Moto cinesi: "Preferisco un usato. Ma la qualità cresce e costano poco"

Moto cinesi: "Preferisco un usato. Ma la qualità cresce e costano poco"

A voi la parola: alcune delle mail arrivate in redazione fanno capire il pensiero oggi più ricorrente sulle moto che arrivano dalla Cina. Ma per alcuni sono comunque una valida alternativa alla proposte delle Case "tradizionali" a volte troppo costose

Redazione - @InMoto_it

27.10.2021 17:14

Ha fatto discutere, ed acceso un bel dibattito tra gli appassionati, l'articolo a firma del nostro Nicola Andreetto "Abbiamo davvero bisogno delle moto cinesi?". Tante le mail arrivate in redazione da voi lettori. Ne abbiamo selezionate alcune che pubblichiamo insieme alla risposta del Direttore di InMoto, Andrea Padovani e che trovate subito sotto in apertura di questo articolo. Ovviamente il tema è di quelli che fa e farà discutere ancora a lungo. Ben vengano quindi le vostre mail o commenti. Un ottimo confronto tra appassionati. Noi e voi.

La risposta del Direttore

I temi trattati dal Nicola Andreetto nel suo articolo, sono tanti, di vasta portata e interconnessi, a svariati livelli, tra loro. In più hanno a che fare con un contesto socio-culturale di difficile interpretazione: non stiamo infatti parlando semplicemente di Italia o di Cina, ma di un mondo globalizzato senza confini, spesso regolato dalle soli leggi del mercato. Basta guardare a quello che sta accadendo in questo momento con i semiconduttori, con la rete globale dei trasporti, con il rincaro dei combustibili. Una tentacolare crisi globale che non risparmia il mercato delle due ruote. 

Le vostre lettere – tante, appassionate, interessanti - sollevano tematiche importanti e introducono concetti nuovi nella discussione “moto cinesi sì, moto cinesi no”. Uno degli elementi chiave della discussione sembra essere il “prezzo” dei prodotti che iniziano ad arrivare dall'oriente (Giappone escluso, ovviamente): c'è una grande fetta di appassionati che non può permettersi mezzi da 15.000-20.000 euro. Sono gli stessi che iniziano a guardare con curiosità e attenzione i nuovi prodotti “made in Cina”, decisamente più abbordabili. È un problema reale questo? Non lo crediamo. La competizione – regola base di un mercato libero – è un vantaggio per il cliente finale a cui verranno offerti prodotti dal rapporto qualità/prezzo sempre più elevato. 

Un concetto che va analizzato con attenzione: l'Oriente sta arrivando. I prodotti che trovano spazio nelle nostre concessionarie non sono più quelli (un po' risibili) di dieci anni fa. Nelle cilindrate intermedie la faccenda si fa interessante e si iniziano a vedere moto di spessore. Manca, e questo è forse il più grande limite dei prodotti cinesi (anche di quelli “ibridi” tipo Benelli e Moto Morini), quell'attrattiva emotiva da ricondurre al blasone del marchio. Ecco, lì c'è ancora tanta strada da fare... Il fascino di una moto è una caratteristica che non si struttura in un paio di stagioni di vendita. Ha bisogno di tempo per sedimentarsi nelle “pance” degli appassionati.

Passando ad un altro aspetto, molti sottolineano con una certa acrimonia il fatto che la Cina ci ha invaso e ci ha portato via Case costruttrici prestigiose, vedi Benelli, Morini, SWM... Niente di più sbagliato. È proprio grazie agli investimenti orientali che queste aziende sono state rilanciate e non sono scomparse, inghiottite da un mercato spietato. Certo, si è delocalizzato, ristrutturato, si sono ottimizzati all'esasperazione i flussi produttivi. Ancora... è il mercato a dettare le regole e i business plan dei manager a dire dove e come produrre in modo più efficiente ed economico possibile. Anche a discapito di quel famoso “Made in Italy” che tanto abbiamo sbandierato in giro per il mondo per anni. Efficienza, modernizzazione degli impianti, ricerca tecnologica, investimenti: sono questi i capisaldi su cui una moderna realtà industriale dovrebbe poggiare le sue basi. Regole non scritte spesso ignorate in Italia. E la Cina (ma anche altre nazioni) è arrivata; con i suoi prezzi, i suoi soldi da investire. Qui potremmo e dovremmo aprire un capitolo sull'etica del lavoro e del capitalismo cinese... Così come sulla questione ambientale e geopolitica. Ma non credo sia la sede adatta. 

Andrea Padovani

A seguire pubblichiamo alcune delle lettere arrivate in redazione:

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