L'Airone elettrico di Roversi e i problemi del retrofitting

L'Airone elettrico di Roversi e i problemi del retrofitting

Le discussioni sulla trasformazione di un vecchio Guzzi da parte del volto televisivo riaccendono i riflettori sulla pratica del retro-fitting in Italia.

04.03.2022 ( Aggiornata il 04.03.2022 14:31 )

Il caso di "Elettrone"

Patrizio Roversi, noto conduttore televisivo e divulgatore, sapeva che la provocazione di elettrificare un Moto Guzzi Airone per il suo programma Italia Slow Tour andato in onda su Rete 4 avrebbe suscitato reazioni anche forti, ma probabilmente non si aspettava fossero tanto accese quasi da oscurare il reale contenuto della trasmissione e il messaggio di fondo.
La vicenda inizia quando Roversi decide modificare un Airone lasciato da anni fermo nel classico capanno: “sapevamo che registrare la seconda serie non più a bordo del mio Guzzi Astore 500, ma a cavallo di un Airone 250, trasformato in elettrico e quindi ribattezzato Elettrone, sarebbe stata una provocazione. Onestamente, per strada, la gente (anche maschi adulti ultrasessantenni) hanno accolto Elettrone con grande simpatia, ma sapevamo che molti si sarebbero scandalizzati” - dichiara Roversi. “Le puntate della nostra serie avevano un obiettivo: l’ambiente. Iniziano con un’intervista a una vacca da latte, preoccupata perché agricoltura e allevamento risultano inquinanti. Quindi abbiamo cercato di raccontare tutto quello che il settore agroalimentare sta facendo per andare verso la transizione ecologica. Potevo ripartire a bordo di un veicolo elettrico, frutto dell’innovazione. Ma l’agricoltura (e secondo me anche tutto il resto) non può vivere di sola innovazione senza partire dalla tradizione. Tradizione + innovazione = Elettrone. Una vecchia moto sulla quale è stato operato, per la prima volta, un esperimento unico nel suo genere, da parte degli amici tecnici e meccanici di Mobility r-Evolution. Un gesto futuribile innestato su un oggetto storico”.
E ancora spiega: “Da parte nostra Elettrone è un simbolo ma soprattutto un omaggio alla bellezza del design italiano, e anche un preciso gesto affettivo. Mi spiace se a qualcuno questo sembra una profanazione, un sacrilegio. Vorrà dire che abbiamo un’idea diversa del Sacro…”.
Con la consueta ironia, Roversi precisa “non si è mica fatta violenza su un Bronzo di Riace. Ci sono tanti Airone nel nostro Paese” e allo stesso tempo ammette molto candidamente di non aver voluto toccare il suo amato Astore, lasciatogli dal padre e al quale è molto affezionato.

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