Nata un po’ come la nipote piccolina della gloriosa serie V7, negli anni è cresciuta, e oggi è ancora la bandiera della casa di Mandello sul mercato. Soprattutto, è una V7 a tutti gli effetti!
Avete visto la Moto Guzzi V7? Ma certo, sappiamo bene che avete presente la naked bicilindrica della casa italiana. La nostra domanda voleva intendere: avete visto che successo la “piccola” V7?
Da quando è uscita, nel 2008, ha iniziato a scalare la classifica nazionale delle vendite. All’inizio noi motociclisti duri e puri siamo stati increduli, poi ci siamo abituati alla sua presenza costante nelle posizioni di vertice. Con 1400 pezzi venduti nell’anno, ha chiuso il 2020 al decimo posto. E il primo trimestre del 2021 l’ha vista crescere ancora: 7° posto fra le moto! Un fenomeno commerciale mica male per una classica dal sapore retrò, nata intorno a un progetto tutt’altro che giovane.
Ma si, diciamolo: la V7 attuale è nata intorno al motore “small block”, il bicilindrico piccolo della Moto Guzzi, che era tutt’altro che performante. E a parte un design furbo che si rifaceva alla V7 Sport di tanti anni prima, soprattutto nella prima versione aveva una dotazione abbastanza scarna.
Eppure, in un mondo dove si parla sempre di prestazioni, la V7 è andata a bersaglio con neanche 49 cavalli (la prima versione ne aveva 48,8). Cresciuti poi a 52 nel 2012, con la V7 II, che rispetto alla prima serie era stata rinnovata nell'ergonomia, nella qualità costruttiva e delle finiture, e soprattutto nel motore. Sulla V7 II in particolare erano arrivati la sesta marcia, il sistema di frenata ABS e il Traction Control.
Così la V7 era diventata anche il modello di punta della Moto Guzzi, che ha iniziato a proporla in diverse versioni. Perché a fianco del richiamo alla tradizione gloriosa della casa dell’aquila, ormai la “V7ina” era pronta per camminare sulle sue gambe (pardon, ruote). E cosi sono nate la declinazione sportiva Cafè (già nel 2007), la Racer (2011), che invece si rifà alle special degli anni Settanta, la Stone (2014), quella con anima dark, che si affianca alle ormai tradizionali Special e Racer. Una triade che sarà conservata anche nel 2017, quando nasce la V7 III. E non mancano le serie speciali limitate: la Stornello del 2016 e l’Anniversario per i cinquanta anni della V7, nel 2017.
La Moto Guzzi V50 degli anni Ottanta è stata la prima ad adottare il motore piccolo di Mandello del Lario
La Racer si rifà alle elaborazioni sportive degli anni Settanta
Già, la storia; una delle più importanti frecce all’arco della V7. Il marchio Moto Guzzi è rimasto fortissimo in Italia e nel mondo. E la V7 è una pietra miliare del motociclismo.
Tutto partì all’inizio degli anni Sessanta, quando l’ing. Giulio Cesare Carcano progettò un bicilindrico a V pensato per equipaggiare una versione sportiva della Fiat 500. Il motore piacque, ma la Moto Guzzi non aveva la capacità produttiva necessaria alla Fiat, e l’accordo sfumò. Poco dopo però la casa partecipò a un concorso per la fornitura delle moto alla Polizia Stradale: vinceva la casa che dimostrava di percorrere 100mila km con i costi di manutenzione inferiori. E la Guzzi vinse. E nel 1966 iniziò la produzione della V7 con motore da 703 cc e 40 cavalli, destinata alla Polizia e ai mercati esteri. Nel ‘67 la moto fu commercializzata anche in Italia e ben presto, con l’arrivo di Lino Tonti in Guzzi, venne portata a 750 cc, per una potenza di 45 cavalli. Arrivarono anche nuove versioni, e fra queste la V7 Sport, con motore da 52 cavalli.
La V7 Sport sarà una moto leggendaria per la sua ciclistica irreprensibile, che le consentirà grosse soddisfazioni nelle gare di velocità e d’Endurance.
La V7 Sport, una moto leggendaria
Nel 1973 la V7 viene sostituita dalla V 850 GT, che ha appunto cilindrata aumentata e potenza cresciuta a 63 cavalli. Da lì è continuata la storia dei grandi motori a V della Moto Guzzi, che tanto sono stati apprezzati negli anni. Ed ai quali negli anni Ottanta è stato affiancato il primo motore piccolo, quello delle V35, V50 e V65. Lo stesso che negli anni si è evoluto, che conosciamo come “small block”, e che oggi ritroviamo sulla V7 attuale.
Oggi la storia si ripete, e anche la V7 del 2021 è cresciuta di cilindrata, raggiungendo gli 853 cc; senza però cambiare nome. Anche lei ha guadagnato molta potenza rispetto alla precedente serie III: ora ha 65 cavalli. E poco conta se sono solo 2 in più della V 850 GT del 1973. La V7 è bella e piace per la sua personalità, per lo styling, per il suono del bicilindrico 2 valvole ad aste e bilancieri. Per il suo comportamento amichevole e per la capacità che ha avuto la casa italiana di coniugare la classicità del progetto con la modernità di un giusto tocco d’elettronica, a cominciare dal traction control per finire alla strumentazione completamente digitale; passando per l’illuminazione a Led che riprende la sagoma dell’aquila nelle luci diurne anteriori.
Ecco perché la V7, cinquanta anni dopo, fa sentire ancora guzzisti. E continua a piacere tanto.
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