A ben vedere si parla di un desiderio antico come la storia dell'uomo (non necessariamente motociclista): rivivere le emozioni che hanno segnato il passato. È in questa atmosfera carica di aspettativa che prima Honda poi Suzuki hanno deciso di riportare in vita due icone tra le supersportive che sembravano ormai condannate dai numeri del mercato e dalle poco indulgenti normative Euro 5 e Euro 5+. Parliamo di due "nomi sacri" per gli smanettoni: la GSX-R1000R e la CBR600RR. Entrambe sono tornate sul mercato italiano dopo anni di assenza, non certo per rincorrere una moda, ma certamente per celebrare un patrimonio di vittorie e di sogni condivisi.
Immaginate il 1985: la piccola, scattante GSX-R750 faceva sobbalzare i cuori al sound inconfondibile del suo motore a quattro cilindri. Quarant’anni dopo, Suzuki riprende quel filo sottile che unisce generazioni di piloti e lo intreccia con le tecnologie più avanzate. Nascono così le livree “heritage” della GSX-R1000R 2026: il profondo Blu che evoca la 750 d’esordio, il Rosso acceso di Kevin Schwantz (qui si poteva fare qualcosa di più) e il Giallo solare delle stagioni indimenticabili tra le derivate targate Alstare. Non si tratta di mero stile, ma di un racconto in colori di gesta che tanti ricordano.
Dall’altra parte del garage, Honda rimette nel 2024 la CBR600RR sulle strade europee. Chi guida la “seicento" dell'Ala dorata percepisce subito il richiamo delle origini: guida affilata, un motore da 119 CV che canta fino a 14.500 giri. Ma è il salto tecnologico a suggellare il ritorno: elettronica di ultima generazione, IMU a sei assi, traction control a nove livelli, quickshifter di serie. È come ritrovare un vecchio amico e scoprirlo cresciuto, più maturo, ma capace ancora di regalarti quella gioia da adolescenti.
Non basta schiacciare l’acceleratore: l’heritage va sentito con la pelle, respirato nell’aria dei track-day, vivificato nello sguardo di chi osserva la moto prima di tuffarsi verso una strada tutta curve o tra i cordoli della pista. Ogni dettaglio è curato per far vibrare le corde del ricordo: il logo GSX-R ben inciso sul serbatoio, il badge commemorativo sulla carena. Honda, con la stessa cura, richiama le tonalità più amate delle CBR di inizio Duemila oltre che linee immutate. Come un - vogliamo immaginare forse un po' ingenuamente - ponte tra ieri e oggi.
Siamo troppo poetici? Dietro c'è solo un'operazione commerciale tutto sommato conveniente? Può darsi, d'altra parte le Case le moto le fanno per vendere, ma...
Riportare in listino due sportive “pure” e da qualche stagione spartite, immolate sull'altare delle emissioni è molto più di un semplice aggiornamento tecnico: è una mossa che sembra unire ragione e sentimento. Da un lato, c’è la necessità di rispettare normative sempre più stringenti (Euro 5+), un costo di sviluppo non trascurabile. Dall’altro, c’è la consapevolezza di rivolgersi a una community di appassionati che non cerca solo prestazioni, ma ha ancora un legame intimo con la storia del marchio.
È quindi una mossa “di pancia” perché attinge a un affetto genuino, e “di testa” perché coglie un’opportunità di mercato: restituire al pubblico due modelli cult quando concorrenti come Yamaha (almeno per il momento, ma chissà...) hanno scelto di rinunciarvi. In questo equilibrio fra cuore e cervello, Suzuki e Honda dimostrano - in questo contesto sportivo - di voler guardare al futuro senza fuochi d'arttificio, senza "sciabolate" di costose bollicine d'annata; senza dimenticare lo zoccolo duro degli smanettoni che, nonostante l'epoca dominante di naked e crossover, è ancora vivo e lotta insieme a tutti noi.
Test honda CBR600RR, LE FOTO DELLA PROVA
Per molti aspetti, la nuova Honda CBR600RR è un tuffo in un passato che non c’è più, ma che forse abbiamo sbagliato a dimenticare. L’abbiamo provata in pista a Portimao, ecco le foto della prova
Guarda la gallery
Link copiato