        Mi imbarco ad Ancona per Durazzo, Albania, una tratta di 16 ore.&nbsp; Dalla terre delle aquile salgo verso il confine nord con la Macedonia. Fatta frontiera proseguo per il Parco Nazionale di Mavroro, gole bellissime e curve a non finire. Visto l&rsquo;orario mi fermo a dormire in questo paesino, che in realt&agrave; &egrave; una stazione sciistica ma pure in questo periodo &egrave; un&rsquo; attrattiva, per la posizione che ha sul lago omonimo. Tappa a Skopje  Divido la giornata tra una visita al Canyon di Makta, 14 km dalla citt&agrave;, nel tornare passo al bazar, dove si respira aria di oriente. Prossima meta Sofia, Bulgaria, becco il solito temporale pomeridiano. Al risveglio c&rsquo;&egrave; sole, passo in centro per qualche foto e raggiungo la cittadina di Plovdiv, l&rsquo;antica Filippoli, dove fanno bella figura il teatro e l&rsquo;anfiteatro romano, fatti costruire dall&rsquo;imperatore Traiano.&nbsp; L&rsquo;autostrada scorre tra verdi campagne, in Bulgaria le moto non pagano. Giungo alla frontiera turca di Edirne, vengo controllato scrupolosamente, al primo point delle poste turche, acquisto vignetta per autostrada, 2000 km 20 euro, no comment. Super Kasan, crocevia tra la strada per Istanbul o il confine greco, la met&agrave; &egrave; Gallipoli, perch&eacute; all&rsquo;indomani voglio attraversare lo stretto sul nuovo ponte, che &egrave; il pi&ugrave; lungo al mondo. Da lontano noto una moto parcheggiata al lato della strada, guardo gli specchietti e faccio inversione. Sono Paco ed Eva, vanno in Kirghizistan, la ruota posteriore &egrave; a terra, pur provando a gonfiarla non accade nulla, visto che non presenta qualcosa che possa aver forato la camera. Apro officina? Paco mi dice che ha chiamato assistenza, mi offro di restare fino all&rsquo;arrivo del carro attrezzi. Dopo 2 ore arriva e caricata la moto, giungiamo a Gallipoli, dove da un gommista scopriamo una realt&agrave; che personalmente non ho mai visto, una camera d&rsquo;aria ridotta in quelle condizioni non ne ho esperienza, va detto che &egrave; una camera rinforzata, cosa che, dal mio punto di vista, non va bene per uso stradale. Dormiamo e ceniamo insieme, poi al mattino io proseguo verso est, loro verso sud  La sera dormo a Dursunbey, un paesino a circa 2000 mt. La Turchia si caratterizza da un punto di vista viario, per strade a quattro corsie che attraversano montagne per poi scendere a capofitto in pianura, non &egrave; difficile percorrere passi che sfiorano i 2000 mt. Costeggio il lago Tuz&nbsp;Gul&ugrave;. Le altre volte che sono passato, erano periodi diversi, ho messo le ruote sul salar, ora non &egrave; possibile. Raggiungo Aksaray dove mi aspettano amici motociclisti, Si va a cena e all&rsquo;indomani si fa colazione insieme. Goreme &egrave; sinonimo di Cappadocia  Sono l&igrave; a due passi che faccio non ci vado? Naturalmente si, foto di rito e poi verso sud. Si sale e si scende, giungo a Goksun e si notano gli effetti del terribile terremoto dello scorso 6 febbraio. Takir &egrave; un piccolo paesino di montagna, stazione di servizio con albergo e sosta per pulman che fanno le lunghe tratte. Persone che mangiano, si riposano e poi via di nuovo per la prossima tappa, anche io ne ho una e si chiama Cizre, 50 km dal confine con il Kurdistan Iracheno. La temperatura &egrave; cambiata, fa caldo. Mi ha impressionato il lungo muro costruito dalla Turchia che scorre per 150 km con il confine con la Siria, un confine caldo specialmente ora che dal versante siriano si &egrave; creata un identit&agrave; curda, spina nel fianco da sempre, per la Turchia. Mi sveglio presto, fatta colazione mi dirigo al confine con il Kurdistan iracheno. Tanti controlli dalla parte turca, da quella curda appena dico che sono italiano, mi lasciano andare. In un attimo mi libero dell&rsquo;immigrazione, ho visto online che aiuta, poi dogana e qui accade quello che mai si riuscirebbe a programmare. Conosco Billi, cos&igrave; si fa chiamare, lavora in dogana ma ha vissuto in Italia e parla bene italiano. In un attimo ho registrazione moto e assicurazione per 35 dollari.  Fa caldo, &egrave; secco ma 36 gradi sono tanti. Giungo a Erbil nel primo pomeriggio, l&rsquo;hotel &egrave; ospitale e il ragazzo alla reception parla un p&ograve; la nostra lingua, mi da due dritte di cosa visitare, grazie ma ora doccia e riposino. Sono le 21, con un taxi mi porto al centro, dove la cittadella, cuore secolare della citt&agrave; &egrave; un punto di ritrovo intorno alle fontane ma quello che apprezzo sono i tanti negozi e venditori del bazar, naturalmente non ci sono stranieri e questo &egrave; di buon auspicio.        

<p>Tra Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan, il racconto di Giampiero Pagliochini che ci porter&agrave; attraverso scorci suggestivi sulla Pamir road e a proseguire Russia e Mongolia</p>

Turismo, in viaggio sulla via della Seta (Parte 1)

Il 14 giugno sono partiti da Malpensa 22 piloti pronti per percorrere in sella a ventidue esemplari di V7 III Stone la rotta di Marco Polo, fino in Cina, passando per il miraggio di Samarcanda. Ecco il resoconto del loro viaggio.  

Moto Guzzi sulla Via della Seta, 6a puntata

        La diciassettesima tappa ha portato gli avventurosi rider a Canton a conclusione del loro viaggio. I rider tornano in aereo a Instanbul. Ecco un estratto del diario di &ldquo;bordo&rdquo; che il cronista dello sponsor &ldquo;Riso Scotti&rdquo; ha pubblicato ogni giorno. &ldquo;Il volo verso Canton &egrave; stato lunghissimo, condito dal disagio dei vuoti d&rsquo;aria provocati da un tempo instabile a causa delle trombe d&rsquo;aria che vedevamo, per fortuna, solo in lontananza. Canton ci accoglie con un clima tropicale, sembra di entrare d&rsquo;improvviso in una serra visto il tasso d&rsquo;umidit&agrave; insopportabile! La citt&agrave;, con i suoi 12 milioni d&rsquo;abitanti, ci appare subito immensa e brulicante di persone quando, ormai a mezzanotte,&nbsp; arriviamo in albergo ed elemosiniamo una cena.&nbsp; La mattina &egrave; dedicata ad un incontro che ci sta molto a cuore con il General Manager Piaggio Cina che ci ha raggiunti per celebrare il successo di un viaggio che rimarr&agrave; negli annali delle nostre due Aziende: un&rsquo;avventura che spesso ha spinto sia noi che le moto a limiti estremi, ma, come si dice,&nbsp; &ldquo;l&rsquo;unione fa la forza&rdquo;! Gli abbiamo raccontato i momenti pi&ugrave; suggestivi della nostra impresa, condividendo il sano orgoglio per &ldquo;avercela fatta&rdquo;, noi in sella alle fide Guzzi V7 III Stone. &Egrave; stato un onore, poi, avere con noi anche la Deputy Consul General di Canton e il suo staff, nonch&eacute; la direzione dell&rsquo;ICE, istituzione attenta a valorizzare la presenza dell&rsquo;imprenditoria italiana in loco. Il calore con cui ci hanno accolto ha certamente aggiunto ancora valore a questo viaggio, di per se straordinario, nel sottolineare l&rsquo;importanza di due eccellenze italiane, cibo e motori, che si incontrano in Cina. Non nascondiamolo, per noi &egrave; una grande soddisfazione!! Stasera ci aspetta l&rsquo;aereo che ci porter&agrave; a Istanbul e da l&igrave; a Milano, ma prima ci buttiamo nella &ldquo;sauna&rdquo; fuori dall&rsquo;albergo per dirigerci verso il mercato officinale, dove si vendono i rimedi tradizionali della medicina cinese; c&rsquo;&egrave; di tutto, dagli scorpioni vivi alle rane essiccate, passando per zoccoli di cerbiatto e meduse disidratate! Tutto intorno &egrave; un brulicare di vita e mezzi, molti dei quali elettrici, ma meno di quanti ne avevamo visti a Kashgar. Quando &egrave; quasi ora d&rsquo;andare ci sparpagliamo, ricordandoci d&rsquo;un tratto, praticamente all&rsquo;unisono, che domani saremo in Italia e che nessuno di noi ha un regalino da portare ad amici e parenti. Cos&igrave; risaliamo sul pullman che ci porter&agrave; in aeroporto madidi di sudore, spossati, ma ognuno un ricordo per chi ci aspetta a casa: pashmine, orologi, qualche giocattolo, un ventaglio.&nbsp; Siamo in aeroporto, il momento &egrave; arrivato, ci aspetta il volo per Istanbul. E il sapore adesso &egrave; innegabilmente quello della nostalgia.   I giorni in sella alle Guzzi V7 III Stone, centauri seri con il nostro equipaggiamento Dainese, sembrano gi&agrave; lontanissimi; i telefoni ricominciano a squillare e chi risponde parla gi&agrave; di appuntamenti, pagamenti, commercialisti e impegni vari (orrore!). Che volete farci, i viaggi in fondo sono belli anche per questo. In qualche modo &egrave; giusto che finiscano, altrimenti non sarebbero viaggi. La programmazione, l&rsquo;eccitazione della partenza, l&rsquo;avventura, la conclusione, la nostalgia e i racconti fanno tutti parte di quel &ldquo;grande gioco&rdquo; del muoversi. Cerchi che si chiudono e che solo cos&igrave; trovano la loro perfezione. Siamo felici. Ci aspettavamo che sarebbe stato cos&igrave;? Le nostre Guzzi V7 III Stone sono state delle compagne di viaggio perfette, docili, dolci quanto basta, ma anche aggressive e capaci di dominare strade molto pi&ugrave; ostili rispetto a quelle per cui sono state progettate. Lo stesso dicasi per Dainese, ma in realt&agrave; &egrave; una conferma. Un sentito, avvolgente grazie se lo stra-meritano, anche per averci fatto sentire una presenza costante e rassicurante per tutti gli oltre 4.000 km percorsi. Arrivederci in Italia! (Leonardo Lucarelli)       

Il 14 giugno sono partiti da Malpensa 22 piloti pronti per percorrere in sella a ventidue esemplari di V7 III Stone la rotta di Marco Polo, fino in Cina, passando per il miraggio di Samarcanda. Ecco il resoconto del loro viaggio.

        La sedicesima tappa ha portato gli avventurosi rider in Cina.&nbsp; Vi proponiamo un estratto del diario di &ldquo;bordo&rdquo; che il cronista dello sponsor &ldquo;Riso Scotti&rdquo; pubblica ogni giorno. &nbsp;&ldquo;Sapevamo che oggi ci aspettava una frontiera particolarmente impegnativa (ma non immaginavamo quanto!), quella con la Cina, quindi abbiamo puntato le sveglie alle 5.30. Che poi sarebbero state le 4.30, visto che rispetto al Tajikistan da cui proveniamo le lancette dell&rsquo;orologio vanno spostate di un&rsquo;ora avanti. Beh, una volta riemersi dalle coperte abbiamo scoperto che durante la notte la pioggia si era trasformata in neve, rendendo immacolate le cime montuose attorno a noi, con il Lenin Peack che svetta su tutte. L&rsquo;alba le tinge di un rosa commovente, mentre i prati ancora in ombra iniziano a prendere vita sotto i passi dei Kyrgyzi, che portano al pascolo le loro mucche e i cavalli. "Le selle delle moto sono congelate, subito dopo colazione iniziamo a pulirle e poi ci avviamo. La strada verso il confine &egrave; un nastro nero annodato nel bianco immacolato della brina e della neve montana, un cambio di prospettiva pazzesco rispetto al rosso delle rocce del Pamir! Nonostante il tempo stringa, soprattutto per il nostro amico Paolo ha un aereo da prendere in Cina,&nbsp; non riusciamo a trattenerci e ci fermiamo ad ammirare il panorama e a far contenti i fotografi che fremono nel furgone che ci segue. Davvero uno spettacolo unico, il modo migliore che ha trovato il Kyrgyzstan per farci capire che un solo giorno nei suoi confini &egrave; decisamente troppo poco, e che si meriter&agrave; una visita pi&ugrave; accurata. Lo prendiamo come un invito che anche la nostra guida&nbsp; Beghaim ci fa promettere di onorare, nella speranza, sincera, di tornare. "La nostra avventura si avvia alla conclusione, ma non &egrave; ancora tempo per la nostalgia. Abbiamo 180 km prima di raggiungere Kasghar, la nostra meta cinese. Ma tra noi e l&rsquo;agognata meta c&rsquo;&egrave; di mezzo&hellip; la frontiera, che &egrave; ben peggio del mare! Ore e ore a ripetere le stesse cose: passaporti, check in, controllo bagagli. Ogni volta speriamo che sia l&rsquo;ultima e ogni volta non lo &egrave;. I disagi anche oggi non mancano: dobbiamo superare alcuni tratti di svariati chilometri di &ldquo;no man&rsquo;s land&rdquo; che operatori e fotografo dovrebbero farsi a piedi&hellip;. dovrebbero, in realt&agrave;, colti da piet&agrave; torniamo indietro e li carichiamo sulle moto, trascinando i loro bagagli sulle rotelle come improvvisati e traballanti carretti. Per non parlare del camion al quale abbiamo chiesto il favore di portarci i bagagli pi&ugrave; pesanti come ruote di scorta delle moto e attrezzature varie che nel bel mezzo di una curva in salita nella &ldquo;terra di nessuno&rdquo; perde completamente l&rsquo;asse delle ruote posteriori!   "E via, iniziamo una spola con le moto per recuperare i bagagli e portarli fino al confine cinese, mentre il povero autista guarda incredulo e sconsolato il suo autotreno monco inchiodato nel nulla. Che poi proprio nulla non &egrave;;&nbsp; il paesaggio &egrave; comunque spettacolare, con le rocce modellate dal vento in forme assurde che svettano verso l&rsquo;alto e le montagne innevate a fare da sfondo in lontananza.&nbsp; "Lo &ldquo;stile&rdquo; di questa frontiera non si avvicina minimamente alle precedenti: &egrave; un enorme cantiere, tutto un brulicare e un lavorio, l&rsquo;asfalto una tavola da biliardo immacolata, i gesti dei doganieri precisi e meccanici.&nbsp; "I controlli molto, ma molto pi&ugrave; pignoli di qualsiasi altro subito fino ad ora: abbiamo atteso ore davanti ad una macchina che misura la temperatura corporea con gli infrarossi; altro tempo infinito lo abbiamo passato nell&rsquo;attesa che un enorme TAC scansionasse le nostre Guzzi&nbsp; V7III Stone una per una, poi&nbsp; tutti i nostri bagagli&hellip;.Dopo una quantit&agrave; di ore che non riusciamo pi&ugrave; a contare finalmente entriamo in territorio Cinese e, sinceramente stremati ci rimettiamo alla guida che viviamo come una specie di premio.&nbsp; "Ci godiamo queste ultimi chilometri sapendo che a circa 80 km dalla nostra meta, Kashgar,&nbsp; purtroppo ci dobbiamo separare dalle nostre compagne di questo ineguagliabile viaggio&hellip;dobbiamo proprio farlo. E&rsquo; il momento di dare l&rsquo;addio alle nostre Guzzi V7 III Stone. Sono arrivate tutte a destinazione, lasciando orgogliosamente disoccupati i mezzi di soccorso che si sono avvicendati nei diversi Paesi attraversati. Nell&rsquo;assecondarci su ogni manto stradale, su ogni impervio percorso, senza mai darci problemi seri di alcun genere, hanno compiuto un&rsquo;impresa epica, sembrano saperlo bene. Le salutiamo come se ci togliessero qualcosa che ormai era tutt&rsquo;uno con noi e ci rendiamo conto anche noi che siamo arrivati per davvero: siamo in Cina!&nbsp; &nbsp;(Leonardo Lucarelli &ndash; Continua nella prossima puntata)       

Moto Guzzi sulla Via della Seta, 5a puntata

        La dodicesima tappa ha portato gli avventurosi rider nel Pamir. Si legge sul diario di &ldquo;bordo&rdquo; che il cronista dello sponsor &ldquo;Riso Scotti&rdquo; pubblica ogni giorno: &ldquo;Se dovessimo scegliere una parola al giorno, quella di oggi sarebbe senza dubbio &ldquo;avventura&rdquo;. Nove ore di guida, praticamente senza sosta, lungo le acque impetuose del Pyanj River, uno dei corsi d&rsquo;acqua pi&ugrave; grandi dell&rsquo;Asia che disegna il confine tra Tajikistan e Afghanistan.&nbsp; Ci aspettano 355 km di strada prevalentemente sterrata senza nessuna protezione, spesso esposta alla furia dell&rsquo;acqua che sembra volerla sbranare in un continuo lavoro di correnti e mulinelli. Se ci&ograve; non bastasse, aggiungeteci che questa strada, impropriamente chiamata Highway M341, &egrave; l&rsquo;unico collegamento dell&rsquo;altopiano del Pamir e quindi percorsa anche da molti camion a rimorchio soprattutto cinesi che ti trovi all&rsquo;improvviso dietro a curve strettissime. Ad un certo punto nei pressi del Kharaburabad Pass, ha iniziato anche a piovere a dirotto; i rigagnoli che confluiscono nel Pyanj hanno invaso la pista sassosa regalandoci il brivido di dover fare diversi guadi. Per fortuna il nostro abbigliamento tecnico Dainese,&nbsp; oltre a proteggerci in sicurezza, ci ripara dall&rsquo;umidit&agrave; della pioggia battente e dagli schizzi del fango della strada. La valle del Bartang ci offre una sfilata infinita di panorami superlativi: villaggi di un verde acceso che fanno da contrappunto alle pareti scoscese della vallata che ci circonda. Lungo la strada incontriamo dei bambini che, simpaticamente, ci&nbsp; corrono incontro per darci un cinque. In&nbsp; pi&ugrave; punti le rocce rosse si aprono per regalarci meravigliosi scorci delle vette innevate dell&rsquo;Hiundukush (Uccisore degli Ind&ugrave;) che segna il confine fra l&rsquo;Afghanistan e il Pakistan. L&rsquo;Afghanistan &egrave; l&igrave;, in alcuni punti a non pi&ugrave; di 30-40 mt da noi, la tentazione di provare ad attraversare uno dei rari ponti &egrave; forte, ma purtroppo siamo in periodo di fine Ramadan, momento sacro per eccellenza e ci viene spiegato che non &egrave; proprio possibile. Peccato, ci sarebbe piaciuto portare il nostro piccolo messaggio simbolico di pace e di unione fra i popoli, senza conflitti e senza frontiere. Ma le barriere ci sono, e a noi non rimane che rispettarle. Il paesaggio &egrave; aspro e primordiale, siamo in uno dei posti pi&ugrave; selvaggi e spettacolari di tutto il Pamir occidentale. Soltanto la fertile pianura alluvionale offre dei tratti di verde, punteggiato dal viola dei fiori, che spicca sul rosso rugginoso delle montagne. Ci fermiamo per pranzo in un villaggio poggiato proprio sul fiume burrascoso in un ristorantino buio, ma accogliente. La proprietaria &egrave; gentile e disponibile e&nbsp;Gianluca si lancia nella preparazione di una straordinaria&nbsp; frittatona con cipolla, inaspettata e molto divertente.&nbsp; Viaggi cos&igrave; sanno stravolgere i ruoli e mettere tutti sullo stesso, fondamentale&nbsp; piano dell&rsquo;amicizia e della collaborazione. In ogni caso la frittata &egrave; buonissima, o forse siamo noi ad essere affamatissimi! Ovviamente il pranzo si chiude con l&rsquo;immancabile anguria. Qualcuno inizia a dare segni di cedimento: provate a leggere in qualsiasi guida, troverete scritto che alcuni motociclisti riescono a superare la vallata in pochi giorni; noi lo facciamo dalla mattina alla sera! Perdonaci l&rsquo;eccesso di ego, ma guidare qui ci fa sentire tutti un po&rsquo; grati e un po&rsquo; eroi. Nessuno vuole cedere alla &ldquo;umiliazione&rdquo; della moto caricata sul carrello del van che ci scorta e procediamo uniti sulla nostra strada da sogno. Le nostre moto Guzzi V7III Stone se la cavano egregiamente, nonostante le strade estremamente dissestate, cosparse di buche e il terreno reso viscido dall&rsquo;acqua. Incredibilmente arriviamo a Khorg in perfetto orario e, nonostante l&rsquo;altitudine oltrepassi i 2000 mt , la temperatura &egrave; di 20&deg;, davvero perfetta.&nbsp; A differenza di Dushambe, qui quasi tutti sembrano parlare bene l&rsquo;inglese; ci sistemiamo in albergo e iniziamo a far la conoscenza dei locali, nel clima di leggera eccitazione che precede la grande festa di chiusura del Ramadan del 26 giugno. &nbsp;(Leonardo Lucarelli &ndash; Continua nella prossima puntata)       

Moto Guzzi sulla Via della Seta, 4a puntata

        &nbsp;&ldquo;Per secoli, dal graduale abbandono della Via della Seta in poi, la linea del deserto del Kara Kum Turkmeno fino al deserto del Takla Makan nel Turkestan cinese &egrave; rimasta uno dei luoghi meno attraversati del pianeta. Finch&eacute; all&rsquo;inizio del Novecento, quasi all&rsquo;improvviso, alcuni fra i migliori &ndash; e pi&ugrave; visionari &ndash; studiosi di cose antiche hanno deciso, tutti insieme, di partire alla scoperta delle civilt&agrave; che si dicevano sepolte, e intatte, sotto la sabbia.&rdquo;&nbsp;Peter Hopkirk, Diavoli Stranieri sulla Via della Seta Il programma che mi hanno consegnato, quando mi &egrave; arrivata la comunicazione che sarei stato il fotografo e il cantastorie della nuova avventura di Riso Scotti e Moto Guzzi, inizia con questa citazione di Peter Hopkirk. Beh, non ci crederete, ma Hopkirk &egrave; uno dei miei autori preferiti, ho iniziato con &ldquo;Il Grande Gioco&rdquo; e da l&igrave; ho letto tutti i suoi libri, immaginando quell&rsquo;epopea di avventurieri, Khan, spie, esploratori, eserciti che si &egrave; compiuta a cavallo tra il XVIII e gli inizi del XX secolo in una delle zone pi&ugrave; calde del pianeta, l&rsquo;antico Industan. Conoscere la storia di queste terre ci aiuta a capire anche il nostro quotidiano e i tigg&igrave; che vediamo tutti i giorni, a comprendere perch&eacute; l&rsquo;Afghanistan &egrave; uno snodo cruciale del potere mondiale e perch&eacute; nell&rsquo;Asia Centrale ci sono due cose che fanno dalla notte dei tempi: commerciare e combattere. Ovviamente non sono qui per fare analisi socio-politiche, ma per raccontarvi un viaggio unico, di quelli che quando parti gli amici ti dicono &ldquo;&egrave; il viaggio della vita&rdquo;, con una punta di (sanissima) invidia. Ma davvero sono strade in cui bisognerebbe andare almeno una volta nella vita, perch&eacute; da qui &egrave; passata gran parte della nostra storia e dei commerci che hanno fatto grandi Genova e Venezia. E proprio l&rsquo;Asia centrale &egrave; stata l&rsquo;ago della bilancia di equilibri mondiali che hanno visto uno dei due piatti muoversi sotto al peso della Russia, quella zarista prima, quella socialista dopo. Ma basta chiacchiere, &egrave; ora di partire! Gli imprevisti rendono memorabili i viaggi. Partendo da questo (sacrosanto) assunto, le premesse dovrebbero essere ottime; il mio primo imprevisto, infatti, &egrave; stato non poter partire con tutto il gruppo alla volta dell&rsquo;Iran. Purtroppo mentre i visti per Tagikistan e Uzbekistan sono relativamente facili da ottenere (quello per il Kirghizistan si prende tranquillamente alla frontiera), l&rsquo;iter &egrave; pi&ugrave; complesso per il Turkmenistan. E, a quanto pare, fotografi e giornalisti non lo ottengono facilmente. Infatti a me, che sono ambedue le cose, viene negato l&rsquo;ingresso nel paese. Risultato: volo da solo fino a Tashkent, dove incontro il simpaticissimo Bex, mia guida e angelo custode. Insieme prendiamo un altro aereo diretti a Urgench (capoluogo della provincia del Khorezm e classica citt&agrave; sovietica dalla pianta a griglia con strade enormi e piazze vuote, affascinante nella sua austerit&agrave;), per poi raggiungere Khiva in automobile.&nbsp; E qui aspettiamo il resto del gruppo di guzzisti, che nel frattempo hanno lasciato l&rsquo;Iran e stanno attraversando il deserto del Karakum Turkmeno (senza di me, sigh!). Ci vuole sempre un po&rsquo; per carburare, quando ci si trova catapultati in un luogo tanto diverso da quello in cui sei abituato a vivere. Cos&igrave; inizio a scattare, che &egrave; la cosa che mi riesce meglio. Il cielo sembra un opale screziato d&rsquo;arancione appena lucidato, il pomeriggio allunga le sue ombre sui palazzi di una Khiva quasi vuota, irreale, nella quale rimbombano i passi e le risate dei bambini che provano a catturare le cavallette con le mani, quando salgo sulla torre di guardia della Kuhna Ark l&rsquo;ultimo spicchio di sole sta incendiando le facciate dei meravigliosi palazzi rivolti a occidente, mentre sullo sfondo sfumano le basse case popolari a pianta quadrata di paglia e fango. &Egrave; uno di quei momenti in cui ogni cosa ha il sapore che dovrebbe avere e l&rsquo;esatto colore, poso la macchina fotografica e mi godo questa rara sensazione di pienezza. Ho imparato la mia prima parola in Uzbeko,&nbsp;rakhmat. Significa &ldquo;grazie&rdquo;. (Leonardo Lucarelli &ndash; Continua nella prossima puntata) (Nella foto: Pronti ad affrontare il deserto rosso. Khiva ti lasciamo)       

Moto Guzzi sulla Via della Seta, la 3a puntata

        &ldquo;Alle 12:00 del nostro &ldquo;mercoled&igrave; da leoni&rdquo; confluiamo nell&rsquo;ampia area check-in dell&rsquo;aeroporto di Malpensa. Suscitiamo un minimo di curiosit&agrave; con le nostre giacche e stivali da moto indosso, nonostante la temperatura esterna superi i 30&deg;; nessuno di noi ci bada per&ograve;, siamo troppo concentrati sull&rsquo;avventura che ci aspetta, pervasi da quello stato d&rsquo;animo di serena curiosit&agrave; condita al tempo stesso da un pizzico di trepidazione, nell&rsquo;attesa del nostro lungo viaggio verso l&rsquo;ignoto, il non conosciuto. Biglietti, bagagli, controlli, gate &hellip; ci spostiamo in massa lungo il tunnel d&rsquo;imbarco dove rimbombano i nostri passi e le nostre chiacchiere di viaggiatori!, cos&igrave; racconta il diario di viaggio dei 22 piloti che spingeranno le loro moto fino in Cina.. &ldquo;La hostess della Turkish Airways ci sorride, non immagina sicuramente quale &ldquo;rotta&rdquo; stiamo per intraprendere con le nostre Moto Guzzi; nei nostri sguardi la fiera consapevolezza di affrontare un viaggio fuori dall&rsquo;ordinario e, quindi, straordinario! &nbsp;&ldquo;Sono quasi le 2:00 del mattino quando atterriamo a Mashhad, in Iran.&nbsp;Abbiamo proprio la sensazione di &ldquo;entrare&rdquo; in qualcosa di insolito: regna un silenzio assoluto, nessuna presenza di turisti, una enorme effigie dell&rsquo;Ayatollah Khomeini ci scruta dalla parete&rdquo;, prosegue il racconto del piloti. &nbsp;&ldquo;Eccoci prestissimo in dogana, armati della nostra miglior pazienza: sappiamo che non sar&agrave; n&eacute; semplice n&eacute; veloce. Ci rimarremo infatti oltre 3 ore, a compilare montagne di documenti (tutto rigorosamente a mano) e a cercare di familiarizzare con le quasi 40 persone che a vario titolo si occupano di noi: siamo in una delle citt&agrave; pi&ugrave; grandi dell&rsquo;Iran, eppure solo noi stiamo impegnando la dogana, e il nostro carico effettivamente insolito suscita grande curiosit&agrave;. &ldquo;All&rsquo;interno di un capannone ingombro di un incredibile mix di oggetti &hellip; eccole! Le avevamo salutate a Milano e ritrovarle qui &egrave; una grande emozione (oltre che un sollievo): le nostre 22 Moto Guzzi V7 III Stone ci strizzano l&rsquo;occhio, hanno voglia di rombare. &ldquo;Oltre 35 gradi; ci mettiamo per strada, nell&rsquo;attraversare Mashhad, e ci rendiamo subito conto di &ldquo;fare notizia&rdquo;! Molte macchine si accodano, ci suonano: vogliono capire chi siamo, che moto sono, anche quanto costano&rdquo;. &ldquo;Il viaggio inizia veramente qui - &nbsp;Oggi finalmente facciamo &ldquo;amicizia&rdquo; con le nostre Moto Guzzi: ci aspettano i primi 300 km, per prendere confidenza. Partiamo verso le montagne di confine, attraversando un paesaggio che pian piano muta da piana arida e desertica ad un susseguirsi di colori che animano le vallate e i canyon, in cui i minerali lavorati dall&rsquo;acqua e dall&rsquo;aria hanno prodotto un&rsquo;incredibile tavolozza. Sono 200 km di full immersion con la natura. Non incontriamo praticamente nessuno. Saliamo il Kopet Dag, la catena montuosa situata tra Iran e Turkmenistan: &egrave; immensa, si estende a perdita d&rsquo;occhio per circa 650 km lungo il confine asiatico. La sommit&agrave; &egrave; a 3191 metri ed &egrave; l&igrave; in cima che incredibilmente c&rsquo;&egrave; la frontiera! &ldquo;Pu&ograve; apparire una stranezza, ma si spiega con la lunga inimicizia tra i due Paesi divisi dalla religione (sciiti gli iraniani, sunniti i turkmeni) e da interessi economici e politici contrastanti. &ldquo;E&rsquo; una delle frontiere pi&ugrave; difficili al mondo, e ce ne accorgiamo, sia per la lunga e faticosa burocrazia, sia per l&rsquo;atmosfera molto militarizzata. E&rsquo; una barriera vera, dura, con un sistema di difesa organizzato in ben 5 presidi di protezione dei confini. Per cui, passato il primo controllo, saranno altri 4 ad attenderci, in un susseguirsi di filo spinato, torrette armate, militari con cani da assalto. Siamo gli unici a voler passare, oggi, e indubbiamente la nostra colonna di centauri deve apparire strana, ma rimane festosa e non ci facciamo scalfire dall&rsquo;accoglienza fredda. Ci controllano qualsiasi cosa, pare vogliano persino smontare le moto, ma alla fine passiamo, indenni, a parte il drone di Riccardo, il nostro film maker, che viene piombato un po&rsquo; con mala grazia affinch&eacute; in nessun caso possa essere utilizzato in territorio turkmeno per riprese che mai verrebbero autorizzate. L&rsquo;arrivo nella capitale - "Cinque ore e molta pazienza dopo, eccoci in Turkmenistan. La capitale, Ashgabat, dista solo 50 km, e anche questo fa comprendere il perch&eacute; di tanta prudenza a concedere il visto d&rsquo;ingresso. "Arriviamo, stanchi ed accaldati, e ci accoglie una citt&agrave; inaspettata: &egrave; tutto bianco, con un&rsquo;illuminazione sfarzosa, esagerata. La attraversiamo, con la sensazione di essere a tratti a Montecarlo, per l&rsquo;eleganza curata, ma anche a Dubai per la grandiosit&agrave; dei palazzi; lo scintillio sfavillante del milione di luci colorate suggerisce invece Las Vegas! Che citt&agrave; incredibile! Solo qualche scatto oggi, domani la visiteremo e ne capiremo meglio le logiche. "Al momento, i 45 gradi ci stanno sciogliendo e abbiamo bisogno di un po&rsquo; di riposo. Il clima &egrave; un po&rsquo; faticoso, anche se siamo davvero ben equipaggiati: giacche e caschi Dainese sono veramente eccezionali; con il loro sistema di traspirazione ci consentono un continuo ricambio d&rsquo;aria e questo &egrave; importantissimo per mantenere comunque una sensazione di benessere, anche durante la guida. &ldquo;Quella che vediamo oggi &egrave; l&rsquo;Ashgabat della post indipendenza concepita dal Presidente&nbsp;Niazov. I proventi di&nbsp;gas&nbsp;e&nbsp;petrolio&nbsp;degli ultimi venti anni (il Turkmenistan &egrave; il terzo produttore al mondo di gas naturale!) sono serviti a finanziare un capitolo tutto nuovo dell&rsquo;esistenza della citt&agrave;. Mentre la visitiamo, si conferma l&rsquo;impressione che ne avevamo avuto all&rsquo;arrivo ieri: Ashgabat &egrave; una citt&agrave; incredibile! L&rsquo;effetto &egrave; davvero quello di una &ldquo;cattedrale nel deserto&rdquo;. &ldquo;Tra il deserto del Karakum, che le nostre Moto Guzzi V7 III affronteranno&shy; tra poco, e le pendici della catena montuosa Kopet Dag, da cui proveniamo, la citt&agrave; si trova nell&rsquo;oasi di Akhal Tekin ad un&rsquo;altitudine di circa 230 mt. Il clima &egrave; arido-desertico. &ldquo;Nell&rsquo;ottobre del 1948, venne completamente distrutta da un devastante terremoto. Vi furono oltre 110.000 morti, pari a due terzi della popolazione. Per cinque anni l&rsquo;accesso alla zona fu interdetto per permettere il recupero delle vittime, di rimuovere le macerie e di ricostruire la citt&agrave; che fu riprogettata su un perfetto reticolato di vie perpendicolari. La ricostruzione &egrave; avvenuta con una perizia fuori dal comune, nel rispetto di regole ferree, come ad esempio l&rsquo;utilizzo di travertino bianco &ndash; esclusivamente bianco! &ndash; per tutti i palazzi. Una vera e propria fissazione del presidente che desiderava per la sua citt&agrave; il Guinness dei primati, anche per le luci: sono centinaia di migliaia, sfavillanti, di tutti i colori. Per&ograve; non esistono insegne: &egrave; vietato, e i negozi cos&igrave; non si riconoscono. &ldquo;Non possiamo fotografare palazzi governativi; in realt&agrave; ci proviamo, ma veniamo &ldquo;gentilmente&rdquo; invitati a non rifarlo! Ci riproviamo con il mercato russo, chiaro segno della passata dominazione. Ma non l&rsquo;unico. Il carattere, l&rsquo;atteggiamento stesso delle persone che incontriamo &egrave; stato indubbiamente e profondamente influenzato. Nessun sorriso, nessuna confidenza. Non possiamo dire di incontrare ostilit&agrave;, ma di certo freddezza e distanza. D&rsquo;altronde sono abituati a rituali per noi inconcepibili: quando il presidente passa per le strade, ad esempio, nessuno &egrave; autorizzato nemmeno ad affacciarsi alle finestre, pena multe molto severe. &ldquo;Un mondo surreale - Un Paese a suo modo unico al mondo, caparbio nel difendere la sua neutralit&agrave; ed indipendenza, con una palese mania di grandezza che si riversa nell&rsquo;architettura, negli arredi. Tra l&rsquo;altro, scopriamo che sono moltissimi gli artigiani italiani incaricati durante la ricostruzione e sar&agrave; un italiano famoso a firmare la regia dei giochi olimpici asiatici che si terranno qui il prossimo settembre: Marco Balich, l&rsquo;immaginifico regista veneziano che ide&ograve; l&rsquo;inaugurazione dei Giochi di Rio. &ldquo;Percorriamo ancora le strade, e capiamo come la capitale stia vivendo un momento di boom economico e come il suo profilo architettonico sia in continua evoluzione. Una cosa curiosa &egrave; che i nomi delle strade sono stati sostituiti negli ultimi anni di vita del&nbsp;presidente Niyazov&nbsp;da numeri, il che ha contribuito a rendere ancora pi&ugrave; caotico l&rsquo;orientamento in citt&agrave; anche in virt&ugrave; del fatto che, essendo i nomi delle vie gi&agrave; cambiati nel passaggio tra il periodo sovietico e quello dell&rsquo;indipendenza negli anni Novanta, la stessa strada pu&ograve; essere indicata con tre nomi diversi a seconda dei casi. &ldquo;Sono molte le&nbsp;stranezze&nbsp;di questo paese; tra queste, i prezzi esorbitanti dei&nbsp;musei&nbsp;accanto ad attrazioni gratuite. Un&rsquo;altra cosa incredibile &egrave; la ruota panoramica, voluta dal presidente, ma chiusa in una sorta di guscio a causa della temperatura insostenibile: volteggiare a 50 gradi ad alta velocit&agrave; avrebbe causato non pochi problemi; cos&igrave;, lo si pu&ograve; fare, ma &ldquo;sotto vetro&rdquo;, in un ambiente condizionato! &ldquo;Abbandonando questo mondo surreale, si pu&ograve; entrare in contatto anche con il volto tradizionale di Ashgabat nello spettacolare&nbsp;Bazar di Tolkuchka, un enorme mercato alla periferia della citt&agrave; dove si pu&ograve; comprare e contrattare veramente di tutto, dai gioielli ai cammelli, dalla frutta agli accessori per la casa, passando per ogni sorta di abbigliamento. Il pezzo forte &egrave; sempre il&nbsp;commercio di tappeti. &ldquo;Ora ci attende il deserto. Siamo pronti e anche un po&rsquo; emozionati&hellip;&rdquo; (Leonardo Lucarelli &ndash; Continua nella prossima puntata) Qui la 1&deg; puntata &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;       

Il 14 giugno sono partiti da Malpensa 22 piloti pronti per percorrere in sella a ventidue esemplari di V7 III Stone la rotta di Marco Polo, fino in Cina, passando per il miraggio di Samarcanda. Ecco le prime giornate

Moto Guzzi sulla Via della Seta, 2a puntata

<p>Alessandro Ciceri &ldquo;Wizz&rdquo;, noto per i suoi raid polari, e la studentessa e &ldquo;storyteller&rdquo; Arianna Lenzi, nickname &ldquo;La Bionda sulla Honda&rdquo;, da dieci giorni sono in viaggio insieme per il Kagikistan. Appena giunti ad Istanbul</p> 

“Wizz” e “La Bionda” insieme sulla Via della Seta: foto

Simpaticissimo sodalizio di moto e di social, forse di vita, sicuramente di avventura. Lui &egrave; Alessandro &ldquo;Wizz&rdquo; dei Faenza Winter Bikers, trentenne, anche ribattezzato &ldquo;motociclista delle nevi&rdquo; in virt&ugrave; degli exploit invernali in solitaria attraverso le latitudini pi&ugrave; inclementi dell&rsquo;emisfero Boreale, affrontate a mente libera e cuore leggero, tra neve e ghiacci, in sella ad una vecchia Honda CB600 con gi&agrave; 150mila chilometri all&rsquo;attivo. Appositamente preparata, munita di ingegnoso (e anche un po&rsquo; pazzesco&hellip;) sistema di sci laterali retrattili.&nbsp; Lei &egrave; Arianna, meglio conosciuta sul suo blog come &ldquo;La Bionda sulla Honda&rdquo;, bresciana, motociclista e scrittrice, fotografa e studentessa. Instancabile viaggiatrice ma alla sua prima esperienza di grande avventura asiatica in moto. I due riferimenti web sono: inWiaggio.com e labiondasullahonda.wixsite.com    PROGETTO UNICO - Wizz e La Bionda hanno unito da qualche mese le proprie reciproche storie in sella, hanno intrecciato i destini di indomiti viaggiatori in un lungo progetto sulla Via della Seta, hanno condiviso esperienze, risorse, &nbsp;tempo e&hellip; sono partiti! Insieme, lo scorso 2 giugno, rotta Lugo di Romagna &ndash; Slovenia. Con tenda e stoviglie al seguito. Stavolta, anche con un clima decisamente pi&ugrave; umano rispetto a quelli gelidi cui ci avevano abituato le precedenti imprese invernali di Wizz.  TRA EUROPA E ASIA - Attraversato il cuore dei Balcani, dalla Croazia alla Serbia, dopo lento e riflessivo pellegrinaggio in diagonale per l&rsquo;intera Bulgaria &ndash; rivelatasi, a detta dei nostri viaggiatori, interessantissima scoperta - sono attualmente giunti sul Bosforo, Istanbul, Turchia. Che &egrave; anche convenzionalmente considerato punto geografico di separazione tra Continente europeo ed Asia. Superato lo Stretto, ad attenderli c&rsquo;&egrave; dunque ora la Via della Seta. Il piano di &ldquo;navigazione&rdquo; prevede: Anatolia, Armenia, Azerbaijan, Georgia, Russia, Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan. Totale: 15.000 km entro luglio.&nbsp;    LE MOTO - Wizz viaggia su una Honda CBF600 (non quella dei viaggi invernali con gli sci retrattili, ma un&rsquo;altra simile, con &ldquo;appena&rdquo; 100mila chilometri sul cruscotto); la Bionda guida una CBX500 nuova. Raggiunto il Tagikistan i due si separeranno. Arianna rientrer&agrave; in Italia, mentre Wizz proseguir&agrave; in solitaria fino a Vladivostok, Siberia. Per chi &egrave; interessato alle avventure invernali di Wizz, &egrave; disponibile sul sito dell&rsquo;autore il libro &ldquo;Capodanno a Capo Nord&rdquo;: 240 pagine, 12.000 km, 35 giorni a &ndash;26&deg; C., una sola caduta. 