Un territorio dal fascino e dalla storia unici ci permette di vivere una piccola grande avventura e toccare in un solo anello sette dei più alti passi alpini. Al cospetto di questi giganti ci siamo andati con una moto minuscola.
La prima salita che affrontiamo è quella per il Colle di Fauniera (2.481 m). Per arrivarci prendiamo per Ponte Maira e seguiamo le indicazioni per il Col d’Esischie passando per il territorio di Castelmagno, celebre per il formaggio Dop. Affrontiamo una pendenza media del 7,1% per più di 20 km prima di raggiungere la vetta con il monumento dedicato “al pirata”. Fu qui che nel 1999 nella tappa Bra - Borgo San Dalmazzo, Marco Pantani scattò in salita strappando la maglia rosa a Laurent Jalabert. Queste sono le vette del ciclismo più epico di Giro d’Italia e Tour de France e a sentire lo sforzo del piccolo 125 ci sembra impossibile che non solo i professionisti ma anche molti amatori affrontino queste scalate. Ma a quest’ora le uniche ad uscire allo scoperto incuriosite dal nostro passaggio sono delle marmotte paffute che ci guardano perplesse. Il Colle di Fauniera non è tra i più celebri ed è una continua sorpresa: mentre ridiscendiamo verso Demonte, con la strada che per un brevissimo tratto diventa bianca, pensiamo che la sveglia all’alba sia già stata ampiamente ripagata.
Risaliamo lo Stura per poi deviare verso il Santuario di Sant’Anna di Vinadio e affrontare il Col della Lombarda (2.350 m): 22,5 km e 6,6% di pendenza media. Prima di entrare in territorio francese, non resistiamo ad un caffè al baracchino in vetta, ma ci accorgiamo che è già troppo tardi: rimarrà un mistero il perché i francesi non lo sappiano fare neppure con le cialde. A consolarci ci pensano la vista e un pezzo di torta fatta in casa presa dall’abbondante colazione a Stroppo. Proseguiamo dunque verso Isola 2000 per scendere in picchiata ad Isola su una strada perfettamente asfaltata e immersi nella vegetazione del Parco naturale del Mercantour. Oggi è considerato un unicum con il Parco naturale delle Alpi Marittime quasi a ribadire quanto il concetto di confine orografico sia da superare come al tempo degli Escartons.
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