Guida sicura: i consigli dei tester di In Moto (parte 2)

Guida sicura: i consigli dei tester di In Moto (parte 2)

Sette giornalisti-tester rispondono alla più classica delle domande: quali sono i punti fermi più importanti per una guida sicura della moto? In questa seconda puntata D’Andrea, Lallai e Matesic

13.09.2023 10:00

Seconda puntata dei consigli dei tester di InMoto su come migliorare la propria guida dal punto di vista della sicurezza.

In redazione ci sono persone che guidano moto in prova tutti i giorni, ci sono piloti ed ex piloti; e quattro fra noi fanno o hanno fatto corsi di guida. L’idea è stata allora che ognuno si occupasse di un punto che ritiene importante per la sicurezza di guida.

Abbiamo risposto in sette, con sfumature diverse, perché in mente abbiamo priorità differenti. Ne è uscito un quadro variegato, che ci auguriamo tornerà utile a chi legge, con diversi spunti sui quali ragionare, e dai quali trarre la propria personale sintesi. Inutile dire che vuol essere solo un punto di partenza. E sarà interessante portare avanti il discorso con eventuali vostri interventi.

Sullo stesso argomento abbiamo già pubblicato anche l’articolo “Costruire la sicurezza in moto”. Un titolo che rende l’idea di come la guida sicura sia un obiettivo raggiungibile con un processo lungo, che coinvolge molti aspetti; dalle capacità di guida alle cognizioni teoriche, fino all’attitudine all’interpretazione del ‘sistema strada’, nel quale ci muoviamo.

Diego D’Andrea: con la crossover è come avere due moto

Tester di lunga esperienza, veloce su strada e molto a suo agio pure in fuoristrada, Diego affronta il dualismo che può crearsi fra l’uso su asfalto e quello su sterrato di alcune moto tuttoterreno.

"Dando per scontati i fondamentali, c'è un aspetto, a mio avviso molto attuale. E riguarda i mezzi al momento più venduti sul mercato e i loro acquirenti (più esattamente, un certo tipo di acquirenti). Mi riferisco alle super desiderate crossover, che le tendenze (o comunque, gli indici di gradimento in concessionaria) vogliono sempre più specialistiche (spesso con ruote anteriori da 21'' per fare sul serio), e chi ne mette una in garage senza particolare dimestichezza con la guida off-road.

Perché attenzione, in questo caso non si compra una moto. Di fatto se ne comprano due: una stradale (anche col 21, le ultime novità di mercato sono capaci di andare fortissimo su asfalto) e una enduro. E quindi, è fondamentale apprendere e tenere a mente i principi generali di entrambe le modalità di guida - stradale e off-road - e saperli commutare all'occorrenza.

In molti (troppi!) sono convinti che passando dall'una all'altra situazione - strada/fuoristrada - basti semplicemente mettersi in piedi sulle pedane. Il primo consiglio che voglio darvi? Sedetevi! Guidare in piedi è fondamentale solo quando serve. Piuttosto, provate prima a rimanere seduti e portare avanti il corpo; mantenetelo eretto, piegate i gomiti, "sormontate" il manubrio e guardate avanti. Quest'ultimo punto è fondamentale. La guida in fuoristrada vive di equilibri precari, e prima avvisti un problema, prima il cervello elabora la soluzione.

Poi le pedane - che siate in piedi o meno - se su strada, in curva, si fa pressione su quella interna per piegare, in off è esattamente il contrario. Si fa pressione su quella esterna… è lì che deve convergere il peso del corpo alla ricerca del massimo grip.

Per alcuni questi saranno concetti ovvi (tra l'altro appena sfiorati, e giocoforza con superficialità, visto lo spazio a disposizione) ma a giudicare da quello che poi si vede "in giro", per tanti altri rappresentano lacune serie. Quindi, senza entrare in questioni che si risolvono più efficacemente frequentando un bel corso e facendo tanta pratica, il consiglio che vorrei dare a chi acquista una crossover avventurosa è proprio questo: hai comprato due moto… dividi il cervello in due!".

Michele Lallai: occhio alla componente psicofisica

Giornalista-tester di auto e moto, vive il nostro settore a 360 gradi.

"La sicurezza in moto passa anche dallo stato psicofisico di chi guida. Governare un mezzo che sta in equilibrio solo quando si muove è di per se un compito impegnativo che richiede lo sviluppo di una sensibilità molto più elevata rispetto alla guida di qualcosa che poggia su quattro o più ruote. 

In primis la lucidità. Senza chiamare in causa droghe e alcool - che naturalmente non possono essere in circolo mentre guidiamo - il nostro corpo dovrebbe essere sempre al meglio delle sue capacità per avere riflessi pronti e un controllo totale del mezzo, senza sorprese. Mettersi alla guida stanchi e assonnati rende difficile concentrarsi, le distrazioni avvengono in modo più costante e riportare il focus sulla strada è un'azione difficile e lenta. Stessa cosa dopo un pasto troppo abbondante: le energie che dovremmo dedicare unicamente alla conduzione del mezzo vengono logicamente utilizzate per la digestione, rallentando riflessi ed efficienza muscolare.

E non lasciamo da parte il fattore psicologico. Guidare una motocicletta richiede calma e presenza, necessarie per agire con il massimo della consapevolezza sui comandi. La rabbia, il nervosismo e la frustrazione creano rigidità nei muscoli e violenza nelle azioni, qualcosa che può senza dubbio farci perdere il controllo della moto spingendoci a correre più di quanto siamo capaci di sostenere in quello specifico momento. Se non siete in totale controllo del vostro corpo, è meglio lasciare la moto là dove l'avevate parcheggiata.

Inoltre vorrei anche invitare alla responsabilità verso chi sta con noi in sella. Non dimentichiamoci che gli errori che commettiamo non sono solo un pericolo per noi che conduciamo il veicolo, ma  per il nostro passeggero che non può fare altro che fidarsi delle nostre capacità e del nostro buonsenso. In maniera a volte inconscia, questa persona sta affidando la propria vita a noi.

Concludo con una frase che potrebbe farvi stringere vigorosamente le parti basse: qualsiasi cosa possa succedere, non date mai nulla per scontato e non date retta alla vostra troppa confidenza. Il "vuoi che succeda proprio a me?" è forse il maggior nemico della sicurezza in moto, ed è giusto prenderne atto".

Riccardo Matesic: sicuri di notare tutto sulla strada?

Ebbene si, arriva anche il contributo di chi firma l’articolo. Rapida autopresentazione: giornalista di moto da sempre, ho guidato tutto, comprese un po’ di moto campioni del mondo, ho giocato a fare il pilota, insegno ad andare in moto.

"Il mio punto fermo, a parte conoscere a fondo il veicolo che si usa e saperlo usare, anche nelle situazioni d’emergenza, è la capacità di leggere il sistema-strada nel quale ci si muove.

Studiando video di incidenti motociclistici, colpisce la loro prevedibilità. A posteriori, perché quando guidiamo non notiamo i “mancati incidenti” attraverso i quali passiamo indenni. Non ci facciamo caso, e guidiamo a cuor leggero.

Uno dei motivi per cui ci sfuggono questi dettagli che riteniamo “poco importanti” è il frequente sovraccarico di informazioni che dobbiamo gestire.

Avete notato che quando siete molto impegnati nella guida vi sfuggono diversi particolari della strada e dei veicoli intorno? Succede quando si guida forte, ma anche quando si è in sella a una moto nuova, magari poco intuitiva da gestire.

Succede perché il nostro cervello riesce a processare un certo quantitativo di informazioni, e non va oltre. Così come il sistema nervoso, che veicola gli stimoli sensoriali al cervello: ne porta un tot e non va oltre.

Così, quando facciamo un qualcosa che non siamo abituati a fare, abbiamo bisogno di acquisire tantissime informazioni. Il rumore del motore, le vibrazioni, il contagiri, la strada, il vento, le sensazioni tattili su sedere, mani e piedi. E i comandi, la loro escursione, la forza da applicare quando li si usa. Se ci pensate, quando si guida una moto ben conosciuta, della quale ci sentiamo padroni, su una strada che conosciamo, tutte queste informazioni non le acquisiamo più. Un po’ come succede ai piloti in pista, ne parlava Padovani poco più su.

L’abitudine, la creazione dello schema motorio, ci fa recuperare risorse mentali da dedicare ad altro. Come guardare il panorama, o concentrarci sulle traiettorie che più ci piacciono. E la nostra vista si allarga.

Al contrario, quando siamo impegnatissimi, finiamo per avere una visione a tunnel. Che non ci consente di cogliere cosa succede intorno a noi.

Ed ecco il punto: quando ci accorgiamo di avere la visione a tunnel, quando ci rendiamo conto che molti dettagli del sistema-strada ci sfuggono e li notiamo solo dopo essere passati, stiamo chiedendo troppo al nostro cervello. Questo è un campanello d’allarme che dobbiamo saper interpretare, riducendo l’andatura per tornare a un maggiore livello di sicurezza".

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