Voxan: la tormentata storia di un marchio francese

Voxan: la tormentata storia di un marchio francese

A metà degli anni '90 nacque la prima casa motociclistica 100% francese in grado di produrre modelli di grossa cilindrata. Nella sua breve storia ci sono stati due fallimenti e altrettante rinascite, vale la pena fare un excursus

09.02.2021 ( Aggiornata il 09.02.2021 10:03 )

La Voxan (con l'accento sulla A) nacque nel 1995 a Issoire, cittadina francese della regione del Rodano, dall'estro di un facoltoso appassionato di nome Jacques Gardette, che aveva l'intenzione di creare il primo marchio francese di maxi moto in grado di competere con gli italiani e i giapponesi. La sua ispirazione, però, arriva da oltremanica dove John Bloor aveva da poco ripreso in mano con grande successo il marchio Triumph con una serie di moto moderne ma ispirate al passato del motociclismo più glorioso.

Inizio titubante

Voxan: storia del marchio francese FOTO

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In Francia, a metà degli anni '90, si puntò a far nascere il primo marchio transalpino di moto di grossa cilindrata. Dopo due fallimenti e una eterna crisi di identità, la Voxan esiste ancora ma sono in pochi a conoscere la storia di queste moto

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La prima moto uscita dagli stabilimenti Voxan è stata la Roadster, una naked dalle linee morbide che - nonostante una certa personalità - non ha fatto impazzire stampa e motociclisti, con un design originale ma disomogeneo. Quello che veramente aveva valore di questo primo esperimento era la parte tecnica, un bicilindrico a V di 72 gradi e 100CV (limite di potenza previsto dal governo francese) sviluppato dalla Sonoco. L'estetica granitica di questo motore faceva il paio con un bellissimo telaio con doppio trave tubolare a passaggio alto, ancorato al cannotto e al forcellone con delle rifinite piastre di alluminio. Con una base così si poteva sognare una gamma di moto ampia, che non tardò ad arrivare.

L'attenzione internazionale con la Cafe Racer

La moto del lancio definitivo a livello internazionale fu la Cafe Racer 1000, che finalmente offriva qualche spunto originale in tema di design. Linee morbidissime, curve su curve a creare una moto senza linee dritte che ha conquistato alcuni e disgustato altri, ma non è passata di certo inosservata. I punti forti sono il cupolino con doppio faro tondo e la doppia linea arrotondata creata dal serbatoio al raccordo con la sella e dal codino.

Peccava in finiture e cura dei dettagli, ma l'equipaggiamento tecnico con forcella Paioli e freni Brembo non era male e si guidava molto bene. Dire che fu un successo è troppo, ma fu una moto che permise a Voxan di essere presa finalmente in considerazione, con l'importazione nel resto d'Europa e un piano di crescita convincente, sulla linea di quello che Triumph fece in Inghilterra pochi anni prima.

VB1, supersportiva "à la française"

A seguito della Cafè Racer l'azienda di Gardette volle stupire con la VB1, una supersportiva che condivideva la stessa base tecnica della sorella, ma in declinazione supersportiva e con lo stile curato dalla Boxer Design di Thierry Henriette, già famoso atelier francese da anni attivo nel mondo automotive. Il risultato fu degno di nota, uno stile convincente e filante, massiccio e personale, che però non lanciò definitivamente il marchio nel mondo, anzi...

I conti in quel di Issoire cominciavano a tingersi di rosso per colpa degli alti costi di produzione della Cafe Racer e dell'investimento nello sviluppo della VB1. Sta di fatto che si vendettero pochissime carenate e l'azienda andò incontro al suo primo crollo. Da questo quasi-fallimento comunque ci si riprese presto grazie ai finanziamenti arrivati dalla Dassault (l'azienda militare di stato che produce i caccia Mirage e Rafale per l'aviazione) riuscì a ripartire con un piano di produzione che cambiò leggermente strada.

Con le Scrambler andò peggio

Lasciando da parte i modelli troppo "osati",  Voxan provò a puntare sulla concretezza e realizzo - su medesima e confermata base tecnica - la serie Scrambler e Street Scrambler. Erano moto ben fatte, con finiture più curate rispetto alla precedente produzione, ma l'estetica era abbastanza anonima e priva della personalità squisitamente francese che ha contraddistinto la produzione dei primi anni.

In quegli anni arrivò anche il progetto GV 1200, una gran turismo full fairing con motore pompato in cilindrata che non fu mai prodotta, e subito dopo la coppia di bellissime cafe racer Black Magic e Charade che segnavano un altro cambio di rotta (dopo la delusione per lo scarso interesse nella serie Scrambler), puntando a prodotti esclusivi, costosi e dai volumi volutamente ristretti.

Ennessimo crollo, ennesima rinascita

Poche idee e molto confuse nel primo decennio dei '00 hanno portato a una nuova crisi e questa volta non ci sono stati aiuti esterni. Nel 2009 l'azienda venne messa in liquidazione dal tribunale di Clermont-Ferrand e acquistata per pochi euro e un pacchetto di Goleador dalla Venturi Automobiles, marchio storico di auto sportive francesi anch'esso in fase di rilancio.

Voxan è stata tenuta inattiva fino a pochi anni fa, con la nascita del progetto Wattman: una futuristica ed esclusiva moto elettrica ad altissime prestazioni (disegnata da Sacha Lakic, già responsabile del design della Black Magic), che in una declinazione carenata ha stabilito il record di velocità per moto elettriche guidata da Max Biaggi fino a 366,94 km/h, con lo scopo di ritoccare questo traguardo nel 2021. La sfortunata storia di Voxan ha appena iniziato un nuovo capitolo, sperando che questa volta il marchio francese trovi la sua vera identità e il successo mondiale che sognava Gardette.

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