        Spidi amplia la gamma Urban 2022 con Genesis. La nuova giacca in pelle &egrave; progettata per dare il massimo comfort. In questo caso il marchio italiano ha scelto il pellame di bufalo, di spessore medio, che combina buone doti di resistenza allo strappo e all'abrasione con una grande comodit&agrave;, essendo particolarmente morbido.  SPIDI GENESIS: GIACCA SPORTIVA E SICURA Genesis &egrave; innatamente sportiva ma allo stesso tempo confortevole, ideale per diversi tipi di moto, dalle sportive alle naked. La pelle di bufalo utilizzata ha uno spessore di 1.0/1.1 mm. Elevate anche le doti di sicurezza sono elevate: Genesis ha infatti raggiunto la classe di certificazione AA. I protettori rimovibili sono di tipo Warrior Lite (sulle spalle) e Forcetech (sui gomiti), mentre la tasca sulla schiena permette di alloggiare i protettori dorsali della serie Warrior, di livello 1 o 2. Il gilet termico staccabile da 80 gr/mq permette di utilizzare Genesis anche nelle giornate pi&ugrave; fredde. Le zip YKK garantiscono scorrevolezza e altissima durabilit&agrave;, mentre il sistema clip-stop posizionato sul fondo della giacca consente di agganciarla ai pantaloni tramite i passanti della cintura.  COLORI E PREZZO Spidi Genesis pesa 2,5 kg, &egrave; disponibile nei colori nero, nero/bianco e nero/rosso con taglie dalla 46 alla 62. Il prezzo &egrave; di 399,90 euro. SPIDI, LA NUOVA GIACCA MULTISTRATO VISION LIGHT       

Il capo d'abbigliamento combina elevate doti di sicurezza al massimo comfort per il motociclista: ecco i colori disponibili e il prezzo

Spidi Genesis, la giacca sportiva in pelle di bufalo

Nobile stirpe. La YZF-R7 arriv&ograve; nel 1999 a completare la bella famiglia delle &quot;R&quot; Yamaha. Famiglia di cui facevano gi&agrave; parte le supersportive YZF-R1 ed YZF-R6 (arrivata anche lei quell&#39;anno). La R7 rappresentava anche la massima espressione delle superbike-replica, e non a caso: nacque per portare lo scettro delle derivate di serie ad Iwata, ancora a digiuno di allori in quella categoria e da quella base derivarono le due moto ufficiali destinate al Mondiale con cui corsero Vittoriano Guareschi e il funambolico giapponese&nbsp;Noryuki Haga. Purtroppo, anche per un discusso caso di doping che vide protagonista &quot;NitroNory&quot;, quel titolo non arriv&ograve; mai. E questo fu l&#39;unico (e grande) rimpianto per questa superba moto.  DERIVATA DAI GP  Per la gioia dei pi&ugrave; incalliti smanettoni del periodo (e non solo del periodo), la Yamaha R7 effettivamente si presentava non troppo distante nel look e nella linea dalle moto da competizione, tanto pi&ugrave; se la si immagina priva degli accessori stradali come porta targa, frecce e specchi retrovisori.    La ciclistica era strettamente derivata da quella&nbsp;delle YZR &nbsp;e faceva sfoggio di sospensioni &Ouml;hlins e impianto frenante che si avvaleva di pinze monoblocco.  Il motore era un quattro cilindri in linea da 749 cc Genesis 20 valvole (radiali) comandate da una catena laterale, aveva pistoni forgiati, e bielle e valvole in titanio. Troviamo anche un raffinato sistema di iniezione elettronica (nel kit era disponibile il doppio iniettore per cilindro) in grado in parte di giustificare il salato prezzo d&#39;acquisto di quasi 52 milioni di vecchie Lire; prezzo comunque facilmente incrementabile se si decideva di equipaggiarla con il primo step di potenziamento che costava 7 milioni di lire e in grado di accrescere la potenza a quasi 150 cavalli rispetto ai 106 di base.  Leggi la nostra prova del 1999:  &nbsp;  Sulla nostra prova in pista nel 1999 scrivevamo:    Non si fatica ad entrare in sintonia nella guida di questa Race-replica e le copiose scariche di adrenalina che pu&ograve; offrire gi&agrave; nella configurazione &quot;strozzata&quot; sono a portata di mano di tutti. L&#39;emozione, il piacere il grande feeling che si instaura sin dalle prime battute fanno passare in secondo piano la limitata protezione aerodinamica offerta dal cupolino, qualche vibrazione di troppo ai regimi pi&ugrave; elevati sulle pedane, soprattutto per la versione potenziata. Una vera libidine affrontare le curve scoprendo l&#39;elevata duttilit&agrave; e immediatezza con cui la R7 riesce ad inserirsi guadagnando senza indugi la corda, appoggiandosi solidamente sulla corposa spalla degi pneumatici e pronta ad accettare la manata sull&#39;acceleratore, senza deviare o allargare la traiettoria.  Libidinosa, soprattutto nella configurazione pi&ugrave; spinta, in uscita di curva quando si sente l&#39;avantreno che si alleggerisce sotto la spinta della ruota posteriore, e questo suggerisce di non appendersi al manubrio con troppa foga pena inevitabili sbacchettate dello sterzo in assenza dell&#39;ammortizzatore disponibile nella lunga lista del kit.    Ad impressionare maggiormente &egrave; la sensazione di leggerezza della ciclistica, che favorisce una immediata confidenza, riscontrabile nelle esse o nelle variazioni di inclinazione dove basta indirizzarla... al &nbsp;resto ci pensa lei. I migliori risultati, sotto il profilo dinamico, avvengono quando la si guida di autorit&agrave; senza mai scendere con l&#39;ago del contagiri sotto i 10.000 giri (come una vera moto da corsa!), oltre i quali la R7 allunga molto bene fino ai 14.000 giri indicati. Con queste premesse le si possono perdonare la pigrizia nella erogazione riscontrata tra i 6000 e gli 8000 giri, la lunga rapportatura della prima marcia (ben oltre i 127 km/h) in ossequio alla scelta della spazziatura di rapporti da moto da competizione. La velocit&agrave; di punta della YZF-R7, in versione &quot;standard&quot; si assesta sui 263 Km/h, che equivalgono a quasi 252 Km/h effettivi.    Rewind, Honda VFR750R (RC30): la perla del Sol Levante 

Nata dalla mano di Kunihiko Miwa, pap&agrave; delle R1 ed R6, aveva l&#39;obiettivo di portare il mondiale SBK ad Iwata. Portava in dote&nbsp;una tecnologia figlia dei GP e ad oggi le sue linee fanno ancora sognare

Rewind,Yamaha YZF-R7: libidine da SBK

Dalla mano dell&#39;ingegner Kunihiko Miwa, nel 1999 arriva sul mercato la YZF-R7. Dalla sua motore Genesis 750 con distribuzione 20 valvole che erogava in configurazione &quot;Strada&quot; 107 CV, ma che con l&#39;apposito Kit (dal costo di 6 milioni di vecchie lire) arrivava a quota 150 CV che diventavano 170 in configurazione SBK con Kit racing da quasi 40 milioni. Il telaio Deltabox II sfruttava l&#39;esperienza Yamaha nei GP. Al periodo fu grande protagonista in SBK con Noryuki Haga, ma non riusc&igrave; a centrare l&#39;obiettivo Mondiale. (di William Toscani)

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Un tempo regine tra le corse delle derivate di serie, la 750 &egrave; una cilindrata che sul fronte delle sportive &egrave; ormai sparita dai listini ufficiale delle case. Protagonista fino a tutti gli anni &#39;90 ed inizio 2000, le &quot;setteemezzo&quot; godevano di un enorme successo, soprattutto in ottica da corsa. Erano moto dotate di un rapporto peso/prestazioni che ne facevano un buon compromesso tra le pi&ugrave; strapotenti 1000 e le piccole e grintose 600: univano le&nbsp;peculiarit&agrave; delle due categorie risultando mezzi di indubbio gusto nella guida.&nbsp;  Tante le protagoniste dagli anni &#39;80 in avanti. Su tutte la Honda RC30, la Suzuki GSX-R 750, la Kawasaki ZXR-750, le Ducati 851-888-916 che inseriamo in questa categoria in virt&ugrave; del frazionamento a due cilindri che la rendeva idonea a correre in SBK. In ultimo, la protagonista della nostra storia, la Yamaha: con la serie FZ prima, ed FZR ed YZF poi,&nbsp;ha dato grande battaglia&nbsp;sul campo delle sportive di serie e da corsa. Tutte queste sportive&nbsp;Yamaha erano accomunate dal motore e dalla filosofia Genesis (che considera la moto come un organismo vivente, in continua evoluzione): un 4 cilindri - anche nella cubatura da 1000 cc -&nbsp;inclinato in avanti e caratterizzato dalla inedita&nbsp;testata a 5 valvole per cilindro. Soluzione abbandonata poi definitivamente nel 2007&nbsp;quando venne introdotta la pi&ugrave; convenzionale testata a 4 valvole sul motore 1000 della R1.  Allacciatevi il casco e... buona lettura!  Aggiornamento del 21-12-22: &egrave; l&#39;era&nbsp;G.E.N.I.C.H.  &nbsp;  YAMAHA FZ 750 (1985-1987)    Presentata nel 1984, vide il debutto sul mercato l&#39;anno seguente. Dalla sua un motore 750 4 cilindri in linea inclinati in avanti di 45&deg;. Soluzione quest&#39;ultima che favoriva l&#39;andamento rettilineo dei collettori di aspirazione oltre che abbassare il baricentro della moto, a vantaggio della maneggevolezza. Debutta la testata a 5 valvole, must di Iwata per 20 anni. Voci vollero che Yamaha speriment&ograve; anche una testata dotata di ben sette&nbsp;(!) valvole per cilindro (4 aspirazione e 3 di scarico) ma eccessiva complessit&agrave; meccanica e costi&nbsp;portarono ad &quot;accontentarsi&quot; delle sole tre&nbsp;di aspirazione e due di scarico. Un tipo di soluzione che ben conciliava le esigenze di una migliore respirazione del motore abbinate ed una camera di scoppio&nbsp;pulita e compatta nella geometria. Il motore al periodo erogava 106 CV oltre a risultare molto affidabile, e con un peso dichiarato per la moto di 209 Kg a secco.&nbsp;Le prestazioni erano esagerate per l&#39;epoca, e comunque molto buone se le guardiamo quasi 40 anni dopo. In gara, la FZ fu protagonista tra le derivate di serie (non era ancora SBK) imponendosi nel campionato americano e nella 200 Miglia di Daytona con Eddie Lawson.&nbsp;  Negli anni seguenti arriv&ograve; la versione carenata che al netto delle avvolgenti sovrastrutture non mostrava grandi stravolgimenti alla base tecnica, ad esclusione dello scarico che arriva nella versione 4 in 1, al posto del 4 in 2. Pur restando in listino fino al 1991, la FZ segn&ograve; il passo nei confronti delle sorelle di casa Yamaha decisamente pi&ugrave; &quot;racing&quot;.    &nbsp;  &nbsp;  YAMAHA FZR 750 R (1988)  Copia in scala della sorellona 1000, la FZR 750 del 1988 segn&ograve; una prima svolta tra le medie &quot;oversize&quot; di Iwata. Dalla sua la FZR - come sottolineava la R in pi&ugrave; - portava su strada soluzioni che sarebbero divetate simbolo per la casa dei tre diapason per anni: motore con testate 5 valvole (ovviamente) e telaio doppio trave in alluminio che rimpiazzava il perimetrale in acciao della serie FZ. Il motore manteneva le caratteristiche di potenza della serie FZ (106 CV) ma la nuova carenatura con doppio faro e due prese d&#39;aria frontali, oltre al nuovo telaio, ne facevano una moto tutta nuova oltre che pi&ugrave; sportiva. Questa serie 750 non venne importata in Italia, dove per&ograve; stava per arrivare una vera icona delle due ruote Yamaha ed in generale nel mondo delle SBK.  &nbsp;  &nbsp;  YAMAHA FZR 750 R OW-01 (1989-1992)  Sostanzialemte nata per correre tra le derivate di serie che al periodo vedevano il nascente mondiale SBK gi&agrave; grande protagonista, la FZR 750 R (codice OW-01) &egrave; un delle superbike pi&ugrave; apprezzate mai prodotte.&nbsp; Debutt&ograve; nel 1989 e venne realizzata in appena 500 esemplari l&#39;anno (numero necessario per l&#39;omologazione in SBK) al costo di oltre 35 milioni di vecchie lire. Dalla sua un nuovo telaio con doppio trave scatolato in alluminio, denominato Deltabox, e l&#39;utilizzo di materiali come magnesio e titanio. Vantava inoltre pregiate sospensioni Ohlins. Il motore della&nbsp; famiglia &ldquo;Genesis&rdquo; ora vede l&#39;adozione della valvola Ex-Up allo scarico, soluzione che migliorava la risposta ai medi regimi di un motore che aveva la capacit&agrave; di allungare fino ai 14.000 giri per una potenza di 120 CV. In gara la FZR 750 R and&ograve; a sfidare sullo stesso piano mostri sacri come&nbsp;Honda RC30 e Ducati 851, sfiorando i titolo con Fabrizio Pirovano, secondo nel 1989 alle spalle della Ducati di Raymond Roche. A fine &#39;92 la Yamaha decise di pensionare la OW-01, con la nuova YZF 750.    &nbsp;  YAMAHA YZF-750 (1993-1998)  Nel 1993 venne presentata la YZF. La nuova 750 Yamaha ariva sul mercato in due versioni: la &quot;Standard&quot; e la SP e rimase in produzione fino al 1998. Pur restando fedeli ai capisaldi della precedente serie FZR, la YZF vede rinnovarsi profondamente il telaio, sembre Deltabox ma con diverso disegno, ed il motore Genesis 20 valvole che vede la potenza crescere a 125 CV. La versione SP, realizzata per correre in SBK, aveva dalla sua una diversa posizione del perno del forcellone (regolabile), l&#39;adozione di carburatori Keihin FCR da 39 mm (in luogo dei Mikuni da 38 della Standard), un telaietto posteriore rimovibile ed un codone rigorosamente monoposto.&nbsp; In gara si trov&ograve; la strada sbarrata dalla Ducati 916 di Carl Fogarty, pur vantando piloti del calibro di Colin Edwards e &quot;Nitro&quot; Nory Haga. Nella storia delle 750 Yamaha, la prima YZF &egrave; quella che forse ha riscosso minor successo in termini di appeal nei confronti di una concorrenza decisamente molto (ma molto) agguerrita.    &nbsp;  &nbsp;  Yamaha YZF-R7 (OW-02)  Nel 1999 ecco arrivare una assoluta protagonista nel computo delle sportive di serie. Dalla mano dell&#39;ingegner Kunihiko Miwa, dopo la YZF-R1 e in contemporanea&nbsp;alla YZF-R6, arriva sul mercato la YZF-R7. La nuova SBK Yamaha alzava nettamente l&#39;asticella in termini di prestazioni e appeal agli occhi degli appassionati. Dalla sua la nuova R7 (in codice OW-02) non aveva una vite simile alla predente YZF 750 pur mantenendo diversi aspetti in comune in termini di layout generale. Estetica che interpretava le linee delle sorelle R1 ed R6, motore Genesis 750 con la consueta distribuzione 20 valvole che erogava in configurazione &quot;Strada&quot; appena 107 CV, ma che con l&#39;apposito Kit (dal costo di 6 milioni di vecchie lire) arrivava a quota 150 CV che diventavano 170 in configurazione SBK con Kit racing da quasi 40 milioni. Il telaio venne rivisto, ora Deltabox II, e sfruttava l&#39;esperienza Yamaha nei GP. Nuovo anche il forcellone con capriata di rinforzo. Al periodo&nbsp;la&nbsp;R7 fu grande protagonista in SBK dove per&ograve; non riusc&igrave; a centrare l&#39;obiettivo Mondiale. Una squalifica per doping cost&ograve; a Noryuki Haga il titolo 2000 a favore di Colin Edwards, nel frattempo passato alla Honda,&nbsp;con la VTR-SP2.    La R7 rest&ograve; sulla breccia fino al 2002 quando la SBK pass&ograve; in mano alle moto da 1000 cc.    GENESIS, Jinki Kanno e G.E.N.I.C.H.  Dopo Genesis&nbsp; (e senza dimenticare il Jinki Kanno) oggi &egrave; l&#39;era del G.E.N.I.C.H ( acronimo di Genesis of Electrical engineering for New, Innovative Control technology with Human orientation), l&rsquo;applicazione delle nuove tecnologie di gestione elettronica, pensate per esaltare l&rsquo;esperienza di guida sotto tutti i punti di vista:&nbsp;come la percezione ed la sensibilit&agrave; umana, per accentuare il legame tra pilota e moto, che formano cos&igrave; un copro unico. Concetti che ben vediamo nei modelli pi&ugrave; recenti di Iwata dall&#39;immortale 4 cilindri in linea ai pi&ugrave; recenti 3 cilindri&nbsp; che probabilmente, e nel volgere di breve tempo, vedremo applicati sulla auspicata Yamaha R9. 

Dalla FZ del 1985 alla YZF-R7 protagonista in SBK, la 750 di Iwata ha fatto storia nelle corse e sulla serie. Una filosofia che ha segnato un&#39;epoca

Yamaha 750 Genesis: razza da corsa

Nata nel 1985&nbsp;la serie 750 Genesis di Iwata, dal&nbsp;motore con&nbsp;testata a 5 valvole per cilindro, ha avuto una lunga storia di successi, commerciali e sportivi. Dalla prima FZ fino all&#39;ultima R7 (di William Toscani)

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Spidi Genesis, la giacca sportiva in pelle di bufalo

Rewind,Yamaha YZF-R7: libidine da SBK

Rewind,Yamaha YZF-R7: libidine da SBK |FOTO

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Yamaha 750 Genesis | FOTO