamento del terreno aggrappandosi quasi ovunque. È in piedi sulle pedane (Denis) e bilancia il tutto spostando avanti ed indietro il peso. È un marziano, probabilmente, ma butta la moto sopra il muro con una facilità che non mi aspettavo. Lo guardo giocare su un tratto pendente al punto che per salirci a piedi mi devo aggrappare ai fili d’erba. Lui ci monta sopra in impennata, giocando appena con il polso destro e con il freno posteriore. E scende, con la forcella a pacco e la ruota posteriore a 50 centimetri da suolo. «I freni mi piacciono molto – dice. – E anche la frizione: non sentono la fatica e non perdono di efficacia». Giusto.
Sarei propenso a mollare lì tutto e dedicarmi ad altro, i trike chessò, ma provo a buttarmi anche io giù per una scalinata piuttosto scoscesa: la moto è leggerissima e la sento ballare sotto ai miei piedi. 92,6 kg a secco sono un ottimo biglietto da visita: si sente che la moto ha l’agilità e la massa di una bicicletta, o poco di più. Mi muovo un po’, faccio finta di essere capace, e la Freeride segue perfettamente il mio sguardo. Due dita sul freno anteriore e il piede appoggiato al pedale: è un po’ lontano e molto alto ma si trova facilmente, specialmente stando in piedi. La modulabilità è molto buona, anche per chi non ha molta dimestichezza con i comandi delle moto da fuoristrada e anche pestando con forza è difficile perdere il contatto con il posteriore.

Nessun ostacolo

La posizione di guida è comoda, non estrema, e aiuta anche chi, come il sottoscritto, tende a guidare seduto: Denis della sella non mi parla: in tutto il giorno non l’ho mai visto con il fondoschiena appoggiato.
Gliela lascio e lo vedo dedicarsi ad un tratto roccioso che non avrei mai considerato come un possibile passaggio. Lui però lancia la moto sopra agli ostacoli sfruttando il grande tiro del propulsore e salta sopra alle rocce piantate nel terreno. La Freeride 250, mi spiega, è molto differente dalla 350. È più cattiva e più rabbiosa in basso, meno facile e amichevole. «Somiglia un po’ a una moto da trial» sentenzia.
Anche io però traggo le mie conclusioni: la Freeride mi piace. Sia per quello che è, sia per cosa rappresenta: una valida alternativa alle moto estreme, meno impegnativa dal punto di vista economico (e fisico) e sicuramente più divertente per tutti quelli ai quali non interessa il cronometro. Mi sarebbe piaciuto uno scarico più silenzioso e un’erogazione appena appena più dolce, giusto per il gusto di usare anche io, almeno ogni tanto, la prima marcia.
Rispetto alla 350 c’è quel pizzico di cattiveria in più che non guasta, e il gusto di qualche chilo in meno e di un motore che va a miscela e, comunque, non fuma affatto.
Certamente il concetto che sta dietro alla moto, avvicinare il pubblico al mondo dei pneumatici tassellati, è meglio sviluppato dalla versione a 4 tempi, più facile e dolce. Con questa però ci si divertono anche i professionisti, anche se non lo ammetteranno mai.

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Da Fermo

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