Uno studio italiano dimostra come la conversione in fuel cell di uno scooter elettrico in futuro potrebbe portare grandi vantaggi in termini di autonomia e velocità di rifornimento. Di questo e altro abbiamo parlato con due ricercatori dell’ENEA
Nel mondo dei trasporti si parla molto di idrogeno come possibile alternativa all’elettrico. Noi stessi abbiamo dedicato all’argomento un approfondimento, qui sul nostro sito (Clicca QUI per leggerlo). Due sono le utilizzazioni possibili: l’idrogeno può alimentare tradizionali motori a scoppio oppure le fuel cell, le batterie a combustibile, che producono energia elettrica con una reazione chimica. In questo modo un veicolo elettrico, invece di avere ingombranti batterie a bordo da caricare con tempi lunghi, potrebbe avere semplicemente una fuel cell e un serbatoio di gas.
Non si tratta di una tecnologia rivoluzionaria: già nel 2000 l’Aprilia aveva realizzato lo scooter SR Fc (fuel cell), e più recentemente la Suzuki ha realizzato un Burgmann con celle a combustibile. In commercio esistono sia auto che mezzi pesanti funzionanti con le fuel cell. Però a oggi questa tecnologia pone ancora dei problemi, prevalentemente di costi. Ciononostante, in molti ci scommettono, anche per la micromobilità, quella degli scooter elettrici.
Francesca Santoni e Gabriele Loreti, lei biologa lui ingegnere, lavorano all’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) nel Laboratorio H2V, idrogeno e nuovi vettori energetici. Li abbiamo incontrati in videocall e… partiamo da una loro rapida autopresentazione.
“Sono una ricercatrice dell’ENEA - inizia Francesca -, lavoro nel laboratorio di celle a combustibile ad alta temperatura, da circa 10 anni. Non ci occupiamo solo di idrogeno in senso stretto, ma anche della conversione di questo in altri prodotti; compresi gli e-fuels. Personalmente seguo principalmente celle a ossidi solidi e celle a carbonati fusi ”.
“Io sono ingegnere meccanico - interviene Gabriele -, ma ho sempre lavorato nel settore energia nel mondo accademico. Recentemente mi sono trasferito in Enea. Mi occupo sia della parte sperimentale, assieme a Francesca, sia della parte modellistica, come studi d’impatto o studi preliminari come quello sulla conversione di uno scooter elettrico in celle a combustibile”.
Iniziamo con una domanda semplice: perché l’idrogeno?
“Perché può essere utilizzato con un bilancio di emissioni della CO2 pari a zero. Ed è utilizzabile su impianti e sistemi già esistenti”.
Parliamo di mobilità vero?
“L’idrogeno per la mobilità può essere utilizzato in tanti modi, anche per fare combustibili convenzionali. Se utilizzato come idrogeno consente un’autonomia maggiore rispetto all’elettrificazione; a parità di peso e di volume immagazzina infatti una maggiore quantità di energia. Ecco perché sui mezzi pesanti, che hanno bisogno di tanta energia, l’idrogeno può facilmente sostituire i grandi pacchi batteria, aumentando molto il peso e il volume di carico trasportabile. Lo immagino come un possibile vantaggio anche per le moto sportive, che debbono minimizzare il rapporto peso potenza”.
Ci sono però dubbi sulla percorribilità dell’alternativa idrogeno.
“Se entro il 2050 dobbiamo raggiungere il net zero, emissioni di CO2 nulle, dobbiamo investire sulle rinnovabili e sui modi per utilizzarle. Siamo obbligati ad andare in questa direzione, anche se al momento potrebbe essere economicamente meno conveniente rispetto alle soluzioni convenzionali. L’Europa sta andando in questa direzione. La Francia ha piani regionali per la produzione di idrogeno, oltre a una strategia nazionale con target di Gigawatt. Idem in Spagna o in Portogallo o in Germania. Tutta l’Europa a partire dal 2020 ha delineato delle strategie nazionali e delle roadmap per la produzione di idrogeno. L’obiettivo è avere 40 Gigawatt di elettrolizzatori installati entro il 2030. Che è tantissimo. Anche in Italia ci sono già tantissime hydrogen valley. Pure l’Eni ci crede, e sta installando elettrolizzatori nelle raffinerie di Taranto e Gela, ognuno da 20 MW, per la decarbonizzazione del settore industriale”.
Sull’applicazione delle fuel cell alle due ruote c’è uno studio realizzato da un gruppo di lavoro dell’Università della Tuscia: Optimized Design of a H2-Powered Moped for Urban Mobility. Letteralmente: Progettazione ottimizzata di un ciclomotore a idrogeno per la mobilità urbana. Il primo firmatario è proprio l’ing. Gabriele Loreti, ecco perché ve ne parliamo in questo articolo.
Si tratta di uno studio teorico sulla fattibilità e i costi della trasformazione di uno scooter elettrico, l’Askoll eS3. Uno studio raro, perché al momento questa tecnologia è stata approfondita e utilizzata prevalentemente sul trasporto pesante. Dunque, vi state chiedendo, quali potrebbero essere i vantaggi di questa trasformazione su uno scooter? Con le fuel cell si potrebbero avere un’autonomia fortemente aumentata e tempi di rifornimento paragonabili a quelli della benzina. Oltre a guadagnare spazio sotto la sella.
Lo schema tecnico scelto dai ricercatori della Tuscia è quello noto come fuel cell ibrido (FCHEVs), che combina una fuel cell con una batteria tampone. Lo scopo è di avere una piccola batteria che alimenti il motore elettrico nei momenti nei quali la cella a combustibile non eroga energia a sufficienza. Come quando viene attivata, situazione nella quale richiede 30 secondi prima di iniziare a erogare corrente elettrica.
Sono molte le formule che troviamo all’interno dell’articolo. Servono a spiegare come si è arrivati a scegliere i componenti utilizzati e il loro dimensionamento in termini di potenza o capacità. Roba da ingegneri, sulla quale sorvoliamo (per chi fosse interessato lo studio è accessibile in rete). Ci limitiamo a indicare il tipo di componenti scelto.
Per il serbatoio di idrogeno ne è stato scelto uno agli idruri metallici. Il motivo è nel fatto che rispetto ai serbatoi tradizionali può lavorare anche a soli 15 bar di pressione, contro i 300 degli ‘usuali’ serbatoi di idrogeno. Per la fuel cell si è optato per un’unità da 1 kW, mentre per la batteria tampone al litio la capacità è di 240 Wh, 0,24 kWh, quindi una piccola batteria.
Soffermiamoci però sul serbatoio, chiedendo a Gabriele di approfondire la tecnologia degli idruri metallici.
“Si ragiona sempre sull’idrogeno compresso, con pressioni di 300 o addirittura 700 bar. Il che significa che in rifornimento bisogna raggiungere pressioni ovviamente ancora maggiori. Simili pressioni oltre a comportare costi di compressione non trascurabili, implicano l’uso di serbatoi dalla grande resistenza meccanica, quindi molto pesanti, nonostante all'anima interna metallica sia accoppiato un guscio esterno in materiale composito, con fibre di carbonio o vetrose. All’interno del serbatoio scelto da noi ci sono gli idruri metallici, dei composti metallici sotto forma di sabbia, limatura. Esposti a idrogeno a pressione modesta, dai 10 ai 30 bar, agiscono come una spugna, formando un legame reversibile con questo. Quindi possono essere caricati, e una volta in comunicazione con un ambiente a bassa pressione, rilasciano il gas. Rispetto all’accumulo di idrogeno ad alte pressioni i serbatoi agli idruri metallici contengono meno gas, ma abbattono i costi di compressione e riducono le difficoltà legate alla sicurezza legate alle alte pressioni. Sono comunque più vantaggiosi delle batterie”.
Con questa configurazione, un pieno di 164 g di idrogeno sarebbe sufficiente per percorrere 96 km, la medesima autonomia dello scooter originale. Lo spazio occupato a bordo sarebbe ben 39,6 litri in meno rispetto al sistema elettrico, ma il tutto peserebbe 5,3 kg in più.
La nota dolente è che alle quotazioni attuali il sistema ibrido costerebbe 9.560 euro, cinque volte il prezzo del pacco batterie originale. Però una diffusione di questa tecnologia in futuro porterà sicuramente riduzioni di costi.
Nella loro simulazione i ricercatori hanno immaginato di riempire gli spazi lasciati liberi con ulteriori serbatoi di idrogeno, arrivando a un’autonomia possibile di 348 km. Se poi si volesse utilizzare un serbatoio da 300 atmosfere, si potrebbe reggiungere a un’autonomia di 632 km.
Quanta corrente servirebbe per produrre l’idrogeno necessario attraverso un elettrolizzatore? È stata presa a riferimento la città di Viterbo, sovrapponibile per numero di abitanti a tantissime città europee. A Viterbo gli studenti in media percorrono 4 km al giorno nell’andata-ritorno casa-università. Controllando l’insolazione media, un appartamento con un impianto fotovoltaico da 3,2 kWh, usando esclusivamente l’energia elettrica in eccesso rispetto ai consumi medi, potrebbe ricaricare lo scooter nella configurazione con 119 km d’autonomia 415 volte nell’arco dell’anno, equivalenti a 49.300 km di autonomia. Un impianto dedicato da un solo kW sarebbe sufficiente per alimentare ben 25 scooter.
Torniamo ai nostri due ricercatori in videocall con una domanda conclusiva: quando andranno in commercio i primi veicoli a due ruote alimentati da idrogeno?
“Dobbiamo attendere i risultati che arriveranno nel 2030 e nel 2050, che sono i due obiettivi che s’è posta l’Europa, e con essa diversi stati. Una volta raggiunti questi obiettivi avremo a regime una grossa produzione di idrogeno in Europa, e il mercato andrà di conseguenza. Le aziende sono pronte, attendono le condizioni di mercato per rientrare dei loro investimenti”.
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