Il colosso cinese, sbarcato da poco in Italia, ha già una gamma di moto completissima. Interessanti le due 550, una scrambler e una naked, che sfruttano la stessa piattaforma e propongono una ricetta sfiziosa
Parto dalla QJ SRV 550, che si rivela subito molto accogliente.
Non dà l’effetto motoretta, soprattutto per via di una seduta rilassata. La sella è molto accogliente, morbida e spaziosa, il manubrio largo e lontano il giusto dal busto, le pedane ben distanziate dal piano seduta. Peccato per l’ampio raggio di sterzo, che obbliga a prenderci un po’ le misure con le inversioni, e per alcune disattenzioni sui dettagli.
I cavi del faro posteriore a vista, il rivestimento della sella non proprio perfetto…In movimento però convince, prima di tutto per il suo motore. Lo sappiamo, questo bicilindrico lo vedremo a lungo su tantissimi modelli, ma già su questa SRV si rivela un compagno gradevole.
Non vibra, non scalcia e non borbotta; al contrario, eroga i suoi 48 CV in maniera molto fluida, con una curva di erogazione piatta e piacevole. Non emoziona ma spinge con convinzione, sempre. Ed è ben intonato al carattere della moto. Accusa giusto un po’ di on-off quando si riprende in mano il gas a centro curva, quello sì. Attorno al motore è cucita una ciclistica giusta per il genere. Con quote ciclistiche così aperte (32° l’inclinazione del cannotto) è più rotonda che svelta, ma forcella e mono sono ben tarati e soprattutto sono accordati tra loro.
È morbida ma non cedevole.
Bene anche il freno anteriore, potente e ben modulabile, male quello posteriore (non pervenuto!). Alla fine, sul taccuino ho segnato giusto qualche dettaglio da poter migliorare, tra cui il cambio, morbidissimo ma poco preciso, la strumentazione poco visibile sotto i raggi del sole e la mancanza dei cerchi a raggi (magari calzati da pneumatici semi-tassellati).
Se sulla SRV è tutto comodo e rilassato, salire in sella alla QJ SRK 550 ti fa capire subito che qui la storia è diversa. Intanto è tutto più piccolo, miniaturizzato. Se la SRV dà l’impressione di essere una moto grande, con la SRK, invece, hai a che fare con una piccola-media cilindrata.
Tutto è a portata di mano e in verità non c’è molto spazio in sella.
Se superi il metro e ottanta ti troverai con le ginocchia un po’ in gola e le braccia piuttosto racchiuse. Rispetto alla sorella scrambler ovviamente si è anche più caricati sul davanti, una posizione di guida che invita a cercare un paio di curve giuste per guidare come si deve. E in effetti, la SRK non vedeva l’ora.
Ha un avantreno davvero solido, come dev’essere su una naked sportiva. Anche lei non è così agile, però ha sospensioni sostenute, che non affondano repentinamente e che garantiscono una guida precisa, gustosa.
E anche il motore, libero dalle briglie dei limiti per la A2, è più in forma. Lo noti subito, appena giri tutto il gas. Dove la SRV spinge morbida, la SRK scatta in avanti, per poi allungare con decisione. Il rovescio della medaglia però è che vibra un po’ di più…Rispetto alla scrambler è una moto più reattiva e stabile, e dotata tra l’altro di un migliore raggio di sterzo.
Un appunto sull’elettronica è che…le mappature sono decisamente simili, mentre il controllo di trazione, quando interviene, è piuttosto invasivo (e forse non così necessario con queste potenze); ottimo, invece, il sensore di pressione degli pneumatici. Anche nel caso della SRK la strumentazione manca di luminosità, mentre la presa USB è dotata anche di type C (ma è messa in una posizione un po’ particolare, sotto al serbatoio).
3 di 3
Link copiato