Tutti gli appassionati di motori hanno almeno un ricordo legato al tre ruote da lavoro con il cassone. Con l'interruzione della produzione a Pontedera, si chiude un capitolo culturale importante
Cosa ha tre ruote e un cassone?
Tutti, anche i più piccoli, risponderebbero immediatamente "L'Ape". Perchè al di là dell'oggettiva diffusione del tre ruote Piaggio ai giorni nostri, il suo rivoluzionario e unico concetto di mezzo di trasporto e lavoro rimane ancorato nell'immaginario collettivo di tutti gli Italiani.
In redazione, tutti abbiamo dei ricordi d'infanzia e adolescenza legati all'Ape, ed è così per moltissimi nati dagli anni '90 in giù. Lo zio, il nonno, il vicino di casa, le prime e scorrette esperienze di guida a bordo di un mezzo che con le ruote dispari poteva diventare una pericolosa trappola pronta a ribaltarsi in ogni curva o salita.
Nella memoria è ancora nitido il ricordo di mio padre che, uscendo dal cantiere, mi chiede se voglio provare a guidare la sua Ape TM 703, quella diesel con il volante al posto del manubrio e con capacità di carico fino a 9 quintali. Un mulo da lavoro con un motore 422cc dal sound inconfondibile che riconoscerei fra milioni di altri.
Ma perchè tutto questo affetto? Perchè il sottoscritto e altri malati di motori sono così legati a questo economico e buffo furgoncino a tre ruote? Forse perchè il concetto di gran lavoratrice e di compagna fedele dell'Ape - a volte identificata come parte della famiglia - va ben oltre la semplice natura pragmatica del mezzo, ma si lega indissolubilmente a ricordi di famiglia, persone a cui abbiamo voluto bene e che non ci sono più, o momenti di vita spensierata di bambini curiosi e già appassionati di mezzi di trasporto.
È nata nel 1948 come una semplice declinazione a tre ruote della Vespa , ma si è evoluta con un percorso parallelo e tantissime versioni per gli utilizzi più disparati. Tre milioni di vendite in oltre 100 paesi non sono bruscolini ed è grazie a lei se i risciò asiatici a "trazione umana" si sono poi evoluti in tuktuk.
Ogni volta che un'Ape passa davanti ai nostri occhi, ci fa sorridere e ci trasmette un senso di pace e serenità, è il simbolo della vita semplice e del lavoro onesto e di un'epoca che facciamo fatica a metterci alle spalle, nella quale i valori erano strettamente legati alla famiglia e alla dignità di lavorare per portare la pagnotta in tavola ogni giorno.
Un concetto che forse non esiste più, in un mondo dove anche i più piccoli artigiani hanno pick up e grandi furgoni e dove i ragazzini, piuttosto che guidare le Ape 50, preferiscono sedere su costosissime, comode e tecnologiche microcar. Nell'era dove la semplicità e la praticità sono state sostituite dall'immagine e dalla necessità di ostentare, l'Ape non trova più spazio.
E nonostante la poco velata critica sociale, non possiamo far altro che accettare la fine di una dinastia come tante. Quando ci affezioniamo a qualcosa o qualcuno vorremmo durasse per sempre, ma la verità è che tutto è in costante cambiamento e ogni singolo momento è bello finchè dura.
Con l'interruzione della produzione di Ape in Italia si chiude una pagina di cultura popolare che l'ha esaltata a vero e proprio pezzo di Italia autentica, simbolo degli anni più radiosi della nostra storia recente. La palla passa all'India, che continuerà a produrre lei e tutti i suoi "cloni" fino al giorno in cui anche loro volteranno pagina verso qualcosa di nuovo... magari un po' più stabile in curva.
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