La pubblicità delle moto: dal machismo di un tempo al politicamente corretto

La pubblicità delle moto: dal machismo di un tempo al politicamente corretto

La malizia è negli occhi di chi guarda o noi motociclisti abbiamo peccato di machismo? Come sempre la verità sta nel mezzo. La motocicletta è libertà, questo la salverà da ogni accusa

Nicolò Bertaccini

19.09.2022 11:07

ESAGERAZIONI OPPOSTE

Abbiamo sicuramente esagerato, appese alle pareti delle officine sono finite fotografie di cui non ricordiamo neppure più il brand promotore, abbiamo guardato con lussuria pubblicità in cui la moto era il pretesto. Però adesso ne stiamo pagando il prezzo. Non sarà un prezzo troppo alto, penseranno giustamente in molti ma il fatto è che non credo che abbia alcun volore di risarcimento.  Bisognerebbe liberarsi delle ipocrisie, dovremmo imparare che non sempre l'espiazione è la via per il miglioramento. Fortunatamente abbiamo intrapreso una strada, almeno dal punto di vista del mondo moto, virtuosa. Ancora una volta il DNA intriso di libertà e anticonformismo della motocicletta ha avuto il sopravvento. Le strade si sono riempite di motocicliste che sono tornate ad appropriarsi di un mezzo che è perfetto per rivendicare certi diritti. Il tentativo machista di privarle della libertà di un giro in moto è fallito e adesso finalmente si può rivendicare il proprio genere, la propria appartenenza senza alcun compromesso. La moto è il mezzo di tutti, per tutti. Non serve il politically correct per affermarlo, è insito nel mezzo.

Preserviamolo, lasciamo da parte mercificazione inopportune da un lato e limiti espressivi stringenti dall'altro. La moto è libertà e in questo può essere un bell'esempio per la società. Chissà, forse il reale vantaggio è che finché indossiamo un casco spesso è difficile capire chi ci sia sotto.

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