Guida in città: dove il più grosso ha sempre ragione

Guida in città: dove il più grosso ha sempre ragione

Guidare in India, o solo attraversare la strada, è un’esperienza indimenticabile. L’anarchia regna sovrana e le moto sono un mezzo insostituibile, tra una moltitudine di veicoli, oggetti e animali che si muovono senza ansia all’unisono

27.03.2023 10:28

“Out there... everythink will try to kill you. Pay attention!”. Inizia così il briefing che ci venne fatto, un paio di mesi fa, in vista del test programmato per il giorno dopo durante il lancio stampa della nuova Royal Enfield Super Meteor 650. “Là fuori, ogni cosa proverà a uccidervi!”... più o meno questa la traduzione della frase scandita chiaramente, tra il serio e il faceto, dalla nostra guida indiana prima del tour programmato sulle strade nei dintorni di Jaisalmer, nel profondo Rajasthan, a un centinaio di chilometri dal confine con il Pakistan.

Già, tra le tante particolarità dell'India c'è il traffico. Beh, verrebbe da rispondere, anche nelle nostre città non si scherza... Si, certo, ma il nostro, in qualche misura rispetta una logica, ha delle regole, è condensato in orari ben precisi. Insomma, è prevedibile. La differenza sostanziale è che quello indiano è anarchia pura, è imprevedibilità, è follia. Con l'aggravante che si compone di tutto ciò che l'essere umano ha creato (dall'alba dei tempi) per spostarsi e per movimentare oggetti. Ma non solo di quello... 

Guidare in India, ecco le foto

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Sulle strade indiane c’è di tutto: ma quello che sorprende è la quantità di mezzi a due o tre ruote presenti. Nelle città, ma anche nella campagna (ovviamente in misura minore per la minore densità abitativa), a fianco degli immancabili rickshaw a pedali o a motore e delle biciclette, le moto sono il mezzo di trasporto più diffuso e popolare

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India e il traffico: cose dell’altro mondo

Ma la parola “traffico” non rende nemmeno lontanamente l’idea di quello che accade ogni minuto sulle strade indiane, una lotta per la sopravvivenza di darwiniana memoria capace di spaventare anche il più scafato dei pendolari di casa nostra. In India non sembrano esserci regole se non quelle della fisica e della… selezione naturale. La più importante? Il più grosso ha diritto di vita e di “morte” sul più piccolo! Il camion vince sull’autobus, che a sua volta manifesta le sue “ragioni” fisiche sul furgone che si fa largo sulla macchina, che comanda sul rickshaw… e così via fino ad arrivare al pedone che – molto semplicemente – non ha alcun diritto. Sostanzialmente è solo un intralcio. La strada è un girone dantesco con confini indefiniti, un palcoscenico in cui ogni veicolo, ogni essere vivente (di qualsiasi specie sia…), ogni oggetto conosciuto ha uno spazio in cui esistere e in cui trovare una piccola ragion d’esistere.

Questa anarchia è però pervasa da un salvifico sentimento di pazienza e rassegnazione. Che si tramuta in una condotta di guida quasi dolce, gentile. Nessuno si ferma davvero a un incrocio o a una intersezione: nessuno regala una precedenza perdendo quei 10 cm di spazio guadagnato col sudore della fronte e l'abilità di insinuarsi in pertugi impossibili. Tutti però si muovono all'unisono danzando sul filo dei millimetri senza mai toccarsi, in una danza che permette comunque al flusso del traffico di avanzare. È una regola non scritta che permette di evitare ogni anno decine e decine di morti per incidenti, o almeno questa è la nostra interpretazione da educato utente occidentale. 

La moto, un utilissimo strumento

Sulle strade indiane c’è di tutto: ma quello che sorprende è la quantità di mezzi a due o tre ruote presenti. Nelle città, ma anche nella campagna (ovviamente in misura minore per la minore densità abitativa), a fianco degli immancabili rickshaw a pedali o a motore e delle biciclette, le moto sono il mezzo di trasporto più diffuso e popolare. E quando si dice “mezzo di trasporto” è proprio quello che si intende. Se in Italia, in Europa, più in generale in Occidente, la motocicletta è diventata nel corso dei decenni una passione, in oriente è elevata allo status di strumento di lavoro, da utilizzare tutti i giorni per gli spostamenti di persone e oggetti. Hai cinque galline da portare al mercato? La sorella da accompagnare dall'amico? Due metri cubi di paglia da vendere? Pali da sistemare in cantiere? Devi andare al tempio con tua moglie e i tre figli? Nessun problema, fuori di casa c’è una bella moto da 100, 150, 200 cm3 che aspetta di essere accesa. Poi basta qualche corda, un po’ di pazienza e mestiere per fissare tutto sul sellino posteriore. O magari occorre semplicemente stringersi un po’ per starci tutti… il resto è vita vissuta.

Come detto, la cilindrata media dei mezzi che invadono ogni giorno le strade indiane è di circa 125-150, massimo 200 cc; naked essenziali e maneggevoli, curate quanto basta, spinte da inesauribili monocilindrici raffreddati ad aria e resistenti all’inverosimile. Qui non si cambia moto per vezzo: gli indiani la consumano fino a quando i pezzi non stanno più insieme da soli. E non è un modo di dire… Di officine vere e proprie, con tanto di garage, attrezzi e meccanici, non se ne vedono molte: guardandosi intorno si possono invece notare decine di strani personaggi sporchi di grasso e olio che, sfruttando qualche metro quadro di marciapiede o di asfalto, smontano, saldano, limano, rimontano, aggiustano - in un ciclo senza fine - qualsiasi veicolo a due ruote. Nelle città più grandi (ma anche nei centri minori) ci sono intere vie adibite a questa attività. Spesso ornate di cataste di veicoli che ormai hanno dato tutto (e magari continuano a dare... pezzi di ricambio soprattutto).

Attenzione alle mucche, ai cani e agli... Indiani

Nelle strade extraurbane, quelle che abbiamo affrontato in sella alla Royal Enfield, lo spazio aumenta (anche per la presenza ai lati di ampi spazi di fuga sterrati che all'occorrenza vengono utilizzati) ma l'anarchia resta. Le velocità medie dei mezzi sulla carreggiata aumentano, la densità di veicoli diminuisce, ma la tensione rimane. L'imprevedibile è sempre lì, dietro ogni curva. Può materializzarsi con una cunetta non segnalata (magari alta 20 cm e tutt'altro che arrotondata), una crepa (voragine?) nell'asfalto, un cane randagio, una piccola mandria di mucche sacre che hanno precedenza su tutto. O un trattore che traina un rimorchio di fieno largo quanto due corsie.

Per non parlare poi dei sorpassi che quasi sempre non tengono conto di chi arriva nell'altro senso di marcia. Il pensiero dell'autista indiano di turno, dopo aver invaso l'altra corsia, è sempre lo stesso... “in qualche maniera ne esco, troverò lo spazio, insomma, si sposteranno...”. E il bello è... che accade proprio così! Chi magari si ritrova un autobus di fronte, in sorpasso, senza troppi patemi d'animo, rallenta, si sposta, lascia sfilare. E così accade anche a quelli che subiscono il sorpasso e magari vengono “chiusi” nella loro corsia dal mezzo che rientra. Un gioco di incastri, un balletto, in cui nessuno sembra realmente preoccupato o infastidito. Nessuna parola grossa, nessun gestaccio.

La vita che fluisce, scorre, si adatta a ciò che la circonda. Senza troppa ansia. E col sorriso stampato in volto, quello degli indiani alla guida.

In moto nel traffico di una città indiana: ecco come è andata

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Ma la parola “traffico” non rende nemmeno lontanamente l’idea di quello che accade ogni minuto sulle strade indiane, una lotta per la sopravvivenza di darwiniana memoria capace di spaventare anche il più scafato dei pendolari di casa nostra. In India non sembrano esserci regole se non quelle della fisica e della… selezione naturale. La più importante? Il più grosso ha diritto di vita e di “morte” sul più piccolo!

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