Per imporsi anche in Europa, i brand cinesi hanno saputo sfruttare situazioni geopolitiche favorevoli e opportunità industriali come mai nessuno prima
Quali sono i motivi dietro al successo dei brand motociclistici cinesi in Occidente?
Cosa ha portato queste aziende a voler investire in maniera così massiccia sul nostro mercato e come mai gli appassionati europei hanno abbracciato con entusiasmo l’arrivo di queste novità dall’Oriente?
Il discorso è più complesso di quanto si possa immaginare, perché affonda le radici in un periodo storico molto distante da quello che stiamo vivendo e implica parecchie variabili, sia dal punto di vista economico che geopolitico. In una ipotetica timeline della storia cinese a due ruote, metteremmo il punto di partenza negli anni ’90, quando tantissime realtà industriali occidentali hanno iniziato a delocalizzare la produzione all’ombra della Grande Muraglia. Il crollo dell’Unione Sovietica ha aperto ai rapporti commerciali di Russia e Cina con Europa e Stati Uniti, permettendo alle grosse industrie di sfruttare la manodopera migratoria non qualificata che dalle remote regioni rurali cinesi si è spostata in massa nelle nascenti metropoli del Paese.
È l’inizio del capitalismo postcomunista che ci ha portato l’abbigliamento a basso costo dei brand di fast fashion, l’incredibile crescita tecnologica low cost di computer e smartphone e la più recente produzione di auto e moto di brand nostrani interamente importata dalla Cina. Questo ha permesso – nel giro di 20 anni – un enorme arricchimento e professionalizzazione della struttura industriale locale, che facendo tesoro di tecnologie e know-how occidentali ha iniziato ad accelerare il processo produttivo tipico della cultura lavorativa locale, che spesso tralascia cose di fondamentale importanza come diritti umani e norme di sicurezza, esaltando l’economicità e la quantità. In pratica, una palese concretizzazione del detto “impara l’arte e mettila da parte”.
*Il motivo dell'apprezzamento dei marchi orientali in Europa a pag.2
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