Dall’Asia centrale all’Italia, il viaggio in moto del Cicca e la Sere #2

Dall’Asia centrale all’Italia, il viaggio in moto del Cicca e la Sere #2

Un raid affascinante e avventuroso, un lento "ritorno" in moto attraverso le 1.000 suggestioni dell’Asia centrale. La seconda tappa, alla scoperta del Palmir 

FRANCESCO CICCARELLO (PUBBLICAZIONE A CURA DI DIEGO D'ANDREA)

05.09.2018 08:46

LA VITA IN QUESTI LUOGHI È MOLTO DIVERSA DALLA NOSTRA. Solo poche case hanno la linea elettrica, ancora meno una parabola per ricevere la TV. Le abitazioni sono fatte di mattoni di sabbia e fieno, il bagno è un buco per terra in un casottino esterno e la luce in casa arriva fino alle dieci, solo grazie all’uso di batterie da auto o di un piccolo generatore a benzina (per i più fortunati). Si dorme a terra su soffici materassi, infilati dentro “sacchi” che ricordano vagamente i nostri piumoni. In casa si sta senza scarpe, tranne le madri e le nonne, che calzano alti stivali lucidi per rispettare l'abbigliamento tradizionale. Non esistono tavoli o sedie ma piccoli palchi rialzati sui quali condividere i pasti seduti per terra. Il modo in cui queste persone condividono le poche risorse con chi siede allo loro tavola e quella mano sul cuore con cui sono soliti salutare, aprono gli occhi sul vero significato della parola ospitalità.

TORNIAMO ALLA HOME STAY e nella confusione delle chiacchiere con alcuni viaggiatori, sentiamo arrivare altre moto, incredibilmente hanno targhe australiane. Sarà Kim a raccontarci del loro viaggio: partiti dall’Australia con un gruppo di sei moto, spedite a Vladivostok, dopo varie vicissitudini si sono ritrovati a viaggiare in soli due equipaggi: Kim con sua moglie e un altro viaggiatore dal nome incomprensibile. Hanno attraversato la Siberia e girovagato per la Mongolia, proseguiranno per gli “Stan” e poi via fino in Europa dove, in Portogallo, prenderanno il volo di ritorno verso casa. Nessun vincolo temporale. Le moto le venderanno prima di rientrare.

LA MATTINA SEGUENTE ci mettiamo in marcia molto presto. Lungo la strada iniziamo a scorgere i primi yak al pascolo. Qui non ci sono alberi e i prati rappresentano l’unica forma di vegetazione. Voliamo sul tetto del mondo mentre le marmotte si nascondono al passaggio della moto e finalmente eccoci: il secondo passo carrozzabile più alto del mondo. Per noi, l'Ak-Baital o passo del Cavallo Bianco (4.655 mslm), rimane il punto più alto mai raggiunto in moto. Pensavamo di patere di più l’altitudine, e invece, solo un po' di respiro affannato.

DOPO IL PASSO INCROCIAMO UNA MACCHINA TARGATA ITALIA. Alessandro è partito ad Aprile dall’Emilia a sua Citroen C3 ed è prossimo al giro di boa. Ci dice che ha evitato il Wakhan perché troppo duro con una vettura normale, mentre la tratta di M41 che passa a nord non gli è sembrata troppo difficile. Ci salutiamo. Davvero strano trovare da queste parti qualcuno che abita a pochi km da casa tua.

POCO PIÙ AVANTI IL SECONDO INCONTRO DI GIORNATA. Sul ciglio della strada, un uomo a bordo di un vecchio sidecar della Ural con motore boxer. E’ carico di Tersken, cespugli a ricrescita lenta ma che bruciano velocemente, usati dai locali per scaldarsi. Ci dice che ha bisogno di benzina, mentre agita tra le mani banconote per pagarci. Lo aiutiamo cedendogli i 3 litri che conserviamo nella tanica di scorta. Non manca molto a Murghab e il carburante che abbiamo nel serbatoio è sufficiente. Ci spiega che sta portando i cespugli ai pastori nomadi, che rimangono nelle yurte a badare alle greggi. Per noi la ricompensa più bella non sono i soldi, che gentilmente rifiutiamo, ma la sua gioia nel ringraziarci e salutarci.

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