Rewind, Suzuki DR 750 Big: la grande scommessa

Rewind, Suzuki DR 750 Big: la grande scommessa

Linea spigolosa e personale che fece tendenza, meccanica che sprizzava forza e quel "mono" da 750 cc protagonista di un progetto che ha fatto storia

23.05.2020 10:41

Era il 1987 quando Suzuki presentò al mondo la sua monumentale DR 750 Big. Una enduro che dal punto di vista del design e della motorizzazione andava a scontrarsi contro schemi, all'epoca, ben radicati. Era convinzione che 600-650 cc rappresentassero il tetto, ottimale ma invalicabile, nell'equilibrio fra bilanciamento e rendimento per un motore monocilindrico quattro tempi, non stupisce dunque che l'accoglianza dietro questo progetto fu di un certo scetticismo sulle prime. Ma ben presto quella moto entrò nel cuore di tanti appassionati. A Suzuki il merito di aver prodotto un motore da record, ma non solo: linea spigolosa e personalissima (con protagonista l'iconico "becco") e buone prestazioni e comfort su strada, la DR Big 750 era sì una moto da fuoristrada, ma che sfoggiava bagliori da tourer.

Rewind, Suzuki DR 750 Big: la grande scommessa |FOTO

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Quando uscì alla fine del 1987 venne visto quasi un azzardo di Suzuki l'allestire una enduro con quel grosso monocilindrico e dalle linee spigolose, caratterizzate da un grande becco anteriore. Ma la "Big" ci mise poco a farsi apprezzare, oltre che per il design, anche per un invidiabile bilanciamento prestazionale e che fece entrare la 750 di Hamamatsu nella storia delle on-off (di William ToscanI)

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SUZUKI DR 750 BIG: UN PO' DI TECNICA

Per la "mamma" della attuale V-Strom 1050, Suzuki mise in campo quello che è ancora oggi il motore monocilindrico da record: i suoi 727 cc (in seguito 779) garantivano alla "Desert Express" (come venne soprannominata) una cavalleria di 45 CV (rilevati) abbinati ad una coppia massima di 55 Nm a 5.600 giri/min. L'alimentazione era afidata ad un doppio carburatore Mikuni da 33 mm di diametro, mentre il raffreddamento contava sul famoso sistema aria/olio SACS. Il peso era di 160 Kg a secco (dichiarati) che si traducevano in 190 Kg con il pieno (rilevati).

L'alesaggio misurava 105 mm mentre la corsa 84mm: questo schema consentiva di smorzare in parte le pulsazioni che arrivavano di quel grosso pistone, lavoro che svolgevano concretamente due alberi di equilibratura mossi da catena. Un lavoro necessario considerati anche i 18,2 m/s di velocità lineare del pistone al regime di potenza massima. Così configurato il motore raggiungeva i 6.500 giri e spingeva la Big ai 170 Km/h.

L'altra grande peculiarità della DR 750 era il design, indubbiamente ardito per l'epoca, ma subito apprezzato e dal quale da quel periodo in avanti tante case concorrenti trassero spunto. Grande protagonista il becco frontale, ma anche una certa "sproporzione" di volumi tra parte anteriore a posteriore. Un layout estetico che, a conti fatti, si rivelò riuscitissimo. 
Inutile dire che arrivò anche l'allestimento per la Parigi - Dakar (DR-Z), al periodo al massimo della sua epopea: dotata di motore da 779 cc e 66 CV, Ben figurò in gara con Gaston Rahier (nono nel 1988) ma anche con piloti privati come l'italiano Beppe Gualini.

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