Ad Eicma vennero tolti i veli ad una delle moto più importanti di fine secolo che segnò una svolta per le sportive di serie. Ad oggi paga il declino delle race replica ma resta una sigla che ha fatto e fa man bassa di apprezzamenti
Arriva la rivoluzione dettata dall'adozione del motore a scoppi irregolari in stile MotoGP. La R1 uscita quell'anno, oltre a prestazioni esaltanti, offriva tantissimo in termini di guida, performance elevate in pista grazie anche ad un completo rifacimento del telaio e nuovo forcellone con diversi leveraggi per il mono. Vi fu un incremento di peso (206 Kg), 6 kg in più rispetto al precedente modello.
La R1 del 2009 era una moto decisamente riconoscibile: senza vederla arrivare si percepiva la sua presenza in relazione al caratteristico, inconfondibile, sound allo scarico dovuto alla particolare fasatura dell'albero motore a croce (Crosso Plane).
Il suo project leader, Tojoshi Nishida, al periodo dichiarava: “Se la prima versione puntava tutto sulle prestazioni assolute, nel corso degli anni gli utenti hanno iniziato a chiedere di sfruttare al meglio la potenza. Nelle competizioni i motori a scoppi regolari devono funzionare al meglio gli alti regimi, per un motore di serie il rendimento di deve ottimizzare su tutto l'arco della erogazione”.
Ricordiamo che il quattro cilindri Yamaha aveva intervalli di scoppio di ogni cilindro non più a 180° ma secondo un ordine di 270°-180°-90°-180° grazie ai quali si otteneva un'erogazione e caratteristiche di coppia più lineari nel funzionamento. Con questa nuova R1 i tecnici scelsero anche di introdurre il D-Mode grazie al quale era possibile scegliere tre differenti tipi di mappatura dell'acceleratore a comando elettronico YCC-T. In abbinamento restava, come nella precedente versione, il sistema YCC-I (il comando elettronico dei condotti di aspirazione ad altezza variabile). Il nuovo motore ora segnava una potenza massima di 182 CV a 12.500 giri.
Rinnovato come detto il telaio Deltabox rivisto sia nel bilanciamento che nella rigidità. Il motore tornava ad essere elemento stressato, montato di 9° in più in verticale, con il blocco cilindri ruotato in avanti di 31° e il basamento era avanzato di 12 mm.
Una moto insomma tutta nuova sottolineata anche da un'estetica rivoluzionata anche se da questo punto di vista non colpì particolarmente la fantasia degli appassionati in termini di linea, anche per (de)merito dei due voluminosi silenziatori sottosella. A livello di prestazioni il salto ci fu coniugando notevoli doti di ripresa ad una motricità nettamente migliore rispetto alla R1 del 2008.
Nel 2009 Iwata porta a casa il primo allora tra le derivate in SBK: con il pilota americano Ben Spies la Yamaha arrivò al trionfo dopo averlo sfiorato solo in passato con Haga e la YZF-R7 e Fabrizio Pirovano con la FZR OW-O1.
Yamaha YZF-R1 2009: irregolarità al potere
La R1 uscita quell'anno, oltre a prestazioni esaltanti, offriva tantissimo in termini di guida, performance elevate in pista grazie anche ad un completo rifacimento del telaio e nuovo forcellone con diversi leveraggi per il mono. Vi fu un incremento di peso (206 Kg), 6 kg in più rispetto al precedente modello. La R1 del 2009 era una moto decisamente riconoscibile: senza vederla arrivare si percepiva la sua presenza in relazione al caratteristico, inconfondibile, sound allo scarico dovuto alla particolare fasatura dell'albero motore a croce (Crosso Plane).
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