È possibile trasformare la passione per la moto in un lavoro? Ce lo chiedono in tanti, e la risposta è si. Attenzione però, è fondamentale individuare le professioni in crescita e formarsi meglio possibile
Antonio Perlot è il segretario generale dell’Acem, l’Associazione Europea dei Costruttori di Moto.
“Il discorso sul mercato del lavoro si inserisce per forza di cose nelle politiche industriali europee, tutte all’insegna della decarbonizzazione e della digitalizzazione. La tendenza di fondo è prevalentemente quella del passaggio all’elettrico, quindi le figure professionali che servono sono sempre più legate a questo orientamento”.
Quali profili hanno il futuro migliore davanti?
“Se debbo guardare al nostro mondo, penso agli ingegneri elettronici. I progetti di ricerca nei quali siamo inseriti come Acem ruotano tutti intorno a nuove applicazioni elettroniche. Si pensi agli studi del CMC, il Connected Motorcycle Consortium, che si occupa espressamente di studiare l’interconnessione dei veicoli. Poi c’è l’e-Call, che sulle moto deve ancora arrivare. Un altro filone importantissimo è quello del Green e del riciclo. Infine l’efficienza, che per le aziende è vitale. E si aggiungono nuovi profili, come gli esperti di sostanze chimiche, perché l’economia circolare e le necessità di riciclo impongono un nuovo approccio con la scelta dei materiali”.
È concreto il fenomeno di rientro in Europa delle produzioni che negli anni scorsi erano state delocalizzate in Oriente?
“Per alcuni prodotti è vero che si parla di rientro in Europa, ma bisogna considerare che per attuare con soddisfazione il reshoring dovremmo prima raggiungere una vera indipendenza energetica. E poi dovremmo iniziare sul serio a produrci da soli le batterie per i veicoli elettrici. Altrimenti è meglio restare in Cina. Tra l’altro, ormai la concorrenza dei paesi asiatici è divenuta sempre più pericolosa, perché in Oriente hanno imparato a costruire ottime moto, hanno buone professionalità e spesso molti capitali. Il che significa che con aziende così grandi e potenti è meglio fare delle joint venture piuttosto che mettersi in aperta concorrenza. Un buon partenariato è sicuramente più intelligente e fruttuoso di una pericolosa concorrenza”.
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