Due bellissime moto per una sfida, anche di filosofia, che alla fine ha premiato la Ducati: è stata lei a passare il turno e ad andare in finale, proprio per la capacità di far andare forte chiunque, con una grande facilità di guida. Hai subito la sensazione di avere la moto in mano, non c’è un periodo di apprendistato, la prendi e vai come se fosse tua da sempre. La senti molto leggera (pesa 18 kg meno della precedente!) grazie al telaio monoscocca e a questo motore non più desmo, con il quale Ducati ha voluto cambiare rotta rispetto al precedente Testastretta: stesse prestazioni, ma più facilità.
E ci sono riusciti, perché la V2 S è un mix favoloso di tutto questo: una moto che esalta le capacità di guida senza richiedere nulla in cambio e con un feeling assoluto trasmesso dalla ciclistica. Nella finale sarà una di quelle che si potranno giocare davvero le zone alte della classifica.
Guardando i dati e i voti in pagella, la Stelvio ha perso sotto quasi tutti i punti di vista, ma in realtà ha tanto da dire e le sue carte vincenti non si riescono a estrapolare dai numeri. Ha un modo di andare molto diverso, il motore c’è perché i cavalli sono quelli della Multistrada, non va piano; quello che cambia è il modo di usarli: lei non vuole forzare la guida, non vuole la staccata all’ultimo metro. Eppure, la frenata della Stelvio è ottima, addirittura superiore alla Multistrada, per l’assetto che rimane sempre molto piatto. La guida che richiede la Stelvio è diversa, vuole rotondità, chiede tempi un po’ più lunghi nell’ingresso curva e nei cambi di direzione. Si sente il peso in più, siamo a quasi 40 kg di differenza con tutto montato, e si sentono; c’è più inerzia, più massa. Lei ha bisogno di più tempo, però poi, se entri nel suo mondo e non provi a portarla in un altro a lei poco congeniale (quello della guida spinta), allora ti regala puro piacere: un modo di andare rilassato, ma non per questo lento, anzi. Corri svelto, ti diverti e hai sempre una sensazione rassicurante di avantreno piantato e stabilità rigorosa. In più, un’elettronica a punto ti assiste a dovere in ogni fase dalla guida, grazie innanzitutto all’ABS che ha funzione cornering.
Difficile, però, battere la Multistrada V2 S: la ciclistica bilanciata, la comunicativa, la rapidità nei cambi di direzione sono di un altro livello e restano valori positivi sia spingendo sia andando a spasso.
È importante sottolinearlo, perché nell’Alpen Masters non stiamo cercando la moto che va più forte sui passi di montagna, o quella che ti regala più adrenalina, ma quella più efficace globalmente, dalla guida, anche sportiva, all’efficacia della frenata, al turismo, inteso come ore in sella, al comfort, al feeling, alla facilità di approccio. La Stelvio resta una moto che ha carattere, è più fisica, ha più inerzia anche nell’erogazione del motore: non scala il contagiri in modo così fulmineo, ma in quel lasso di tempo ti dà spinta e gusto. Siamo in un momento in cui l’elettrico viene avanti e un motore che pulsa è un qualcosa che trasmette emozione.
Detto questo, sul piano del comfort, alla fine la Stelvio se l’è giocata, perché la sella è molto comoda, lo spazio per le gambe, anche per i più alti, non manca, la protezione aerodinamica è garantita da un plexiglass con regolazione elettrica (anche sulla Multistrada è regolabile, però a mano).
Alla fine la formula “poco più di 100 CV poco oltre 200 kg” crediamo sia sempre quella che da più di vent’anni ti regala qualcosa di unico, in termini di polivalenza d’uso. Ovvio, non sono solo questi due numeri a definire una moto, ma è certo che se una moto ha questi numeri è già sulla buona strada.
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