Test Ducati Multistrada V4 S 2025, crossover hi-tech

Con un’ulteriore iniezione di tecnologia, la nuova Multistrada diventa ancora più confortevole e intuitiva, senza perdere un briciolo di sportività

Test Ducati Multistrada V4 S 2025, crossover hi-tech

Alessandro CodognesiAlessandro Codognesi

Pubblicato il 28 ottobre 2024, 16:06 (Aggiornato il 30 ott 2024 alle 14:49)

Multistrada V4 2025: LA PROVA

Possiamo dirlo senza timore di smentita: la Ducati Multistrada V4 S era già una moto al vertice della categoria, per prestazioni, tecnologia, comfort. Eppure i tecnici sono intervenuti in molte aree, e guarda un po’, proprio dove serviva. Per esempio sull’ergonomia: sulla precedente Multi ti accomodavi e trovavi un ambiente accogliente, ma forse un po’ obbligato. Sulla sella non c’era grande libertà di movimento. La nuova sella è più confortevole ma soprattutto più spaziosa, lasciando così più margine per trovare la posizione corretta in base alle proprie misure. E poi l’abbassatore, che di fatto rende una moto da oltre 260 kg (con valigie e pieno di benzina) più accessibile. Chi è alto non ne percepirà forse i reali benefici, ma chi ha leve corte si sentirà parecchio aiutato, soprattutto nelle insidiose manovre a bassa velocità. Il resto dell’ergonomia è confermato, quindi: schiena eretta, manubrio largo e basso (forse un po’ lontano dal busto), pedane centrali e correttamente distanziate dal piano seduta. Le vibrazioni sono contenute e la protezione aerodinamica è ottima: quella garantita dal serbatoio alle gambe è eccellente, quella del plexi buona (anche se ai più alti rimangono fuori il casco e gran parte delle braccia, anche nella posizione più alta del plexi; il sistema di regolazione invece è un esempio di funzionalità e pulizia).

TI PORTA PER MANO

Una moto dunque immediatamente più accessibile e amichevole (ovviamente non stiamo parlando di rivoluzioni), grazie anche a una risposta del gas e in generale a un’elettronica veramente allo stato dell’arte. La risposta del gas alle piccole aperture è davvero ben gestita, sembra realmente un comando collegato direttamente alle sinapsi del pilota, che in questo modo può davvero centellinare ogni singolo Nm da spedire alla ruota. Soltanto ai bassissimi regimi, per intenderci sotto i 2.500, il V4 non è ancora il riferimento di elasticità, e al pilota arriva qualche leggero scuotimento. Capita l’antifona comunque, basta superare tale soglia per avere tutta la fluidità che si può desiderare. Discorso valido anche per il quickshifter, morbidissimo a basse andature ma comunque rapido, e per i freni, dal comando molto modulabile. Convince meno invece il sistema di frenata integrale, in particolare la funzione rear-to-front: se siete poco più che esperti, probabilmente vi infastidirà il fatto che, utilizzando il freno posteriore per aiutarvi in curva, qualcun altro al vostro posto decida di azionare anche il freno anteriore. Nulla di drammatico, beninteso, anche perché scrollando un attimo nei menù si può facilmente disattivare (cosa che ho fatto dopo i primi tornanti affrontati con un po’ di brio).

CUORE LEONE

Oltre che per l’elevatissimo livello di tecnologia, però, la Ducati Multistrada V4 la acquisti prima di tutto per come si guida, per provare quel brivido che soltanto gli oggetti più esclusivi possono trasmettere. E lei sembra non vedere l’ora. Il motore, per esempio, è un vero capolavoro di ingegneria. Come sono riusciti a trasformare un animale da corsa in un propulsore educato, forte e perfettamente a suo agio nella guida stradale? Magie dell’elettronica, ma non solo. C’è qualcosa di primitivo nella forza di questo 4 a V, dai 4 ai 9.000 giri e anche oltre (ma davvero servono quegli ultimi 2.000 giri?) spinge con un’energia paragonabile solo alle moderne superbike; eppure, è come se fosse tutto controllato, semplice. Come se si fossero acquisiti degli speciali super-poteri per gestire le altissime velocità. L’erogazione senza sosta può tra l’altro contare su un quickshifter davvero rapido e preciso.

Anche la ciclistica è superlativa. Pur essendo una moto pesante, l’ottima distribuzione dei pesi e la taratura azzeccata delle sospensioni riescono a darti quella fiducia per guidare come ti pare. Ti senti la moto in mano, da subito. Le semiattive poi riescono nel compito per cui sono state progettate, ovvero allargare il range di versatilità (rigide o morbide quando serve), senza restituire sensazioni artificiali. Hai un avantreno solido in ingresso curva, ma anche una moto capace di sorvolare su quasi tutti gli ostacoli e rimettersi in assetto in pochi attimi. Proprio a riguardo di quest’ultima capacità, ovvero il riuscire a copiare gli ostacoli, le Marzocchi della Multi con il loro Skyhook sono arrivate a un livello paragonabile alle Showa semiattive (utilizzate per esempio da Kawasaki e ultimamente anche Suzuki), un riferimento di raffinatezza e funzionalità. In condizioni meteo veramente pessime (ha piovuto tutta la giornata di test) ho apprezzato particolarmente la loro capacità di far muovere la moto quel tanto che basta per farti sentire il (poco) grip dell’asfalto e allo stesso modo offrire un buon sostegno in caso di frenate importanti.

BRAVA DUCATI

Ducati ha fatto bene a non spingersi ancora più in là con le prestazioni. In questo modo la Multi rimane un’incredibile moto da turismo, estremamente versatile e prestazionale, ora ancora più confortevole e tecnologica. Sarà la nuova regina del segmento? Stiamo già organizzando una comparativa per scoprirlo…nel frattempo, brava Ducati.

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