Ha segnato la storia sportiva della Casa di Tokyo e ha regalato a Valentino Rossi l’ultimo mondiale della 500. Ripercorriamo le vicende di questa incredibile serie di modelli oltre a saggiarne le prestazioni in sella!

Honda NSR 500: la prova (e la storia) di una belva d'altri tempi

<p><strong>Il 2021 verrà ricordato a lungo in MotoGP</strong>. Il ritiro di <strong>Valentino Rossi</strong>, e il 20° anniversario delle ultime, incredibili 500 GP a due tempi. Proprio in sella a una di queste, la <strong>NSR500</strong>, Vale vinse nel 2001 il suo primo titolo nella major league.</p>

<p>Dopo aver fallito nel 2000, Honda aveva sete di vendetta. I<strong>l campione del mondo in carica Alex Crivillé ottenne soltanto una vittoria. Un risultato pessimo per qualunque squadra, figuriamoci per un’azienda come Honda</strong>. Ma come fu possibile tutto ciò?</p>

<h2>BELVA DA ADDOMESTICARE</h2>

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<p>Come ci spiegarono a suo tempo gli ingegneri HRC durante il test della moto campione del mondo con Crivillé, i tecnici pensarono di ottenere maggiore potenza nella zona alta del contagiri, contrastando così lo strapotere della Yamaha YZR500 in uscita di curva. <strong>I risultati però non furono esaltanti: i piloti Honda si trovarono a dover gestire una moto dall’erogazione feroce, con grandi problemi di trazione</strong>. Era quasi impossibile mettere a terra tutti quei CV e la durata dei pneumatici era compromessa. La potenza ai medi era relativamente ridotta, rendendo difficile per i piloti sentire la leggendaria connessione tra gas e ruota. <strong>Se ne rese conto immediatamente anche chi scrive durante il test organizzato a Motegi nell’ottobre del 2000.</strong> Chiedemmo al presidente dell’HRC Yasuo Ikenoya come fosse possibile una cosa del genere. "<em>Abbiamo commesso un errore nello sviluppo della 500</em> – ci confessò all’epoca – <em>e soltanto ora stiamo recuperando il ritardo nei test del nuovo modello per il 2001. Il problema principale per i nostri piloti è la trazione in uscita di curva. Ora però abbiamo trovato la direzione giusta: a breve capirete di cosa parlo</em>". </p>

<p><strong>Risolvere queste mancanze in breve tempo era tuttavia impossibile, perciò il team HRC tamponò la situazione utilizzando il pacchetto motore/telaio del ’99, riuscendo così a finire la stagione 2000 dignitosamente. </strong></p>

<h2>Poi arrivò Valentino, e le cose cambiarono</h2>

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<p>A partire dal giorno successivo all’ultima gara, in Australia, Rossi iniziò a testare una NSR500 profondamente rivista. Aveva un aspetto diverso, anche per una diversa disposizione dei cilindri e degli scarichi con espansione più lunga e sottile, a testimonianza delle pesanti modifiche interne. Queste includevano anche nuove teste dei cilindri, curve delle valvole di scarico differenti oltre a 4 nuovissimi carburatori Keihin doppio corpo di 36 mm Ø con sensori elettronici, per monitorare la posizione dell’acceleratore e altri parametri. Oltre a questo, c’era anche un nuovo telaio, simile a quello utilizzato sul bicilindrico a V della Honda SP-1 di Colin Edwards, vincitore del Mondiale Superbike. <strong>Questo permetteva un posizionamento del motore più arretrato, rispondendo alle lamentele di Rossi per l’eccessivo slittamento della gomma posteriore in uscita di curva, contrastando così il vantaggio della Yamaha in accelerazione.</strong> Grazie anche ai nuovi elementi del basamento, il nuovo V4 esprimeva la bellezza di 195 CV a 12.500 giri, circa 7 in più della moto del 2000. Inoltre, per ottenere la posizione di guida preferita da Valentino, venne installato un nuovo telaietto posteriore che alzò la sella. </p>

<h2>IN SELLA ALLA V4 2T</h2>

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<p>La diversa posizione di guida tra il modello 2000 e quello 2001 fu evidente: ci si ritrovava sopra (e non dentro) la moto, di una leggerezza e di un’efficacia surreale. Bastava toccare i freni per fermarsi in pochi istanti, anche grazie ai dischi in carbonio Mitsubishi di 320 mm Ø lavorati da pinze Brembo radiali. <strong>Ma oltre alla frenata, anche in percorrenza la NSR500 era incredibile per un bilanciamento dei pesi perfetto, che la rendeva estremamente controllabile. </strong></p>

<p>Se paragonata ad esempio alla Superbike di Edwards, molto instabile in frenata, la NSR si accucciava senza battere ciglio e senza alcun tipo di freno motore. È interessante notare come Valentino non utilizzasse il freno posteriore a pollice a differenza ad esempio di Doohan o di Crivillé, e questo si rifletteva poi nel suo stile di guida, incentrato sulla scorrevolezza e sulla velocità in curva. <strong>Scorrevolezza che permetteva di utilizzare una marcia più alta di quanto ci si sarebbe aspettato e questo era sicuramente uno dei segreti del successo di Valentino</strong>. Che vinse dominando la stagione. </p>

<p>Un’altra caratteristica stupefacente della NSR era l’erogazione pastosa, nonostante la potenza siderale. Rispetto ai modelli precedenti, infatti, la transizione attorno ai 10.000 giri era decisamente meno brusca, anche se la spinta che arrivava era ancora più intensa di prima. <strong>Come per i due modelli precedenti, il V4 Honda era un cosiddetto “screamer”; utilizzava cioè manovelle a 180° con due conseguenti detonazioni uniformemente distanziate</strong>. La perdita di potenza del 5% dovuta alla nuova benzina senza piombo tolse un po’ di verve al V4, ma grazie anche al costante miglioramento della gestione elettronica questo permise di avere un’erogazione più fluida e meno esplosiva. La potenza massima veniva erogata a 12.500 giri, ma conveniva cambiare marcia un attimo prima e sfruttare i possenti medi regimi. <strong>Un’esperienza avvincente e seriamente elettrizzante, soprattutto quando la ruota anteriore non ne voleva sapere di toccare terra in seconda, terza e... sì, anche in quarta marcia. </strong></p>

<p>I 18 anni di carriera della NSR500, sempre ai vertici della classifica, ne fanno un punto di riferimento nei GP. La vittoria di Rossi nel GP del Brasile 2001 ha segnato la fine dei giochi per i motori a 2T nella massima categoria. <strong>Ma qual è la storia delle NSR?</strong></p>

<p><strong>Gira pagina e ripercorriamo anno dopo anno la loro evoluzione</strong></p>

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<h2>1984</h2>

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<p><strong>Honda celebra il suo primo titolo mondiale in 500 nell’era moderna con la tre cilindri NS500 nel 1983, sconfiggendo la Yamaha di Kenny Roberts.</strong> Per l’anno successivo si concentrarono però sul rincorrere la potenza, ed ecco che arrivò il motore 4 cilindri a V di 90°, ben diverso da quello di Yamaha con doppio albero motore controrotante o da quello con layout quadrato della Suzuki (che aveva vinto il titolo mondiale nel 1981/82). Inoltre, Honda opta per un layout del telaio estremo per la debuttante NSR500, con il serbatoio del carburante sotto il motore e l’espansione degli scarichi in alto. Il risultato è una moto sicuramente più potente della NS500, ma anche molto meno gestibile.<br />
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Nonostante le difficoltà, Fast Freddie porta la moto alla sua prima vittoria nel GP d’Italia, ma la guida è così incontrollabile che chiede di poter guidare ancora la sua vecchia NS500: vince il seguente GP di Germania – evento piuttosto imbarazzante per gli ingegneri Honda.<strong> Uno dei maggiori problemi è il baricentro basso dato dall’installazione del motore “rovesciato”, che riduce il trasferimento di peso in frenata e accelerazione, ma compromette l’aderenza.</strong> Senza contare la difficoltà per i meccanici nel cambiare le candele, troppo vicine agli scarichi roventi. È quindi un miracolo che Freddie riesca a vincere quattro GP in sella alla moto nella sua stagione di debutto, tutti su piste veloci e scorrevoli dove i problemi di trasferimento del peso non sono così evidenti.</p>

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<h2>1985</h2>

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<p>Honda ridisegna completamente la NSR500, che per la prima volta ha la livrea Rothmans e non più soltanto con i colori Honda. Tutto nuovo è il telaio, di fatto il primo a doppio trave convenzionale. Inoltre, ci sono modifiche al motore per migliorare l’erogazione. Risultato: Spencer riconquista il titolo mondiale della 500. Domina la stagione vincendo sette dei 12 GP di quell’anno, finendo secondo in altri tre. Non solo, raddoppia il titolo conquistando anche il campionato delle quarto di litro con la NSR250, in quella che rimane una delle più grandi imprese della storia. Purtroppo, lo sforzo necessario a queste vittorie lascia Freddie Spencer affetto da tendinite: a causa di ciò non vincerà più un titolo mondiale.</p>

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<h2>1986</h2>

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<p>Honda ridisegna il telaio della NSR500, spostando il motore in avanti per ridurre il sottosterzo e migliorare l’aderenza della ruota anteriore. L’unico pilota Honda dopo i problemi fisici di Spencer però è Wayne Gardner, che con il suo stile aggressivo ottiene tre vittorie nella sua stagione di debutto, che gli valgono il secondo posto nel mondiale.</p>

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<p>Honda introduce quello che sembra essere l’unico grande cambiamento nell’architettura di base del motore V4 nei suoi 18 anni di vita: viene aumentato l’angolo tra i cilindri, che passa da 90° a 112 ° – esattamente come sulla vecchia NS500. Ciò consente di spostare i carburatori Nissin all’interno della V, che a sua volta lascia più spazio per i cornetti di aspirazione della valvola lamellare. Il risultato è una potenza più consistente ed erogata in modo più fluido. Per diminuire il sottosterzo poi, i tecnici Honda sviluppano un albero motore che ruota in avanti, oltre ad aggiungere un albero di bilanciamento per contrastare le vibrazioni. Gardner vince 7 gare e si aggiudica così il titolo mondiale.</p>

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<h2>1988</h2>

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<p>Wayne Gardner e gli ingegneri HRC lavorano sodo per difendere il titolo. Il telaio viene abbassato e la geometria modificata per migliorare la maneggevolezza a bassa velocità; tuttavia non funziona e nonostante sette diversi design per il telaio, Wayne alla fine perde contro Lawson e Yamaha riconquista il titolo.</p>

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<h2>1989</h2>

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<p>La NSR500 va di male in peggio. Con una mossa che stupisce il mondo delle corse, Eddie Lawson passa a Honda, diventando così il primo campione del mondo in carica a passare da un’azienda giapponese all’altra. Arriva però troppo tardi per prendere parte allo sviluppo. Se la moto dell’88 era ostica, la NSR500 dell’89 è un mostro. Il telaio infatti non è in grado di sfruttare i 170 CV del V4 a 112°. </p>

<p>Durante la stagione vengono sviluppati decine di telai nel disperato tentativo di irrigidire la struttura, ma non se ne esce. "Guidarla è come scommettere con la morte: ogni volta che giri il gas in uscita di curva, non sai se ne uscirai vivo". Incredibilmente però, Lawson punta sulla costanza e riesce a portare a casa il titolo.</p>

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<h2>1990</h2>

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<p>Da pessima a brillante. Con Lawson comprensibilmente tornato alla Yamaha, Honda rinnova completamente la NSR per il duo Gardner-Doohan grazie anche alle indicazioni del capotecnico, Jerry Burgess. Il nuovo telaio è buono, ma la sua geometria viene gradualmente perfezionata durante la stagione e il peso ridotto per avvicinarsi per la prima volta al limite di peso minimo, 115 kg. Cambiano anche le caratteristiche del motore: viene utilizzata una configurazione chiamata “Two-Up”, con le coppie opposte dei cilindri che detonano insieme (manovelle a 180°), invece del classico layout a 90° utilizzato finora. Grazie anche a questo, Doohan vince il suo primo GP in Ungheria, in rotta verso il terzo posto nel mondiale dietro la Yamaha di Wayne Rainey.</p>

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<h2>1992</h2>

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<p>Sulla nuova NSR arriva il motore Big Bang, con i 4 cilindri che ora girano a circa 70° di rotazione dell’albero motore e che consentono al pneumatico posteriore di riguadagnare aderenza tra ogni detonazione. Ciò aumenta notevolmente la vita del pneumatico ed è per questo che Honda viene copiata dagli altri costruttori. Il nuovo ordine di accensione rende l’erogazione molto meno esplosiva, rendendo a sua volta la potenza dell’NSR500 più accessibile anche ai piloti meno esperti.</p>

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<h2>1993</h2>

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<p>In assenza di Doohan per infortunio, gli ingegneri HRC commettono l’errore di voler cercare più potenza a scapito però della guidabilità, e il compagno di squadra Darryl Beattie non ha né l’esperienza né l’autorità per correggerli. Il risultato è che Doohan torna zoppicando a bordo della moto e la definisce “una schifezza” – opinione confermata dagli scarsi risultati in gara, soltanto due vittorie. Kevin Schwantz riporta finalmente il titolo mondiale a Suzuki.</p>

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<h2>1994/95/96</h2>

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<p>Sono gli anni del dominio di Doohan, grazie alla sua insistenza con gli ingegneri per tornare alle specifiche della moto del 1992 e perfezionarla gradualmente, piuttosto che cercare miglioramenti drammatici ogni nuova stagione: evoluzione, non rivoluzione. La potenza è subordinata alla guidabilità, la scorrevolezza in curva è più importante della velocità massima in rettilineo.</p>

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<h2>1997</h2>

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<p>La NSR ormai è talmente facile che gran parte dei piloti riescono a guidarla bene… tanto che Alex Crivillé riesce a battere qualche volta Doohan (che vince il suo quarto titolo) a parità di condizioni.</p>

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<h2>1998/99</h2>

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<p>Doohan arriva a quota cinque Mondiali nel 1998 e l’anno dopo cerca di riconfermarsi chiedendo per la prima volta in otto anni un nuovo telaio, per cercare di aumentare ancora di più la velocità in curva. Ma un grave infortunio a Jerez stronca la sua carriera, e il suo “apprendista” Alex Crivillé vince il titolo.</p>

<p><strong>2000 - </strong>Gli ingegneri HRC cadono nella trappola di cercare più potenza; ma la moto ha un’erogazione talmente feroce che non si riesce ad avere trazione. Un vicolo cieco, ed è per questo che il team ufficiale decide di tornare al pacchetto motore e telaio del 1999 dopo le prime due gare. <strong>Ma è troppo tardi e Roberts con la Suzuki vince il mondiale. Poi arriva Vale... ma questa è tutta un’altra storia.</strong></p>

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<p>Ha segnato la storia sportiva della Casa di Tokyo e ha regalato a Valentino Rossi l’ultimo mondiale della 500. Ripercorriamo le vicende di questa incredibile serie di modelli oltre a saggiarne le prestazioni in sella!</p>
