Rewind, Suzuki TL1000R: esperimento non (del tutto) riuscito

Rewind, Suzuki TL1000R: esperimento non (del tutto) riuscito

Alla fine degli anni '90 da Hamamatsu arrivò una bicilindrica per contrastare il dominio della Ducati nella categoria. Era una moto azzardata, unica nella linea e con parecchi limiti che ne hanno decretato l'insuccesso. L'abbiamo provata nel 1998 ed abbiamo scoperto che...

17.09.2021 10:38

Grossa e pesante, ma affascinante

Nell'impostazione della TL1000R colpiscono le abbondanti forme della carrozzeria: basso e profilato l'avantreno, in contrapposizione alla linea di cintura alta e al massiccio retrotreno dominato dai grossi terminali di scarico e dal particolarissimo design del copricodino. Quest'ultimo è compreso nel prezzo d'acquisto di appena oltre i 20 milioni di lire che occorre ricordare fra le quotazioni più concorrenziali considerando i 43 milioni a cui viene proposta la Ducati 916 SPS di analoga concezione. Delle tre colorazioni disponibili quella classica delle Suzuki R è molto grintosa ma ci sembra altrettanto pertinente quella in rosso e nero mentre la livrea giallo/nera è senza dubbio la più riuscita, in grado di mitigare l'abbondante dimensionamento strutturale.

Sotto questo profilo, comunque, il nuovo telaio a doppio trave in alluminio e l'inedito forcellone in lega leggera con capriata inferiore di irrigidimento offrono lo stesso valore di interasse della YZF-R1. Per il comparto sospensioni, davanti la R adotta la stessa forcella ultraregolabile della S mentre posteriormente l'originale sospensione rotativa è stata rivista dal punto di vista idraulico, mediante l'Impiego di una valvola compensatrice che regola il passaggio dell'olio, ed è stato riposizionato il mono sul lato destro, collegato ai nuovi cinematismi dell'articolazione progressiva. Non sono variati i dischi dell'impianto frenante, Ma ora anteriormente la doppia unità da 320 mm di diametro è servita da pinze a 6 pistoncini il luogo di quelle a 4.

Anche la R conserva di serie l'ammortizzatore di sterzo, mentre 135 cavalli di potenza massima dichiarati per il propulsore sono da attribuire ai differenti condotti di aspirazione, alla diversa conformazione delle testate, dei corpi farfallati e all'impiego dei pistoni forgiati. Se poi non bastasse, per i più facoltosi smanettoni la casa di hamamatsu Ha allestito un completissimo kit di potenziamento per la modica cifra di 150 milioni di lire! Senza alcun sovrapprezzo viene invece fornito lo strapuntino per il passeggero.

Su pista non era una moto estrema

A differenza della Ducati 916 la nostra protagonista può essere considerata una sportiva meno estrema. Lo si capisce sin Dai primi metri in virtù della accettabile posizione di guida che, pur caricando il busto in avanti, non determina evidenti affaticamenti per le braccia o le mani nemmeno dopo un'intera giornata passata in pista. Allo stesso modo ci è sembrato ben calibrato il dislivello fra la sella e le pedane, e quest'ultime moderatamente arretrate, mentre l'adozione della carena integrale permette ugualmente al pilota e necessari spostamenti nella guida di corpo senza provocare interferenze da parte delle ginocchia per i piloti di maggiore statura.

Ai conducenti di taglia forte la R potrà risultare un po' sottodimensionata in merito al contenuto sviluppo in altezza del cupolino, così come non ha da rallegrarsi troppo l'eventuale passeggero visto che, a dispetto della necessaria porzione di sella disposizione, si trova sistemato praticamente sulle spalle del pilota e deve lamentare pure l'accentuata altezza delle pedane e la mancanza di un valido appiglio a cui ancorarsi. Sotto il profilo del Confort ci sono da segnalare la rigida taratura di base delle sospensioni che, soprattutto da parte del posteriore, sulle asperità possono produrre reazioni secche, mentre il cupolino largo ma molto profilato in altezza, protegge relativamente lasciando scoperte le spalle e il casco del pilota oltre i 170 km orari indicati.

A differenza della versione semicarenata, soprattutto nella stagione estiva, sono inevitabili gli accumuli di calore trasmessi al pilota nelle soste in colonna a motore avviato così come riprendendo soprattutto a bassa velocità con inserita una marcia lunga, è evidente il tasso di vibrazioni localizzate principalmente sulle pedane. La TL1000R soffre delle abbondanti dimensioni globali ma soprattutto del sensibile peso (222,4kg), così oltre al congruo aumento del raggio di sterzata, evidente nelle manovre o nelle inversioni di marcia in spazi angusti, la R accusa una certa inerzia dell'avantreno alle basse andature con ogni probabilità da attribuirsi al lavoro del mono ammortizzatore di sterzo, tant'è che per ottenere il meglio nella guida conviene condurre senza forzature, facendola scorrere fra una curva e l'altra accompagnando la con opportuni spostamenti del corpo.

In pista il rendimento è condizionato dal particolare lavoro messo in luce dalla sospensione rotativa posteriore, abbastanza in crisi sugli scogli lamenti Oppure nelle compressioni dove è raro incappare in ondeggiamenti della ciclistica. In fatto di prestazioni la cura vitaminica cui è stato sottoposto il propulsore bicilindrico rispetto alla versione S Si sente: oltre al congruo aumento del valore di potenza massima passata ai 120,37 cavalli alla ruota, si è irrobustita anche l'erogazione in alto. Per forza di cose Ora ai Bassi regimi si avverte qualche strappo di trasmissione ma a partire dai 5500 giri, senza evidenti entrate in coppia, tira come una forsennata fin oltre gli 11 mila giri dove interviene il limitatore. complice la rapportatura finale lievemente allungata è la migliore aerodinamicità in velocità di punta la R non fatica a raggiungere il valore dichiarato di 265 km orari.

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