Prova Moto Guzzi V8: in pista con una leggenda!

Prova Moto Guzzi V8: in pista con una leggenda!

Abbiamo provato il gioiello dell'Ing. Carcano sul tracciato di Goodwood: 79 CV a 12.500 (con allungo fino ai 16.000) e una velocità massima al periodo di 280 Km/h. Numeri da favola per una racer da sogno

Alan Catchart

13.08.2021 ( Aggiornata il 13.08.2021 10:08 )

Moto Guzzi V8: Tecnica

Moto Guzzi ha costruito sei motociclette complete con il V8 raffreddato ad acqua con alesaggio e corsa di 44 x 41 mm per una cilindrata di 498,73 cc. Le due bancate di cilindri hanno un angolo compreso di 90º su un basamento monoblocco in magnesio fuso, che incorporava anche il cambio con trasmissione primaria a ingranaggi. Una soluzione avveniristica per il tempo, copiata da Ducati 30 anni dopo nella produzione del suo primo motore Superbike V-twin da 851 cc, è la fusione del basamento che prevedeva il perno scanalato bronzato di 40 mm di diametro per alloggiare il forcellone così da aumentare la rigidità strutturale. Il motore pesava solo 56 kg, compresi gli otto carburatori e le camere del galleggiante, e misurando solo 460 mm consentiva alla moto con carenatura di essere più larga di soli 30 mm rispetto al mono campione del mondo nella 350. Il peso era incredibilmente contenuto in soli 137 kg a secco con aerodinamica completa (134 kg con aerodinamica parziale), solo 5 kg in più della monocilindrica Norton Manx con carenatura simile!

Cambiare i getti non era facile, bilanciarli ancora più difficile. Nonostante il lavoro pionieristico di Moto Guzzi con testate a quattro valvole fin dal 1924 sui mono da 500 cc, Carcano optò per una soluzione convenzionale a due valvole per il V8, per evitare di complicare ulteriormente quello che era già un design miniaturizzato estremamente intricato.
Ogni valvola utilizzava doppie molle elicoidali Alba ed era azionata direttamente dalle camme tramite punterie a tazza, alla fine con 6,5 mm di alzata per la stagione 1957 (precedentemente 6 mm), un cambiamento apparentemente minore che secondo Carcano ha dato una notevole potenza extra, se combinato con nuovi e più aggressivi profili delle camme. Ma era orgoglioso che il V8 fosse così trattabile nell'uso tanto che un giorno del 1956 riuscì a guidarlo personalmente con una targa prova fissata al sedile lungo la statale che attraversava il centro di Mandello.

I quattro alberi a camme in testa - due ciascuno per bancata di cilindri - erano azionati da un treno di sei ingranaggi a denti diritti racchiusi in una scatola di distribuzione sul lato destro del motore, con un unico grande pignone. Il design originale del V8 di Carcano utilizzava un cambio a sei marce, perché si temeva che un motore che girava così alto avrebbe avuto un range di potenza ristretto. I primi test hanno dimostrato il contrario, risultando ottimo dai 7.000 giri a 11.000 giri. Per risparmiare peso e migliorare gli attriti, Moto Guzzi passò per il 1956 a un cambio a quattro marce. Si optò per un compromesso nel 1957 con un cambio a cinque marce, abbinato sempre a una frizione a secco di soli sette dischi – tre metallici e quattro frizionati, e la trasmissione primaria ad ingranaggi.
Infine, gli otto tubi di scarico separati da 27 mm di diametro, ciascuno di una lunghezza di 600 mm.

Il telaio è un tubolare con elemento centrale di 85 mm di diametro in acciaio al cromo-molibdeno, con doppia culla in acciaio duplex a doppio tubo obliquo che supporta il motore, un telaietto posteriore triangolato e il forcellone oscillante fulcrato nel basamento, controllato da doppi ammortizzatori Girling con 94 mm di escursione. La forcella è una Lead-link, il marchio di fabbrica di Guzzi, utilizzata per la prima volta sul Gambalunga 500 dieci anni prima: offre 103 mm di escursione grazie ai lunghi ammortizzatori idraulici Girling. Per i freni a tamburo abbiamo invece pattini singoli contrapposti da 220 mm: la ruota anteriore a raggi da 19 pollici sfoggia un cerchio in lega Borrani largo 2,25 pollici, quella posteriore era originariamente un 20 pollici. Il peso a secco della moto completa era di appena 137 kg con la carenatura interamente in alluminio battuta a mano sviluppata nella famosa galleria del vento Moto Guzzi, con i condotti laterali che portavano l'aria al radiatore. Il peso scendeva a 134 kg con la carenatura a “delfino” impiegata nel 1957 nelle ultime gare della moto. Questa venne sviluppata in vista delle normative FIM che vietano le carenature integrali a partire dal 1958. La grande carenatura venne sostituita anche per venire incontro alle lamentele dei piloti che trovavano critica la maneggevolezza in curva. Probabilmente, non aiutava nemmeno il massiccio serbatoio da 34 litri necessario per permettere di terminare i lunghi Gran Premi.

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