        L&rsquo;Automotoclub Storico Italiano e i Registri Storici Alfa Romeo, Fiat e Lancia (enti certificatori di cui all&rsquo;art. 60 del Codice della Strada) hanno presentato un&nbsp;Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica per ottenere l&rsquo;annullamento dei decreti e delle delibere di Regione e Giunta Regionale del Lazio, Citt&agrave; Metropolitana e Comune di Roma che vietano la circolazione dei veicoli storici, poich&eacute; compresi senza opportuna distinzione nel parco circolante pi&ugrave; datato e inquinante. &Egrave; quanto si legge in una nota sul sito ufficiale ASI. Al coro di proteste, si aggiunge anche la FMI (Federazione Motociclistica Italiana), intervenuta nel dialogo con il Comune di Roma per chiedere l&rsquo;attivazione di opportune deroghe, e &ldquo;chiamata in causa come parte interessata e avr&agrave; modo di intervenire ad adiuvandum per sostenere l&rsquo;iniziativa a fronte del Presidente della Repubblica&rdquo;. Le dichiarazioni &ldquo;In Italia circolano quasi 57 milioni di veicoli &ndash; spiega Alberto Scuro, presidente dell&rsquo;Automotoclub Storico Italiano &ndash; e, di questi, quelli ultraventennali sono circa 16 milioni. La percentuale di questi ultimi che risultano certificati come storici &egrave; del tutto irrilevante ma per continuare a rappresentare la risorsa culturale ed economica che sono per il nostro Paese devono poter essere tenuti in vita attivando specifiche deroghe inerenti la circolazione. Pur essendo pochi e percorrendo una media chilometrica annua bassissima (1000 km circa) in fase di trattativa ASI non ha chiesto ai rappresentanti di Roma Capitale di farli circolare liberamente ma mantenendo alcune opportune limitazioni&rdquo;. I numeri Ma di quanti veicoli, tra moto e auto storiche, parliamo? &ldquo;Sul territorio della Citt&agrave; Metropolitana di Roma - si legge ancora sul sito dell&rsquo;ASI - i veicoli d&rsquo;uso quotidiano circolanti (dati MTCT) sono 4.040.078 e quelli con Certificato di Rilevanza Storica registrato alla Motorizzazione sono 9.945: una quota pari allo 0,25% del totale, che percorre annualmente lo 0,014% dei chilometri percorsi dai veicoli d&rsquo;uso quotidiano (fonte: censimento FIVA e dati compagnie assicurative). &Egrave; solo per questi veicoli che si chiede una deroga, perch&eacute; i veicoli storici certificati sono da considerarsi ininfluenti in termini di impatto ambientale e la loro possibilit&agrave; di circolare in maniera controllata rientra tra le azioni di tutela e salvaguardia: se non circolano, i veicoli storici muoiono e con loro muore tutto il mondo ad essi collegato, causando enormi danni sociali, culturali ed economici. Non si tratta di privilegi, ma di tutele nei confronti di un patrimonio storico, culturale, tecnologico ed artistico italiano che non ha pari al mondo&rdquo;. La proposta di ASI &ldquo;ASI ha dialogato con l&rsquo;amministrazione di Roma Capitale &ndash; spiega il presidente Scuro &ndash; portando&nbsp;proposte mirate alla possibilit&agrave; di usare i veicoli storici per soli scopi ludico-ricreativi e per il turismo lento, quindi con limitazioni di orari tali da scongiurarne l&rsquo;uso quotidiano e pendolare. Inoltre, proponiamo di monitorare, a un anno dall&rsquo;entrata in vigore delle eventuali deroghe, il loro effetto. Essendo i veicoli storici per cui chiediamo le deroghe registrati alla Motorizzazione, il loro numero e la loro anzianit&agrave; sono facilmente valutabili. Proponiamo di monitorarli e di valutare dei correttivi dopo dodici mesi dalla loro applicazione, nella massima trasparenza e concretezza&rdquo;. PATENTE A, RINNOVI, PREZZI E MODALIT&Agrave;       

Da ASI, Registri Storici e FMI arriva la protesta: &ldquo;Se non circolano, i veicoli storici muoiono e con loro muore tutto il mondo a essi collegato&rdquo;

Roma dice no a moto e auto storiche: non possono circolare perché inquinano

Inquino di meno se mi prendo una bella elettrica Energica o una Zero - super moderna, silenziosa e zero emission - o se mi restauro la vecchia V50 di mio zio e la uso come mezzo quotidiano casa-lavoro? Non si tratta di un dilemma ricorrente fra i motociclisti di questi tempi, ma &egrave; di sicuro interessante mettere le due cose a confronto, perch&egrave; fra un mezzo che inquina niente e uno che puzza e spruzza, il premio della sostenibilit&agrave; potrebbe non andare al primo dei due. Per capire, dobbiamo analizzare entrambe le alternative cercando di considerare pi&ugrave; dettagli possibili.  L&#39;elettrico non &egrave; 100% sostenibile, e lo sappiamo  Scoprire che qualsiasi mezzo a emissioni zero in realt&agrave; produce inquinamento &egrave; un po&#39; come scoprire che il fuoco brucia, perch&egrave; si deve sempre considerare tutto il processo di vita e non solo quello di utilizzo dell&#39;utente finale, che effettivamente &egrave; l&#39;unico passaggio veramente sostenibile e che non produce danni per l&#39;ambiente. Prima di noi che guidiamo, c&#39;&egrave; la fase di estrazione dei materiali necessari alla costruzione, la produzione e la distribuzione, e dopo che noi l&#39;avremmo spremuta fino all&#39;osso c&#39;&egrave; la parte finale che &egrave; la distruzione e lo smaltimento del mezzo.  Dalle miniere di litio e cobalto, all&#39;inquinamento atmosferico prodotto dalle acciaierie che creano le parti strutturali, fino agli alti consumi delle fabbriche che assemblano il mezzo. In questo caso la produzione di una moto elettrica non &egrave; cos&igrave; distante da quella di un mezzo a combustione tradizionale. Potrebbe in certi casi essere anche pi&ugrave; impattante perch&egrave; alcuni elementi per produrre le batterie arrivano da fonti non rinnovabili e la loro estrazione distrugge l&#39;ambiente, cos&igrave; come il grande enigma dello smaltimento futuro che - come sappiamo - non sono facilmente riciclabili.&nbsp;  Uno studio del 2021 del MIT di Boston ha confermato che la produzione di un&#39;auto elettrica &egrave; pi&ugrave; inquinante di una a combustione interna proprio per il discorso delle batterie, ma essendo un mezzo a zero emissioni recupera il suo lato &quot;green&quot; durante l&#39;utilizzo e si riporta in vantaggio rispetto al mezzo a combustione interna, che continua ad inquinare mentre viene utilizzato. A distanza di anni, l&#39;elettrico quindi vince la partita della sostenibilit&agrave;, ma non di molto... e se mettessimo in gioco anche quei mezzi che sono stati prodotti tanti anni fa e che continuano a circolare?    &nbsp;  Vintage vuol dire anche ecologico? Quasi  Nel gioco a chi inquina di meno fra una moto elettrica nuova e una moto a combustione nuova, potrebbe essere interessante prendere in considerazione anche una moto vintage restaurata. Prendiamo in considerazione una vecchia Guzzi di 30 anni, e andiamo a vedere qual &egrave; la sua storia: noteremo che quando &egrave; stata prodotta le regole internazionali per l&#39;inquinamento e i cambiamenti climatici del Protocollo di Kyoto erano ancora qualcosa di embrionale e le fabbriche inquinavano molto pi&ugrave; di ora, la stessa moto durante l&#39;utilizzo ha sempre emesso pi&ugrave; gas nocivi rispetto a una qualsiasi Euro4 moderna, quindi s&igrave; il vintage ha di sicuro un impatto maggiore.  Ma se proviamo a vederla da un altro punto di vista, che &egrave; quello del tempo che passa, noteremo che questa moto ha fornito il servizio di trasporto/divertimento/passione per trent&#39;anni - lasso di tempo in cui c&#39;&egrave; stato un solo processo di estrazione materiali, un solo processo di produzione, un solo processo di trasporto e vendita e tutto il resto &egrave; soltanto utilizzo e riparazioni.&nbsp;  Se consideriamo che la media di cambio dell&#39;auto in Italia &egrave; ogni 7,5 anni e che quella delle moto supponiamo non sia molto diversa (non abbiamo trovato studi o dati certi a riguardo), quanto effettivamente impatta meno sull&#39;ambiente avere un mezzo pi&ugrave; inquinante in circolazione in un tempo molto ampio come 30 anni piuttosto che una moto nuova ogni 7-10 anni?&nbsp;  La sostenibilit&agrave; sta diventando argomento importante anche in ottica utilizzo per un lungo periodo, e ci sono sempre pi&ugrave; studi a riguardo che identificano come molto sostenibile la scelta di non iniziare nuovi processi di produzione e di smaltimento mezzi esausti, ma di riparare quelli vecchi e dargli nuova linfa vitale, garantendo continuit&agrave; di funzionamento, pur se questo mezzo emette pi&ugrave; gas nell&#39;ambiente. Quando, poi, verr&agrave; sviluppata pi&ugrave; nel concreto la possibilit&agrave; di conversione a idrogeno di tutti i motori a combustione (qui l&#39;articolo che ne parla), il vantaggio potrebbe diventare palese.&nbsp;  Come possiamo notare il discorso &egrave; tanto vasto quanto complicato, &egrave; difficile raccogliere tutti i dati per avere un quadro completo di cosa &egrave; meglio e come, e la narrazione attuale delle aziende che guadagnano con l&#39;elettrico impone anche un marketing di &quot;greenwashing&quot; che spesso distorce la narrazione, e che mostra il vecchio come brutto e cattivo contro il nuovo pulito e bellissimo. In futuro, forse, sar&agrave; cos&igrave;, ma per il momento &egrave; giusto farsi tutte le domande del caso.    Energica Experia: il nostro video dal test 

Proviamo ad analizzare se effettivamente si inquina di meno restaurando e guidando un mezzo con qualche primavera sulle spalle o comprare e circolare con uno nuovo (e magari elettrificato)

Lotta alle emissioni: una moto di 30 anni meglio di una elettrica?

Era il 1999 e il mondo del motociclismo iniziava la sua trasformazione. Con la normativa Euro1, tutti i motocicli immatricolati dal 1&deg; gennaio dovevano rispettare alcune normative europee in merito alle emissioni inquinanti, addattandosi alle regole gi&agrave; in essere per le auto dal 1993. A distanza di 22 anni siamo arrivati all&#39;Euro5 e le regole sempre pi&ugrave; restringenti hanno cambiato sia tecnicamente che esteticamente le moto, costringendo i costruttori a inventarsi nuove soluzioni e tecnologie.  Come sono cambiate le normative &quot;Euro&quot;?  Ma queste normative cosa sono, in concreto? Con l&#39;introduzione dell&#39;Euro1 alla fine del secolo si &egrave; messo un tetto alle sostanze inquinanti emesse dallo scarico delle moto. Il limite massimo &egrave; stato stabilito in 13 g/km di monossido di carbonio (CO), 3 g/km di idrocarburi incombusti (HC) e 0,3 g/km di ossidi di azoto (NOx). Come si &egrave; ovviato al problema? semplicemente dotando gli impianti di scarico di catalizzatore come gi&agrave; accadeva sulle auto da qualche anno, e tutte le moto in produzione sono riuscite agilmente a superare il test.  Ora siamo arrivati al quinto aggiornamento di queste regole, e con l&#39;Euro5 del 1&deg; gennaio 2021 la cosa &egrave; diventata ben pi&ugrave; complicata: tutte le moto immatricolate da quest&#39;anno non possono superare 1 mg/km di CO, 100 mg/km di HC e 60 mg/km di NOx, ma ci sono anche altri parametri da rispettare e che sono stati introdotti nelle precedenti versioni della legge come il particolato (PM) che non deve essere sopra i 4,5 mg/km e gli idrocarburi non metanici (NMHC), non oltre i 68 mg/km. Passare da grammi a milligrammi non &egrave; stato facile in questi anni, ma ora quasi tutti stanno rientrando nei limiti imposti e ci rendiamo ben conto di quanto questa riduzione di inquinamento sia stata grande negli ultimi due decenni.    &nbsp;  Quali sono i cambiamenti tecnici e gli adattamenti estetici  Ma dall&#39;Euro1 come sono cambiate le moto? Cosa si sono inventate le case costruttrici per migliorare le emissioni? Nel 1999 &egrave; stato piuttosto facile: gli impianti di scarico sono stati dotati di catalizzatore, che ha fatto agilmente rientrare tutte le moto entro i limiti stabiliti, seppur l&#39;estetica di alcuni modelli sia cambiata perch&egrave; gli scarichi sono aumentati di dimensioni.  Nel 2003 &egrave; entrata in vigore la Euro2 e nel 2006 la Euro3, fino a questo punto le moto non hanno avuto bisogno di altro se non di modifiche al terminale di scarico, ma gi&agrave; da prima alcuni costruttori hanno iniziato a cambiare approccio con l&#39;inserimento del catalizzatore nella linea dei collettori, dato che il sistema di filtraggio stava rendendo gli scarichi davvero enormi e antiestetici.&nbsp;    Gli anni a venire hanno portato ad adattamenti sempre pi&ugrave; &quot;stilosi&quot; dell&#39;impianto di scarico, e praticamente tutti i costruttori hanno iniziato a montare il &quot;padellino&quot; dotato di filtri sotto al motore, rendendo pi&ugrave; facile lo sviluppo di terminali che fossero esteticamente pi&ugrave; aggraziati e in linea con il resto della moto. Con l&#39;ingresso dell&#39;Euro4 nel 2016, le case hanno avuto tempo di sviluppare nuovi motori pi&ugrave; green e limitazioni dell&#39;inquinamento non solo meccaniche ma anche elettroniche, &egrave; il primo passo verso l&#39;Euro5 di recente introduzione che ha costretto il mondo delle moto a una ulteriore evoluzione.  In gran parte dei casi si &egrave; stati costretti ad aumentare la cilindrata di molti modelli in commercio, perch&egrave; con scarichi pi&ugrave; &quot;tappati&quot; la cavalleria sarebbe stata abbassata troppo rispetto all&#39;anno precedente inficiando prestazioni e vendite. Mappature motore e iniezioni elettroniche sono state riviste per essere meno impattanti sull&#39;ambiente e funzionare al meglio con le nuove regole. Cosa ci riserver&agrave; il futuro? Lo vedremo con l&#39;introduzione della Euro5+ a partire dal 2024, che costringer&agrave; a nuovi e severi test pratici in pista per verificare le emissioni reali e nuovi limiti fonometrici per l&#39;inquinamento acustico. Di una cosa, almeno, siamo sicuri: avremo moto sempre pi&ugrave; silenziose!  Euro5: le normative in vigore dal 1&deg; gennaio. Cosa cambia?  &nbsp; 

Nel 1999 &egrave; entrata in vigore la prima normativa anti inquinamento per le moto, la cosiddetta Euro1, e da quel giorno le moto non sono state pi&ugrave; le stesse. Cosa &egrave; cambiato in concreto in questi 22 anni di regole?

Norme antinquinamento, come hanno cambiato le moto

        Tra le principali cause dell'inquinamento atmosferico nelle citt&agrave; bisogna annoverare i trasporti, responsabili di quasi un quarto delle emissioni di gas serra in Europa. Rispetto agli altri settori, quello dei veicoli a due e quattro ruote non ha prodotto cali di emissioni, restando il pi&ugrave; gravoso sulla salute dell'atmosfera. Proprio per questo motivo, quindi,&nbsp;la risposta dell&rsquo;Europa non si &egrave; fatta attendere. L&rsquo;obiettivo, infatti, &egrave; quello di portare a termine un&nbsp;maxipiano&nbsp;(presentato ufficialmente proprio in queste ore) per l'azzeramento delle emissioni di Co2 entro il 2050&nbsp;e la&nbsp;riduzione del 55% entro il 2030. Parigi: oggi limiti di velocit&agrave; a 30 km/h, domani divieto di circolazione Cosa rester&agrave; del motore a scoppio? Per farlo, per&ograve;, uno dei punti fondamentali da seguire &egrave; quello di ridurre le emissioni di gas a effetto serra prodotte dai trasporti con norme sulle emissioni di Co2 per i veicoli pi&ugrave; inquinanti. A tal proposito, secondo quanto fatto sapere dalla Commissione Ue, di cui &egrave; stata naturale portavoce la presidente Ursula von der Leyen: &ldquo;Chi inquina pagher&agrave; di pi&ugrave;&rdquo;. &ldquo;Stiamo facendo da apripista per un'economia pulita&nbsp;&ndash; ha spiegato ancora la presidente parlandone ai colleghi della Stampa -&nbsp;Il principio alla base &egrave; sviluppare una nuova strategia di crescita verso un'economia decarbonizzata&rdquo;. Economia decarbonizzata che interesser&agrave; da vicino proprio il trasporto stradale, dunque, visto che nei piani dell&rsquo;Ue c&rsquo;&egrave; da anni l&rsquo;intenzione di&nbsp;aumentare l'efficienza dell&rsquo;intero settore, sfruttando al massimo le tecnologie digitali, la tariffazione intelligente, incoraggiando ulteriormente il&nbsp;passaggio a modalit&agrave; a basse emissioni&nbsp;e accelerare la diffusione di energie alternative come&nbsp;biocarburanti avanzati,&nbsp;elettricit&agrave;,&nbsp;idrogeno&nbsp;e&nbsp;combustibili sintetici rinnovabili. Sar&agrave; la fine dei motori endotermici? Con l'elettrico si risparmia? Uno studio francese analizza costi e benefici       

Presentato il maxi-piano per l'azzeramento delle emissioni di Co2 entro il 2050 e per la riduzione al 55% entro il 2030: i trasporti sono il settore che ha prodotto meno cali&nbsp; &nbsp;

Inquinamento, l'Europa tuona: chi ha colpe dovrà pagare di più

Il mondo sta cambiando e ormai da diverso tempo si sta muovendo in direzione dell&rsquo;elettrico e di soluzioni in grado di ridurre l&rsquo;impatto ambientale. Il trasporto su strada, infatti, risulta una delle principali fonti di inquinamento atmosferico, tanto pi&ugrave; a Bruxelles, in Belgio, dove solo nel 2016 &nbsp;&egrave; stato responsabile di un buon 61% delle emissioni di ossido di azoto e del 26% di particolato.  Proprio per questo motivo, quindi, il Governo belga si &egrave; posto come obiettivo quello di vietare i veicoli diesel entro il 2030 e quelli benzina, GPL e metano entro il 2035.  La moto in Europa: quali i limiti nella UE?  Zero emissioni entro il 2035  Una notizia, questa, che arriva direttamente da Bruxelles Environnement - amministrazione per l&#39;ambiente e l&#39;energia della regione di Bruxelles-Capitale -, che ha spiegato l&rsquo;importanza di proseguire lo sviluppo della Low Emission Zone (LEZ) e portare all&#39;uscita del diesel al pi&ugrave; tardi entro il 2030 e all&rsquo;uscita di benzina, GPL e metano entro il 2035.  L&rsquo;obiettivo? Costruire un ambiente sano e decarbonizzare la mobilit&agrave; in modo che tutti possano muoversi nella Regione di Bruxelles senza inquinare e senza compromettere la propria salute o quella degli altri.  Il futuro delle due ruote  Grazie allo studio portato avanti dalla stessa amministrazione belga, infatti, si &egrave; potuto osservare come il graduale divieto, unito alla riduzione del traffico prevista dal piano Good Move, potrebbe portare a una riduzione di un buon 75% delle emissioni di CO2 legate ai trasporti.  E le due ruote? La tabella prodotta Bruxelles Environnement non porta con s&eacute; buone notizie: la novit&agrave; principale, per&ograve;, riguarda solo gli scooter che saranno i primi ad essere colpiti, ancor prima dei diesel. I veicoli di categoria L1 e L2, infatti, non saranno pi&ugrave; tollerati a partire dal 2028.  Tuttavia, non sar&agrave; lo stesso per le&nbsp;moto (categoria L3-L7). Secondo le attuali linee guida presenti in tabella, infatti, i veicoli a due ruote appartenenti a tali categorie non saranno banditi prima del 2035.  Inquinamento moto: a Singapore stop ai vecchi modelli entro il 2028   

Il Governo si &egrave; posto l&rsquo;obiettivo di vietare veicoli diesel entro il 2030 e benzina, GPL e metano entro il 2035. La roadmap prodotta da Bruxelles Environnement penalizza fin da subito gli scooter

Belgio, stop ai motori a scoppio: scooter dal 2028 e moto dal 2035

        Quando si parla di moto molto spesso viene presa in considerazione anche la loro rumorosit&agrave; e il loro inquinamento. Negli ultimi tempi, infatti, nei principali paesi europei si &egrave; cercato di introdurre alcune importanti limitazioni verso tutti quei mezzi che circolando in strada determinano un rilascio nell&rsquo;aria di alti livelli di CO2. Relativamente a quanto detto per&ograve;, anche molti altri paesi del mondo stanno cercando di adottare gli stessi provvedimenti visti nel territorio europeo, con Singapore su tutti che ha da poco deciso di bandire completamente le vecchie motociclette immatricolate prima del 1 &deg; luglio 2003 entro il 2028. La moto in Europa: quali i limiti nella UE? Tutti pi&ugrave; green a partire dal 2023 La notizia giunge direttamente dall&rsquo;Asia ed &egrave; stata recentemente riportata anche dai colleghi di Visordown. Secondo quanto appreso, infatti, pare che la citt&agrave;-stato a sud della Malesia sia veramente intenzionata ad aggiornare le normative sull&rsquo;inquinamento, adottando una sorta di &ldquo;green plan&rdquo; per cercare di ridurre al minimo l&rsquo;inquinamento. Il piano per i veicoli partir&agrave; dal 1&deg; aprile 2023, con i motociclisti in possesso di moto ormai datate &ndash; Euro 3 in gi&ugrave; &ndash; che saranno costretti a conformarsi alle nuove normative entro il 2028. Ma attenzione, perch&eacute; come accaduto qua in Italia con gli ecobonus, anche il governo di Singapore ha deciso di adottare una sorta di incentivo. Bonus per annullare le registrazioni Per tutti coloro che annulleranno la registrazione delle vecchie motociclette, infatti, sar&agrave; previsto un bonus di 3.500 dollari di Singapore, pari a circa 2.100 euro al cambio attuale. Un&rsquo;iniziativa, questa, che pare abbia gi&agrave; riscosso enorme successo nel paese, con circa il 60% dei vecchi veicoli registrati ormai annullati. Stop alle "non elettriche" da Cross: la decisione della California       

Il piano per i veicoli partir&agrave; dal 1&deg; aprile 2023, con i motociclisti in possesso di moto ormai datate &ndash; Euro 3 in gi&ugrave; &ndash; che saranno costretti a conformarsi alle nuove normative entro i successivi cinque anni

Inquinamento moto: a Singapore stop ai vecchi modelli entro il 2028

Il rifacimento del manto stradale &egrave; indispensabile per garantire ai mezzi in transito il massimo della sicurezza in ogni tipo di situazione. A tal proposito, in Inghilterra alla fine del 2020 &egrave; partito un progetto di ripristino delle principali arterie stradali.  Tuttavia, per cercare di ovviare al problema dell&rsquo;usura del manto, la Highways England - societ&agrave; governativa che pianifica, progetta, costruisce, gestisce e mantiene le autostrade e le principali strade statali inglesi &ndash; sta sviluppando un nuovo tipo di materiale in grado di agire come una vera e propria &ndash; e non stiamo scherzando - crema antiet&agrave; per le strade. Cosa, questa, che potrebbe prevenire la necessit&agrave; di lavori stradali e allo stesso tempo ridurre l&#39;impatto ambientale.  Manutenzione delle strade: Obiettivo zero buche    Gi&agrave; avviata la sperimentazione nei pressi di Silverstone  Secondo indiscrezioni provenienti dal governo inglese, la Highways England &egrave; gi&agrave; al lavoro su una porzione di strada situata nel Northamptonshire, precisamente sulla A43 vicino Silverstone, diventata per l&rsquo;occasione la prima nel paese ad essere riasfaltata con questo nuovo materiale progettato per aiutare le strade a durare pi&ugrave; a lungo.  La nuova pioneristica miscela, fanno sapere dall&rsquo;Inghilterra, &egrave; tenuta insieme da un nuovo bitume chiamato &ldquo;Styrelf Long Life&rdquo;, sviluppato in laboratorio per essere pi&ugrave; resistente agli agenti atmosferici, prevenendo cos&igrave; la formazione di crepe ed eventuali buche. Una soluzione che, se adottata su vasta scala, potrebbe garantire superfici stradali pi&ugrave; durevoli, che richiederebbero meno riparazioni e di conseguenza anche meno emissioni di carbonio dovute alle esalazioni durante i lavori di riqualifica (in Inghilterra ogni 10-12 anni sulle maggiori arterie).  &ldquo;Siamo sempre alla ricerca di modi innovativi per aiutarci a mantenere in buone condizioni le autostrade e le principali strade statali inglesi&quot;. Ha dichiarato Mike Wilson, ingegnere capo di Highways England. &ldquo;La nostra priorit&agrave; assoluta &egrave; la sicurezza, quindi investiamo in nuove tecnologie e materiali per garantire la sicurezza di coloro che utilizzano le strade. Strade pi&ugrave; durature significa meno lavori stradali, meno disagi per gli automobilisti e una rete pi&ugrave; sostenibile per tutti&rdquo;.  Regno Unito, i giovani preferiscono le moto elettriche 

Un nuovo bitume &egrave; stato sviluppato in laboratorio ed &egrave; in grado di resistere agli agenti atmosferici molto pi&ugrave; delle attuali soluzioni. Primi test partiti sulla A43 vicino Silverstone, nel Northamptonshire

Asfalto a prova di usura? In Inghilterra la sperimentazione

C&#39;&egrave; un killer che uccide in modo silenzioso e invisibile 8,7 milioni di morti in un anno e siamo tutti sue potenziali vittime. Una morte su cinque al mondo sarebbe imputabile alle polveri sottili derivate dalla combustione di idrocarburi, le famigerate PM 2,5. Non si tratta di uno slogan di un gruppo di attivisti, di una frase ad effetto, ma &egrave; il terribile risultato di una ricerca condotta dall&#39;Universit&agrave; di Harvard in associazione con quelle di Birmingham e Leicester e all&#39;University College London.    I ricercatori hanno preso in esame dati del 2018 relativi alla diffusione delle particelle sottili con dimensioni minori o uguali a 2,5 micron, gi&agrave; note per la loro pericolosit&agrave; in quanto in grado di penetrare negli alveoli polmonari e diffondersi nel sangue causando asma, cancro ai polmoni, malattie coronariche, ictus. Hanno poi utilizzato sofisticate fotografie satellitari e ricostruzioni 3D dell&#39;atmosfera grazie al supporto della NASA per individuare la loro maggiore concentrazione e hanno incrociato queste informazioni con quelle relative alle morti su scala mondiale. I numeri sono addirittura peggiori di quanto precedentemente stimato da altri studi (come quello pubblicato sul Lancet nel 2019 che stimava 4,2 milioni di morti annue) e non lasciano spazio a interpretazioni: le polveri sottili che derivano dalla combustione di idrocarburi ci stanno uccidendo.  Il PM 2,5 causa un morto ogni dieci in Europa  Le regioni con pi&ugrave; alto consumo di idrocarburi e a pi&ugrave; alta urbanizzazione risultano dallo studio anche quelle con il maggior fardello di morti correlate alle polveri sottili. Sia negli Stati Uniti sia in Europa un morto ogni dieci nel 2018 sarebbe avvenuto per mano di questo killer invisibile, l&#39;aria che inaliamo, ma la percentuale sale a quasi uno ogni tre in estremo Oriente, inclusa la Cina la cui qualit&agrave; dell&#39;aria sta s&igrave; migliorando ma ha ancora concentrazioni troppo alte.    Maggiore &egrave; l&#39;esposizione alle polveri sottili, maggiore &egrave; dunque il tasso di mortalit&agrave; tanto che su scala mondiale supera le morti per tabacco sommate a quelle per malaria come fa notare Oliver Milman su The Guardian. &laquo;I rischi di inalare queste particelle, note come PM2.5, sono ben documentati.&quot; - spiega la dottoressa Eloise Marais della UCL, coautrice della ricerca: &quot;Il nostro studio si aggiunge alla crescente evidenza che l&rsquo;inquinamento atmosferico derivante dalla continua dipendenza dai combustibili fossili &egrave; dannoso per la salute globale. Non possiamo in buona coscienza continuare a fare affidamento sui combustibili fossili, quando sappiamo che ci sono effetti cos&igrave; gravi sulla salute e alternative praticabili e pi&ugrave; pulite&quot;.  Dobbiamo accelerare  &quot;Abbiamo bisogno di un&#39;azione pi&ugrave; immediata&quot; - prosegue sempre la dottoressa Marais - &quot;Alcuni governi hanno posto obiettivi di decarbonizzazione ma forse dobbiamo raggiungerli pi&ugrave; velocemente visto l&#39;enorme danno alla salute pubblica. Abbiamo bisogno di maggiore urgenza&quot;.  &quot;Spesso, quando discutiamo dei pericoli della combustione di combustibili fossili, &egrave; nel contesto della CO2 e dei cambiamenti climatici e trascuriamo il potenziale impatto sulla salute degli inquinanti co-emessi con i gas serra&quot; - aggiunge il coautore Joel Schwartz, Professore di epidemiologia ambientale ad Harvard. Questo studio vuole essere &quot;un messaggio chiaro ai responsabili politici e alle parti interessate sui vantaggi di una transizione verso fonti energetiche alternative&quot;.  Powerpaste, la soluzione dell&#39;IFAM per le due ruote a idrogeno 

Uno studio dell&#39;Universit&agrave; di Harvard, di Birmingham e di Leicester e all&#39;University College London su dati del 2018 riporta l&#39;attenzione sugli effetti devastanti del PM 2,5 rilasciato dalla combustione di idrocarburi.

Il &quot;killer invisibile&quot;: le PM 2,5 causano 8,7 milioni di morti all&#39;anno

        Continua la lotta al rumore provocato dai motori delle motociclette in Germania. Era iniziato tutto con una campagna lanciata la scorsa estate dal dipartimento di polizia di Baden-W&uuml;rttemberg, comune non lontano da Stoccarda, prendendo spunto dalle contromisure adottate in Francia nello stesso periodo con il radar M&eacute;duse. Avevano aderito 30 comuni alla &ldquo;protesta&rdquo;, oggi se ne aggiungono altri 80.  RALLENTARE, GRAZIE La questione &egrave; stata sollevata dalle zone che ospitano i paesaggi &ldquo;motociclistici&rdquo; pi&ugrave; frequentati, che soprattutto nel weekend si riempiono di centauri per le consuete uscite in sella. Le contromisure per ovviare a quello che per i residenti rappresenta un vero e proprio problema acustico si sono tradotte nell&rsquo;installazione di fonometri lungo le strade interessate. I dispositivi registrano i decibel prodotti dai motori e sono collegati a un display luminoso, che si pu&ograve; comportare in due modi: se la moto indagata rispetta i limiti di rumorosit&agrave;, il suo pilota viene ringraziato con un &ldquo;Danke&rdquo; scritto in verde; in caso il rombo sia oltre il massimo consentito, il motociclista viene avvisato di &ldquo;Leiser&rdquo;, cio&egrave; di diminuirlo. Non si tratta di una norma perseguibile con sanzioni, bens&igrave; una comunicazione che intende consigliare una guida pi&ugrave; prudente e rispettosa. NUOVE PROPOSTE I nuovi comuni che hanno aderito all&rsquo;iniziativa intendono proporre misure aggiuntive per questo annoso problema: chiedono modifiche ai requisiti di omologazione, sanzioni pi&ugrave; severe per punire la rimozione del dB killer, divieti di circolazione nel weekend e nei giorni festivi. Non sappiamo come si evolver&agrave; la situazione e se saranno istituite delle norme ad hoc, ma intanto la lotta dei residenti sta facendo molto&hellip; rumore. MADMAX C20B, streetfighter con la turbina da elicottero &nbsp;       

Dopo la campagna della scorsa estate, altri 80 comuni hanno aderito e dichiarano guerra ai motori dal rombo eccessivo. Al momento dei fonometri registrano i dB, i residenti chiedono sanzioni e divieti

Germania, lotta alle moto: troppo rumorose

        Era stato gi&agrave; anticipato a inizio 2018, ma oggi &egrave; diventato realt&agrave;: in Francia inizia la lotta all&rsquo;inquinamento acustico provocato dalle due ruote. Il sistema radar 'M&eacute;duse' &egrave; stato piazzato su un albero della strada D91 di Saint-Forget, nel dipartimento degli Yvelines, e si presenta come l&rsquo;antidoto pensato dai transalpini per combattere il rumore. Vi spieghiamo come funziona e come incider&agrave; sulla viabilit&agrave;, soprattutto perch&eacute; tra non molto tempo potrebbe diffondersi in tutta Europa e anche in Italia. IL RADAR &ndash; M&egrave;duse &egrave; un sistema in grado di rilevare il rumore con quattro microfoni, che monitorano dieci volte al secondo gli impulsi sonori che arrivano dalle vicinanze. Gli impulsi vengono associati, in base alle loro frequenze, a macchinari che riescono a fare una mappa tridimensionale della fonte di rumore. A quel punto, basta un sistema di telecamere per individuare il mezzo da cui scaturisce il rumore e quest&rsquo;ultimo diventa sanzionabile. M&eacute;duse scatta foto della strada interessata ogni 15 minuti. PRIMO DI TANTI &ndash; Il radar apposto a Sain-Forget non &egrave; l&rsquo;unico ad entrare in funzione in questo periodo: sono state disposte altre due prove, per le prossime settimane, a Parigi e a Villenueve-le-Roi. La Francia ha scelto il suo nemico e deciso di porre un rimedio netto: il test &egrave; iniziato il 15 luglio e per 18 mesi M&eacute;duse rimarr&agrave; di guardia sulle strade designate. Il codice della strada, al momento, stabilisce che la soglia di rumore producibile dai mezzi di trasporto non pu&ograve; essere superiore agli 80 decibel, per quanto riguarda le grosse cilindrate e 91 decibel per una Harley-Davidson. DISAGI - La strada D91 &egrave; stata scelta perch&eacute; rappresenta un punto critico dell&rsquo;inquinamento acustico. Il sindaco Jean-Luc Jannin ha espresso contrariet&agrave; facendosi carico delle lamentele degli abitanti della zona, dato che il tratto &egrave; spesso scelto dai motociclisti per misurarsi ad alte velocit&agrave; proprio sulla D91 soprattutto la notte, approfittando dell&rsquo;assenza delle forze dell&rsquo;ordine. I cittadini devono quindi convivere con i costanti rombi di motore, indifferenti alle sanzioni previste dal codice della strada. SANZIONI - Secondo la legge francese, infatti, &egrave; vietato intervenire in qualsiasi modo sul silenziatore della moto, pena una multa di 135 euro per qualsiasi emissione di rumore che provochi disagi alla comunit&agrave;. La Francia fa sul serio, dunque, e la sensazione &egrave; che presto questa contromisura valicher&agrave; i confini transalpini per estendersi anche agli altri paesi.       

Era stato anticipato l&rsquo;anno scorso, ora il sistema di rilevamento del rumore provocato dalle moto entra in funzione sulle strade transalpine e presto potrebbe essere introdotto anche in altri paesi europei

Francia, entra in azione il radar Méduse con le moto nel mirino

La Francia non ama le moto, questo &egrave; poco ma sicuro. Dopo aver interdetto la circolazione nel centro di Parigi alle moto immatricolate prima dell&#39;anno 2000 - e la proibizione entra in vigore proprio oggi, 1&deg; giugno - dal vicesindaco di Parigi Christoph Najdovski, incaricato ai trasporti, &egrave; arrivata un&#39;altra dichiarazione d&#39;intenti poco favorevole alle due ruote motorizzate. Il progetto, infatti, &egrave; quello di far pagare i parcheggi agli utenti di moto e scooter con motore termico.  &quot;Dal mio punto di vista rendere a pagamento il parcheggio per le moto con motore termico &egrave; necessario per ottenere un indirizzamento verso la mobilit&agrave; elettrica&quot;, ha sottolineato il vicesindaco.  Christoph Najdovski ha evidenziato che le due ruote motorizzate sono considerate responsabili di circa il 50% delle emissioni inquinanti di monossido di carbonio nell&#39;Ile-de-France e che sono considerate come la prima fonte di inquinamento acustico, secondo un&#39;inchiesta realizzata fra i parigini. &nbsp;Inoltre, anche il &quot;parcheggio selvaggio&quot; sui marciapiedi &egrave; vissuto male dalla popolazione.  La Federazione Francese dei Motards en Col&egrave;re, ovvero dei &quot;motociclisti arrabbiati&quot; ha contestato che la circolazione in moto contribuisce a fluidificare il traffico e quindi a ridurre le emissioni inquinanti. E oltretutto &egrave; stato osservato che la misura di proibire la circolazione alle moto antecedenti al 2000 va a pesare su chi non ha la possibilit&agrave; di acquistare una moto pi&ugrave; recente. &nbsp;Allo stesso modo anche il parcheggio a pagamento andrebbe a gravare su chi usa le due ruote per non incidere troppo sul bilancio familiare.  Il vicesindaco Najdovski si &egrave; riservato di decidere sulle rivendicazioni dei Motards en Col&egrave;re. 

Oggi al centro di Parigi scatta il divieto di circolazione per le moto antecedenti al 2000. E potrebbero arrivare anche i parcheggi a pagamento.

Parcheggio moto a pagamento in Francia?

        Alla fine i Vespisti di Genova hanno ottenuto ragione: tutto &egrave; nato all&rsquo;inizio dell&rsquo;anno con un&rsquo;ordinanza comunale che avrebbe vietato l&rsquo;ingresso in centro citt&agrave; alle due ruote a due tempi. Un&rsquo;iniziativa anti-smog che avrebbe avuto un effetto diretto e pesante sulla mobilit&agrave; di circa 20.000 genovesi, per la maggior parte felici possessori di Vespa d&rsquo;epoca. Questi ultimi si sono mobilitati, tanto da suscitare l&rsquo;attenzione di testate internazionali, come il Guardian e il Daily Mail.  L'ORDINANZA E' STATA MODIFICATA - Sia per quanto riguarda il via dei divieti &ndash; che da aprile &egrave; slittato a giugno &ndash; sia per gli orari in cui non si potr&agrave; entare in centro a Genova con un mezzo a due tempi. L&rsquo;ultima versione prevede infatti un divieto di circolazione per le auto euro 0 ed euro 1 e le moto euro 0 a due tempi in un&rsquo;area che include gran parte del centro cittadino ma in fasce orarie: dalle 7 alle 9, dalle 12 alle 14 e dalle 17 alle 19. Inoltre, le Vespe a due tempi e le auto pi&ugrave; vecchie potranno circolare se iscritte ai registri dei veicoli storici. "Non varr&agrave; - spiega l&rsquo;assessore comunale all&rsquo;Ambiente Italo Porcile al Secolo XIX - l&rsquo;iscrizione alle associazioni o ai club, ma solo quella ai cinque registri storici riconosciuti per legge: Fmi e Asi, Fiat, Lancia e Alfa Romeo". Gli hashtag per seguire la vicenda sono questi: #lamiavespanonsitocca #genovasu2ruote #liberodiandarealavorare #respiriAmogenova       

I Vespisti hanno protestato con successo contro un'ordinanza del Comune di Genova che vietava la circolazione agli Euro 0 due tempi

La rivolta delle Vespe

Dal 1&deg; gennaio 2016 entrer&agrave; in vigore l'introduzione della normativa Euro 4, ovvero la legge 168/2013, standard che sui ciclomotori arriver&agrave; un anno dopo. Per questi ultimi, infatti, per le emissioni inquinanti dallo scorso luglio &egrave; in vigore la normativa Euro 3.  Gli standard Euro4 per le due ruote resteranno in vigore fino al 2020, quando verranno sostituiti dall'Euro5. Lo standard &egrave; obbligatorio per tutte le nuove omologazioni a partire dal 1&deg; gennaio 2016, appunto, anche se alcune Case hanno gi&agrave; anticipato l'applicazione della normativa. E' importante sottolineare per tutto il 2016 potranno comunque essere vendute le moto e gli scooter gi&agrave; omologati Euro3 entro la fine di quest'anno.  Ecco cosa cambia.  L'introduzione della Euro 4 ha stabilito nuovi limiti in termini di inquinamento acustico e da gas di scarico: sono stati tolti 3 decibel, &egrave; stato aumentato il volume degli impianti di scarico e l'efficienza dei catalizzatori, oltre che di altri sistemi di controllo delle emissioni, ed &egrave; stato introdotto il canister per catturare i vapori di benzina.  La normativa stabilisce anche l'obbligo dell'impianto frenante dotato di ABS per i motocicli di cilindrata superiore a 125 cc. Fanno eccezione i 125, per i quali &egrave; previsto un sistema chiamato c-ABS con frenata combinata. Le moto dovranno essere dotate anche di una presa diagnostica OBD (on board diagnostic) accessibile a qualunque meccanico e allo stesso proprietario. E' quanto gi&agrave; avviene in campo auto. Una norma che ha richiesto di modificare adeguatamente l'impianto elettrico e i sistemi di autodiagnosi, al fine di rendere gli intervalli di manutenzione pi&ugrave; regolabili ed accessibili a meccanici non specializzati.  I motocicli con omologazione Euro 4 dovranno superare un &ldquo;Test di durabilit&agrave;&rdquo;, costituito da test ripetuti a percorrenze previste. Il Costruttore dovr&agrave; quindi garantire una percorrenza entro la quale non ci sar&agrave; decadimento della qualit&agrave; delle componenti e del veicolo.  Per i 125 cc il test di durabilit&agrave; &egrave; a 20.000 km, che arriva a 35.000 km per gli oltre 125. I km saranno 11.000 per i ciclomotori, ma solo a partire dall'1 gennaio 2017. Le moto "specialistiche", come enduro o trial, avranno il test di durabilit&agrave; rispettivamente a 11.000 e 5.500 km.  Nella foto in apertura, la KTM 690 Duke, prima moto ad essere stata omologata Euro4 dalla Casa di Mattighofen.  Fiammetta La Guidara

Dal 1&deg; gennaio 2016 entrer&agrave; in vigore l'introduzione della normativa Euro 4. Novit&agrave; per l'inquinamento acustico e da gas di scarico, ma non solo

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