Da Roma a Mosca con la mamma

Da Roma a Mosca con la mamma

Redazione - @InMoto_it

01.11.2012 ( Aggiornata il 01.11.2012 10:26 )

120 anni in due, in sella a una BMW F 650 GS, per seguire la tappa russa del Mondiale SBK, mamma e figlia si avventurano nell’Europa più lontana. Un viaggio intenso e pieno di esperienze umane   La Russia: il Paese più vasto al mondo, ricco di storia e di arte ma anche di forti contrasti, dove poche città opulente si alternano a villaggi di capanne e dove chilometri sterminati di foreste di betulle cedono brutalmente il passo alla steppa desertica. Un Paese a metà fra l’Oriente e l’Europa, dalle mille culture e tradizioni e del quale si sa ancora poco, ad eccezione dei due grandi pilastri del turismo: l’austera Mosca e l’occidentale San Pietroburgo. L’idea di raggiungere Mosca in moto viene elaborata da mia mamma, che da buon Sagittario è la viaggiatrice di famiglia. Le è bastato sentire l’annuncio che il mondiale Superbike sarebbe approdato a Mosca per farle scattare il desiderio di partire: non in aereo, perché lei lo teme come il fuoco, né tantomeno in auto, perché «A una gara di moto non si può mica arrivare su quattro ruote!» Dopo la Scandinavia (viaggio pubblicato sul numero 3/2012 di In Moto) sarebbe stato il nostro secondo viaggio “importante”, ma ricco di incognite, perché anche questa saremmo andate da sole, con un’unica moto, una BMW F 650 GS, messa a disposizione da BMW Italia per “l’impresa”: così viene definita un po’ da tutti. E forse a ragione... I dubbi prima del via Il viaggio inizia a tavolino, davanti alle carte geografiche. Il percorso più corto da Roma a Mosca è di 3.000 km e transita dalla Bielorussia; un’alternativa è passare dall’Ucraina, ma il chilometraggio aumenta di parecchio e la sicurezza continua ad essere un’incognita. Alla fine preverrà l’opzione di attraversare gli ex Paesi satelliti, anche perché ne siamo incuriosite. Ormai documentarsi su Internet è d’obbligo e leggendo tra le esperienze di viaggio, i termini più ricorrenti sono inquietanti: microcriminalità all’ordine del giorno, atti di terrorismo e scontri armati, persino banditismo sulle strade meno frequentate. Quelle che dovremmo affrontare noi! La ricerca dei video offre una sequenza di filmati tipo “russian crazy traffic”, “car crash compilation” o “russian road rage”, una situazione spaventosa! Nei commenti dei video si legge che a Mosca c’è chi viaggia a 160 km/h in città, chi passa gli incroci con il rosso, pedoni che attraversano all’improvviso le tangenziali, camionisti che si dissetano con birra e vodka. Sarà per questo che in Russia l’aspettativa di vita di un uomo è di soli 58 anni? Vent’anni in meno che da noi! Due estati fa il Ministro dei Trasporti russo Vassily Kichedzhi parlava di 600.000 incidenti stradali l’anno solo nella città di Mosca (oltre 8.300 al giorno!), e nel 2011 la Federazione Russa ha contato ben 28.000 vittime della strada, con un indice di mortalità cinque volte superiore al nostro. La voglia di partire, però, è talmente forte che nemmeno questi dati servono da deterrente. Un incentivo ci arriva poi dall’organizzazione del Mondiale Superbike: il direttore generale Paolo Ciabatti ci suggerisce di aggregarci alla carovana dei bilici e motorhome, perché così potremo beneficiare della scorta armata che accompagnerà i grossi mezzi per 700 km dalla frontiera a Mosca. 12261oa6 Il dado è tratto All’alba di Ferragosto, le ombre dei pericoli sono svanite. Il bagaglio viene preparato velocemente e appena imbocchiamo l’autostrada la nostra meta ci sembra già vicina... Il più è fatto: siamo partite! Il primo giorno, dopo un migliaio di chilometri di autostrada, alle porte di Vienna, ci fermiamo per la notte in un delizioso albergo che si affaccia su un’area di servizio. La sera è dedicata allo studio del percorso: l’indomani attraverseremo la Repubblica Ceca per arrivare a Varsavia. Ma quante statali! Nella fretta dei preparativi lo avevamo sottovalutato, ma forse un navigatore sarebbe utile. Dalla tangenziale di Vienna avvistiamo un negozio di elettronica. Esco trionfante con l’indispensabile congegno, ma ci accorgiamo subito che non possiamo utilizzarlo, perché manca un adattatore per la presa di alimentazione sul cruscotto. Cercare una concessionaria BMW significherebbe tardare all’appuntamento con la scorta: restituito l’oggetto, ci rimettiamo in marcia. La Repubblica Ceca offre tratti autostradali veloci alternati a strade statali, e in poco meno di tre ore entriamo in Polonia. Troviamo ancora autostrade, a due corsie per ogni senso di marcia. Vietato abbassare la soglia dell’attenzione, però, perché all’improvviso appaiono degli incroci, spesso con strade sterrate, dalle quali è consentito attraversare le due corsie e imboccare l’autostrada anche nel senso opposto. Non c’è da meravigliarsi, perché qui ci sono persino semafori e passaggi pedonali. Anche i rifornimenti di benzina sono talmente malandati che, a detta di mia madre, in Italia non erano così nemmeno cinquant’anni fa. Eppure questa è indicata come “Strada 1” della Polonia! Come previsto ci perderemo un paio di volte e alla soglia dei 700 km, quando imbocchiamo l’autostrada 8, iniziano i cambi di carreggiata per lavori. Il sole è già calato e sta piovendo: mi fido poco dei TIR che sfrecciano in direzione contraria a pochi centimetri dai nostri valigioni. Ci fermiamo in un albergo tre stelle lungo l’autostrada: la camera doppia costa solo 35 Euro compresa la colazione. Peccato che da qui in poi non si riuscirà più a comunicare se non a gesti: l’inglese cessa di essere il passepartout. Anche il menù è solo in lingua polacca. Per miracolo riusciamo a far approdare sul tavolo un ottimo gulasch, del pollo con le patate e un paio di birre. Dodici Euro in tutto. Bisognerà tornare in Polonia l’anno prossimo... O forse no? Adrenalina in autostrada L’indomani ci attende un lungo incolonnamento sotto la pioggia, sull’autostrada si viaggia su una sola corsia, con continui cambi di carreggiata. Scopriremo che il cantiere continua per 100 km fino a Varsavia, ma gli addetti ai lavori scarseggiano e i mezzi pure: c’è chi opera con piccoli rastrelli davanti a montagne di terra! A un certo punto si procede a senso unico alternato. Ci troviamo a viaggiare tenendo la sinistra, come nei Paesi anglosassoni. Improvvisamente, si concretizza il peggiore degli incubi: il mezzo pesante che ci era davanti prende una rampa a sinistra e di fronte ci appaiono auto e camion che provengono in senso contrario su entrambe le corsie. Siamo contromano in autostrada! Il centro della carreggiata è delimitato da birilli e mi porto subito lì, fermandomi. Due auto dietro si accostano a destra. I camion ci sfrecciano su entrambi i lati. Passa una vettura delle autostrade ma fila via dritta incurante delle mie segnalazioni con il clacson. Percorro di corsa un tratto libero mantenendo la destra, seguendo un “autoctono”. Ci fermiamo di nuovo accostandoci ai birilli al centro della strada. Facciamo passare altri camion contromano. Dobbiamo attraversare due carreggiate e riportarci all’estrema destra. Il traffico non ce lo consente. Ipotizzo di girare la moto e seguire il flusso. La mia passeggera mantiene la lucidità: «Vai, ora la strada è libera». Prima, seconda, terza. Siamo in salvo, ma che momenti! L’adrenalina mi rimarrà in corpo per un bel po’ e quel giorno, bloccate anche dalla pioggia, arriveremo soltanto fino ad Augustow, a ridosso del confine con la Lituania. L’arrivo in Russia Il quarto giorno di viaggio l’obiettivo è passare la frontiera sovietica. Le autostrade lituane sono ampie e il sole ci accompagna fino a Daugavplis, in Lettonia. Qui, complici i lavori in corso e le indicazioni errate dei locali, impieghiamo quasi tre ore per ritrovare la strada giusta. Un ultimo pezzo di statale che si snoda nella foresta e attraversiamo Rezekne, poi Karsava e infine la frontiera. Sorpassiamo decine di camion in coda e passiamo velocemente i due “varchi” in Lituania, anche grazie a un poliziotto incuriosito che ci fa saltare l’ultimo pezzo di fila. Ormai è notte fonda, al confine passano quattro ore fra moduli e controlli. Per fortuna l’albergo è già prenotato: a soli trenta metri dalla frontiera. Qui nella hall ci dà il benvenuto Yuri: sarà la nostra guardia del corpo fino a Mosca. Prima di dormire non posso fare a meno di pensare che l’avventura è appena iniziata: Abbiamo percorso 2.650 km e siamo in Russia, con tutti gli annessi pericoli. Coraggio, non siamo sole: la Superbike ci attende! Amici camion L’indomani capiamo che i ritmi russi sono molto lontani dai nostri: movimenti lenti, tempi morti, la colazione che non arriva... bisognerà adeguarsi. Eppure bisogna partire presto perché, dice la nostra scorta, ci aspetta un tratto “pericoloso” di almeno 200 km da percorrere non oltre le sei del pomeriggio. Alle otto del mattino il termometro è intorno ai dieci gradi e il cielo è pieno di bruma. Yuri ci fa strada su una provinciale dissestata che si snoda fra i campi. Nella prima mezz’ora di strada la sua moto si ferma tre volte. Individuato il problema al relais, Yuri chiama amici in soccorso e si allontana per cercare i ricambi per la moto, che affida alla nostra custodia. Ci ritroviamo da sole su una corsia d’emergenza sterrata, con i TIR che passano a centoventi all’ora. Ma non avevamo bisogno della scorta armata? Si verifica la situazione che più temevo: ferme, da sole, su una strada russa. Inganniamo l’attesa scattando fotografie. Dopo qualche ora la mia passeggera osserva che mancano solo un tavolino e qualche sedia e sulla corsia d’emergenza ormai potremmo anche fare un pic-nic! Il passaggio dei camion solleva di continuo la carta geografica che tentiamo di interpretare, ma ormai non abbiamo più paura: sembrano giganteschi equilibristi, che si destreggiano su un percorso a ostacoli per evitare, anche loro, sorprese spiacevoli. 12261oab Finalmente Mosca! A mezzogiorno si riparte: le strade sono tali che ci vorranno dieci ore per percorrere i 650 km che ci separano dal nostro albergo. Nei giorni successivi siamo da sole per le strade di Mosca, nel traffico senza regole, tra i SUV che ci sorpassano dalle corsie degli autobus e i mezzi pesanti che circolano senza restrizioni anche in centro. Le moto sono merce rara: in una settimana ne vedremo sì e no una decina, tutte senza targa, perché – ci dicono – la contravvenzione è minore rispetto a qualsiasi altra infrazione. Misteri russi! Ci mescoliamo tra la gente davanti al maestoso Teatro Bolshoi e scopriamo la Piazza Rossa, autentico palcoscenico a cielo aperto e testimone di tutti gli eventi storici che hanno visto protagonista la Russia. Ecco l’austero Cremlino, la Cattedrale di San Basilio, i grandi magazzini del Gum... Mosca è spettacolare, con gli armoniosi ricami di marmo sulle facciate dei palazzi, i grattacieli di cristallo che si ergono improvvisi, i giardini pubblici fioriti, le chiese bizantine, i musei traboccanti di storia e i negozi sempre più europei: anche se scritti in cirillico, si evincono facilmente dalle insegne i marchi di grandi catene internazionali di ristoranti e supermercati dell’elettronica. Appena fuori Mosca, invece, ai bordi delle statali dissestate incontriamo di frequente contadini – uomini e donne, anziani e persino bambini – che siedono sul’erba e aspettano di vendere i prodotti della loro terra, contenuti in modesti secchielli: poche mele, frutti di bosco, funghi, miele e marmellate. C’è anche chi vende pelli di animali e teste di cinghiale impagliate. Dopo tre giorni sfrecciamo con sicurezza nel traffico, che è incessante in ogni momento, perché quasi tutte le attività commerciali sono aperte 24 ore su 24. Una sera la nostra guardia del corpo ci conduce nel “covo” del Motoclub Nightwolves: il Sexton, è stato aperto nel 1992 ed è il primo rock club di tutta la Russia, ospitando concerti di band all’epoca vietate dalle autorità sovietiche. Il Circus della Superbike Poi è il momento di scoprire l’autodromo, che è stato appena costruito a 100 km a ovest di Mosca, sull’autostrada che porta a Volokolamsk. È così strano ritrovare qui i volti amici dei colleghi, dei piloti, dei team manager! Ed è emozionante vivere la “prima volta” del mondiale Superbike a Mosca. Il paddock è quasi vuoto: ci sono soltanto i bilici e i motor home dei piloti, la Clinica Mobile e poche hospitality. Andrea Buzzoni, direttore di BMW Motorrad Italia, nonché responsabile del progetto Superbike e Superstock, ci da l’ok per un controllo d’eccezione al nostro fido destriero da parte della squadra ufficiale. Che onore! La F 650 GS fa il suo ingresso ai box e viene ripresa anche dalla televisione russa, che ci dedicherà uno speciale sull’evento. Nel paddock oltre ai risultati sportivi c’è un unico tema: la Russia. Ciascuno racconta le proprie avventure di viaggio, e anche chi è arrivato in aereo ha dovuto confrontarsi con le lungaggini della burocrazia, l’incredibile traffico e la difficoltà di comunicare. Nelle hospitality, ci raccontano, le provviste sono state acquistate a Mosca di notte, rientrando in circuito alle quattro del mattino, nel vano tentativo di evitare gli ingorghi. La domenica mattina il paddock inizia ad affollarsi e si respira l’adrenalina della gara. Ci rendiamo conto che siamo a un evento storico. Le gare scorrono velocemente. Fin troppo. Dopo la seconda manche della Superbike è già ora di ripartire. Il ritorno Viaggiamo fino alla frontiera sovietica insieme al “circus”, che prevede la scorta di un agente armato ogni cinque mezzi. Percorsi un migliaio di chilometri raggiungiamo Ventspiels, in Lituania, dove ci imbarchiamo per Kiel, al nord della Germania. Passiamo un’allegra serata sul traghetto a raccontarci avventure con i driver di bilici e motorhome. Tra gli altri c’è Andrea Marinoni, ex campione di enduro, che oggi lavora nel Team Parking-Go. Sbarcate a Kiel, ancora 1.800 km ci separano da casa. Percorriamo velocemente le spaziose autostrade tedesche e i pensieri tornano già in Russia: a quelle realtà tanto lontane e diverse dalle nostre, che abbiamo raggiunto da sole, con una piccola, grande moto.

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