Non si pu&ograve; rimanere affascinati quando si incappa nelle immagini della Bimota 500 Vdue, perch&egrave; rappresenta l&#39;ultimo esempio di un motociclismo che non c&#39;&egrave; pi&ugrave; fatto di miscela con olio ricinato, sound da moto da gran premio e prestazioni entusiasmanti senza freno motore. La V-Due nata nel 1993 &egrave; l&#39;ultima 2 Tempi prodotta in serie, ed era nata dal desiderio di Bimota di correre nel Motomondiale classe 500 con una moto sua e un motore costruito in casa. Purtroppo gli investimenti non bastarono e l&#39;idea venne abbandonata a met&agrave; strada, riconvertendo il progetto in mezzo stradale, omologato e decisamente esclusivo. E&#39; la race-replica di una moto che non ha mai corso.  Due caratteristiche: sofisticata e inaffidabile    Il progetto racing Tesi-Vdue da corsa venne convertito in moto stradale depotenziando parecchio il motore e rendendolo pi&ugrave; consono a una moto di serie, fallendo per&ograve; nell&#39;intento di renderlo pi&ugrave; affidabile. La moto, come tutte le 2T da competizione, aveva bisogno di una manutenzione assidua a intervalli orari molto ridotti ed erano molto frequenti i grippaggi e le perdite d&#39;olio. Il motore di per s&egrave; era innovativo, con una disposizione a V di 90&deg; ruotato rispetto alla normale disposizione, con entrambi i cilindri che puntano in avanti, uno in su e uno in gi&ugrave;. Questa scelta tecnica era volta a ridurre al massimo l&#39;interasse del mezzo, che di fatti &egrave; cortissimo quasi come un 125.&nbsp;  Anche tutto il resto &egrave; volto alla pura performance: il telaio da corsa &egrave; stato sostituito da una versione pi&ugrave; stradale, ma come le moto da corsa non esiste il telaietto, sostituito da una monoscocca di carbonio che supporta la parte posteriore del serbatoio, la sella e il codino. La parte cava sotto la coda &egrave; colmata dalla linea di scarico, lunghissima, che fa un giro mai visto prima su una moto di serie. Lo scarico lungo serviva anche a ridurre al minimo i buchi di erogazione ma la moto di serie soffriva comunque di una curva di potenza irregolare.  Un gioiello di tecnologia diventato Cult    Il motore era il fiore all&#39;occhiello, ma renderlo civile non &egrave; stato facile e la potenza non era certo quella di una 500 da GP: 110 CV a 9000 g/min &egrave; la potenza massima della prima versione, con una coppia di circa 90 Nm a 8.000 g/min, un risultato in linea con molte delle 750 sportive degli anni &#39;90 ma avvantaggiato dal peso piuma che solo un 2 tempi pu&ograve; avere: 164 kg a secco. La ciclistica era - come ci si poteva aspettare - tutta italiana e al top della componentistica dell&#39;epoca, mentre l&#39;iniezione era elettronica e causava non pochi problemi di carburazione.  La fortuna della Vdue fu di essere una moto cos&igrave; particolare e dal gusto racing che cre&ograve; un vero e proprio culto da parte di appassionati che fondarono subito club e incontri, anche se ne vennero prodotte davvero poche: 150 esemplari per la prima serie del 1993, poi evoluta nella versione Trofeo (non omologabile e con molti problemi di affidabilit&agrave; risolti) con soli 26 esemplari. Nel 2001 la Bimota fall&igrave;, ma un privato acquist&ograve; la licenza di produzione della moto e fece una riconversione dei motori a carburatori, facendo nascere le versioni Evoluzione, Evoluzione Corsa e Edizione Finale, per un totale di 164 esemplari, riconoscibili per lo scarico sottocodone.  Vai alla pagina successiva per leggere la nostra prova:  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  Da InMoto n&deg;10 del 1997    Da assemblatore di lusso a costruttore. sul dizionario le due parole sono divise da poche pagine, nella realt&agrave; per passare dall&#39;uno all&#39;altro ce ne corre di fatica! Se non ci credete, provate a chiedere quante notti insonni, quanta fatica, quanta&nbsp; apprensione sia costata la 500 Vdue all&#39;ingegner Marconi, al designer Robbiano e a quel manipolo di tecnici che sotto la sua direzione progettano, disegnano e realizzano tutte le bimota. Poi per&ograve; non fermatevi l&igrave;. Chiedete quanto siano grandi la soddisfazione &egrave; l&#39;orgoglio che provano oggi, a progetto finalmente completato e instradato verso la tanto attesa produzione in serie. La Vdue &egrave; infatti non solo la prima bimota interamente progettata in quel di Rimini ( e gi&agrave; questo sarebbe motivo per gonfiare i petti) ma &egrave; anche la prima moto sportiva equipaggiata con un motore a due tempi di alte prestazioni addomesticato dalla pi&ugrave; moderna tecnica costruttiva in modo da limitare le sue emissioni inquinanti nel rispetto delle restrittive norme vigenti.   Laddove i giapponesi non possono, e non vogliono, perch&eacute; i costi di realizzazione sarebbero troppo elevati per i loro standard di &ldquo;Massa&rdquo;, la Bimota ha trovato spazio per aprirsi una nuova frontiera e gettare le basi per il futuro. Continuando a realizzare solo modelli speciali utilizzando motorizzazioni altrui poteva soffrire sempre pi&ugrave; della fortissima concorrenza giapponese. Dato che ormai le sportive di serie sono molto vicine a delle vere moto da corsa. Con la 500 Vdue invece ha tracciato una nuova strada e risvegliato dal lungo sonno il motore a due tempi di elevate prestazioni. Era dai tempi della Yamaha RD 500 e della Suzuki Gamma 500 che non si registrava tanto entusiasmo nell&#39;ambiente.  LA MATITA DI SERGIO ROBBIANO    A parte il motore, il telaio&nbsp; e le altre peculiarit&agrave; tecniche, la Bimota Vdue fa parlare di s&eacute; anche dal punto di vista stilistico. E&#39; indubbiamente bella nel suo insieme armonico di linee compatte e particolari Racing che sprigionano aggressivit&agrave;. si capisce subito che &egrave; una sportivissima senza compromessi ed &egrave; stata una delle moto pi&ugrave; ammirate al salone di Colonia dello scorso anno. Chi l&#39;ha disegnata &egrave; Sergio Robbiano, 32 enne genovese con trascorsi agonistici nella Sport Production e giovanile esperienze in moto nei deserti africani, che ha coronato il suo sogno di diventare un designer. Su di una due tempi ad alte prestazioni e con le necessit&agrave; che ci sono oggi, rendere silenzioso ed ecologico qualsiasi mezzo destinato alla circolazione stradale era certo molto difficile, come sistemare gli scarichi ed i silenziatori che infatti hanno un andamento talmente tormentato che richiede pi&ugrave; di un attimo per farci l&#39;occhio. i primi disegni prevedevano una soluzione pi&ugrave; lineare, con un terminale inserito nel codino. Ma poi le scelte tecniche &egrave; la funzionalit&agrave; del motore hanno prevalso sulle line. Pezzi di pregio sto nel forcellone a bracci asimmetrici &egrave; la struttura in tre parti della sella in fibra di carbonio.  Rewind: Gilera SP-02, microbolide senza compromessi 

<p>Era nata come moto da corsa, ma non ha mai visto la pista, per questo &egrave; diventata una delle&nbsp;ultime&nbsp;2 tempi stradali&nbsp;della storia. Una moto tanto particolare quanto problematica, che abbiamo provato nel 1997</p> 

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Rewind, Bimota 500 V Due: una GP mancata