Storie di moto: la Bianchi "Raspaterra" di Lino Tonti

Storie di moto: la Bianchi "Raspaterra" di Lino Tonti

Progettato dall'ingegnere di Cattolica non appena arrivò in azienda nel 1960, contribuì alla vittoria del marchio nelle corse

Redazione - @InMoto_it

09.01.2023 16:36

Se pensiamo a Bianchi la mente ci porta al marchio di biciclette italiane considerato fra i più prestigiosi e storici nel settore. Eppure Bianchi prima di dedicarsi esclusivamente alle bici si occupava anche delle moto, alcune delle quali diventate anche molto importanti. Fra i modelli considerati più di successo, prima di arrestarne la produzione, ci sono l'Aquilotto e il Tonale 175, che avevano una distribuzione a catena e monoalbero, poi diventate versione da competizione grazie a Sandro Colombo.

Sempre sulle corse, Bianchi aveva corso fra il 1955 e il 1956 con la Stelvio 175, altro modello che si ricorda, e che aveva colto dei risultati talmente buoni da correre poi nella classe 250 l'anno successivo. Nel 1959, con la supervisione del nuovo capo dell’Ufficio Tecnico, ingegnere Lino Tonti (che annoverava già esperienze in Mondial e Paton), la Bianchi produce le 250, 350, 500 Bicilidriche bialbero che segnano il ritorno alle competizioni con Remo Venturi e Silvio Grassetti; progetta la MT61, motocicletta destinata all’Esercito Italiano, lo scooter Orsetto 80 e la Sila 175, motoleggera di intonazione sportiva. Fra i tanti prodotti realizzati ce n'è un altro rimasto nella storia del marchio, un progetto sempre a firma dell'ingegnere Lino Tonti.

Il progetto "Raspaterra"

L'ingegnere decise di realizzare due nuove moto da cross con cilindrate di 250cc (vittorioso ad Avigliana con Emilio Ostorero) e 350cc, alimentate da due versioni di un nuovo motore a 4 tempi 5 marce, con distribuzione doppio albero a camme comandate da alberello e coppia conica che ingranava sull'asse a camme di aspirazione. La lubrificazione era a carter umido e aveva la doppia accensione, con un'erogazione di potenza decisamente rabbiosa tanto da essere denominate “Raspaterra”, per i solchi nel terreno che scavavano ad ogni manata di gas.

Venne poi realizzata una ulteriore versione, di 400 cc che segnava una potenza record (al periodo) di 38 CV. Il tutto imbrigliato in una ciclistica con telaio in tubi e triangolatura di rinforzo nella zona cannotto. Tanto "ben di Dio" che però non riuscì ad ottenere i risultati sperati, propprio a causa di una erogazione sfavorevole ai bassi rrgimi (era un motore bivalente, usato anche nella velocità cara a Tonti, e che mal si prestava ai terreni del cross).
Successivamente, a causa della crisi del settore motociclistico che colpì gli anni Sessanta, la Bianchi ebbe gravi problemi finanziari che culminarono nel 1964 con la dichiarazione di liquidazione della società. Vennero svendute le motociclette, i ciclomotori e i ricambi, e il reparto corse chiuse i battenti.  Nel 1977 ci fu poi la cessione definitiva della produzione di moto Bianchi.

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