Moto cinesi: siamo ufficialmente entrati nella "seconda generazione"

Michele Lallai
7 ago 2025 (Aggiornato il 8 ago 2025 alle 10:12)
Ma è ora di fare un salto avanti
Proprio come accade nell’evoluzione dei velivoli, arriva un momento in cui non basta più "esserci". Serve compiere un salto. E quel salto, oggi, lo stiamo vedendo: è l’ingresso ufficiale nella seconda generazione delle moto cinesi. Un cambiamento non solo tecnico, ma anche culturale da parte delle stesse aziende, che sta trasformando profondamente il modo in cui questi prodotti vengono concepiti, sviluppati e percepiti.
La differenza principale tra la prima e la seconda generazione risiede nella qualità della guida. Le moto cinesi di oggi, a parità di segmento e prezzo, non si guidano più come compromessi economici, ma come vere alternative credibili alle proposte giapponesi o europee. Le iniezioni elettroniche sono state finalmente tarate in modo preciso, e l'effetto on-off – tanto fastidioso quanto diffuso nei primi modelli – è stato drasticamente ridotto. Ora l’erogazione è fluida, progressiva, prevedibile. I motori si comportano in modo maturo, ben gestibile anche a basse andature, e la risposta del gas è in linea con le aspettative del motociclista europeo.
Un altro cambiamento radicale riguarda le sospensioni. Se in passato si trattava spesso di componenti anonimi, duri e poco comunicativi, oggi molti modelli si presentano con forcella e ammortizzatori di fornitori noti, talvolta con marchi europei riconoscibili come Marzocchi. Alcuni produttori hanno stretto collaborazioni tecniche strategiche per il design e le dotazioni, altri hanno acquistato direttamente i marchi o stabilito partnership industriali, come nel caso della stessa Qianjiang con Marzocchi. Il risultato è che le moto di seconda generazione offrono una guida più piacevole e un comportamento dinamico nettamente superiore. Si sente che dietro c’è un lavoro di sviluppo più accurato, spesso frutto di test su strada condotti direttamente in Europa.
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