Borile B450 Scrambler

Borile B450 Scrambler

Redazione - @InMoto_it

01.06.2013 ( Aggiornata il 01.06.2013 11:15 )

Tentativi d’imitare il passato se ne vedono parecchi, ma le moto odierne fatte solo di metallo e passione sono pochissime. La nuova Scrambler è tra queste In un periodo in cui vintage e special stanno godendo di maggiori attenzioni, avere la possibilità di accaparrarsi una moto che comprenda allo stesso tempo, un’aria retrò, un assemblaggio semi-artigianale e possa anche essere nuova di zecca, è cosa che sicuramente farebbe ai più. Bene, la Borile Scambler, a nostro avviso, si presenta come una perfetta candidata, visto che  comprende tutte queste caratteristiche. Inoltre pensiamo rappresenti un nuovo corso in casa Borile, visto che, come la Multiuso, si orienta verso un pubblico più ampio rispetto al passato, risultando pratica ed efficiente da utilizzare, oltre che originale come gli altri modelli della Casa. Umberto Borile è un motociclista vero e appassionato, di quelli poco amanti dei fronzoli e che badano al sodo, per questo motivo gli si devono lasciar passare alcune scelte decisamente spartane, imposte dal suo concetto “basico” di concepire la moto. Umberto inizia a costruire motociclette nel 1988, in una officina artigianale ai piedi dei Colli Euganei, ma solo nel 2011 viene creata una struttura commerciale comprendente concessionari in tutta Italia e proprio quest’anno è in corso una seconda fase di espansione oltre i confini nazionali. La famiglia Bassi, che lo affianca occupandosi del management commerciale, ci pare stia lavorando nella giusta direzione per indirizzare e dare un’ulteriore spinta al Marchio. Decisamente artigianale anche nella stesura del listino, la Scrambler sarà disponibile tra settembre e ottobre a un prezzo tra i 10.500 e i 12.000 Euro, avrà colore giallo, arancio o un altro scelto dal cliente, e richiederà 2-3 settimane per essere consegnata. DA FERMO Vedere una monocilindrica a ruote tassellate, di colore giallo e con una parte del serbatoio in alluminio cromata, fa subito venire in mente la vecchia Ducati Scrambler di fine anni ‘60, moto a cui è dichiaratamente ispirata. Addirittura in un primo momento c’erano voci di corridoio, poi smentite dai fatti, che parlavano dell’esplicita presenza sul serbatoio del marchio bolognese come il risultato di una stretta collaborazione tra Borile e Ducati. e più che cura nella realizzazione dei dettagli, ci piace parlare di concretezza dei particolari, visto che tutto è realizzato in perfetto stile con la moto e senza l’eccessiva presenza di insipide parti in plastica. Il look è decisamente quello di oltre 40 anni fa, ma viene sapientemente mescolato con soluzioni attuali. Un esempio è il bellissimo serbatoio, realizzato tramite ribattitura a mano, che serbatoio non è, visto che funge esclusivamente da copertura per air-box e componenti elettronici. Il vero serbatoio è invece posto sotto la sella, celato dai fianchetti. La stessa cosa si può dire dei blocchetti elettrici, che pur essendo funzionalmente perfetti, hanno sembianze di quelli dei tempi passati. Del propulsore ci ha colpiti la verniciatura piena di irregolarità superficiali, che lo fanno davvero apparire come fosse d’epoca, mentre nulla è stato fatto per celare l’iniettore posto sotto al serbatoio subito dietro al cannotto di sterzo. La tipica parabola tonda del fanale, sovrastata da un’azzeccata mascherina giallo-nera, contrasta con la piccola ottica posteriore a led, sorretta dall’esile struttura del portatarga. A fare da unione tra avantreno e retrotreno, la bassa ed elegante sella di colore nero, che adotta un lieve gradino tra pilota e passeggero.borile2 IN MARCIA La moto da noi provata era una moto laboratorio in esemplare unico, tutt’ora utilizzata per gli ultimi test di messa a punto e, oltre a un posticcio manometro di misurazione pressione dell’iniettore, montava una strumentazione digitale dotata di diagnostica, molto più simile a quella di una superbike da pista, che a quella di una moto ispirata agli anni Settanta... Non fosse per il vero serbatoio migrato sotto la sella, potremmo dire che la Scrambler ha un’impostazione ultraclassica, che comprende un telaio monoculla, sdoppiato sotto al motore, realizzato in tubi d’acciaio, e una forcella Marzocchi di 41 mm Ø e 140 mm di escursione, priva di regolazioni, che non corrisponde a quella delle foto. In versione definitiva quest’ultima sarà fissata a due piastre ricavate dal pieno. Al posteriore una coppia di ammortizzatori Bitubo dotati di regolazione precarico ed estensione, lavorano sul forcellone in acciaio. Le ruote, naturalmente a raggi, hanno la camera d’aria, hanno misure di 100/90-19” e 130/80-18” e montano pneumatici on-off Mitas E-07. Il tutto genera un interasse contenuto in soli 1.370 mm. Un’inevitabile concessione al progresso viene fatta per i freni, che vedono un disco di 260 mm Ø anteriore e di 240 mm Ø posteriore, entrambi morsi da una pinza a doppio pistoncino e marchiati Braking. Pompe e pinze sono invece Brembo. Il nuovo monocilindrico, oltre ad essere il componente più “rivoluzionario” che troviamo sulla Scrambler, rappresenta anche un passo storico per la Casa di Vo’ Euganeo, visto che è realizzato ex-novo prendendo in prestito un cilindro dal monoalbero desmodromico 2 valvole della Ducati Monster 1100 Evo e fissandolo sul basamento prodotto da Borile. L’alesaggio resta di 98 mm, mentre la corsa è stata ridotta a 60 mm per ottenere la cilindrata di 452,34 cm3. Possiamo anticipare che la stessa operazione verrà ripetuta sulla futura 350 Enduro, modello più specialistico di imminente realizzazione, utilizzando la termica della Monster 696. Il singolo cilindro della Scrambler si distingue per essere ruotato di 180°, con l’aspirazione rivolta verso l’avantreno e lo scarico sul lato posteriore. Le parti “tecnologiche” comprendono air-box con filtro in carta sotto al finto serbatoio e iniettore Weber-Marelli con corpo farfallato di 40,5 mm Ø, oltre all’accensione elettronica digitale e all’avviamento elettrico. Il motore è dotato di contralbero per ridurre le vibrazioni, il cambio estraibile ha 6 rapporti e la frizione multidisco in bagno d’olio verrà comandata da un comando idraulico sulla versione definitiva. Lo scarico comprende un terminale Spark omologato Euro-3, di cui può essere fornita una versione decisamente più “musicale”, non omologata. Come per le auto, che ad ogni nuova versione assumono forme e volumi sempre più ingombranti, anche con le moto ci siamo abituati a gestire cilindrate e masse molto più elevate rispetto al passato, quindi ci ha fatto un certo effetto trovarci su una “enduro stradale” così essenziale e di cilindrata così piccola. Così la prima sensazione che è scaturita è stata quella di libertà dal peso e dagli inutili impacci, oltre alla facilità nel gestirla in ogni occasione. La sella è bassa, poco larga e invita chiunque a sedervisi sopra senza alcuna difficoltà. Peso contenuto e manubrio largo fanno il resto, rendendo facilissimo sollevarla dalla stampella laterale per manovrarla da ferma. La postura che si assume in sella è quella di una piccola fuoristrada, con gambe e braccia leggermente più rannicchiate rispetto a quel che si vorrebbe, perlomeno per chi, come noi, è di 175 cm di statura. Dopo un piccolo ragionamento da attivare le prime volte per girare correttamente la chiave di accensione fissata in posizione “personalizzata” davanti al fianchetto destro, basta una breve pressione del tasto per sentire il classico borbottio del monocilindrico. La moto da noi provata montava il terminale più aperto, disponibile su richiesta, e il suo suono rauco e scoppiettante da mono superquadro ci ha affascinati. La frizione facile da azionare e il cambio dalla corsa un po’ lunga, ma con innesti precisi, permettono una facile gestione del motore, mentre la potenza non eccessiva è perfettamente spalmata lungo tutto l’arco di funzionamento. Peccato soltanto che l’iniezione, non ancora a punto, causasse un fastidioso buco poco prima dei 4.000 giri, in grado di innescare spegnimenti nelle partenze da fermo e grande irregolarità di erogazione riaprendo il gas nelle curve più strette. Questo difetto verrà eliminato sulla versione definitiva. Prima e dopo tale regime il piccolo monocilindrico ci ha mostrato la grinta di un 450 a due valvole moderno, salendo di giri velocemente e con grande linearità, senza però eccellere nell’allungo. Lo abbiamo trovato gustoso e divertente nel misto, dove mantenendolo tra i 4.000 e i 6.500 giri se ne riesce a trarre il miglior comportamento. Le 5 marce del cambio utilizzato nel test (quello definitivo sarà a 6 marce) risultano ben spaziate, con una seconda piuttosto corta e quindi perfetta per la città e per il misto stretto. Nonostante la presenza del contralbero, oltre i 5.000 giri le vibrazioni si fanno sentire con decisione specialmente sul manubrio, per poi diventare fastidiose a velocità costante intorno ai 6.000 giri. A livello ciclistico ci siamo trovati a guidare qualcosa di veramente facile e intuitivo. Il corto interasse rende la Scrambler molto reattiva e rapida a seguire i comandi impartiti al manubrio, regalando quindi grande agilità alle basse andature. Il peso ridotto permette comunque una buona precisione e una coerente discesa in piega nonostante i pneumatici Mitas on-off siano dotati di tasselli mediamente pronunciati. In percorrenza di curva il bilanciamento è coerente e permette una buona precisione, a patto di fare l’abitudine con la inusuale leggerezza della moto. Se condotta a ritmi tranquilli e con una guida dolce e rotonda, la Scrambler è tutta da godere, con quel suo lasciarsi condurre col minimo impegno e sempre accompagnati dal frullare allegro del suo singolo cilindro. Tutto fila liscio fintanto che si affrontano fondi perfettamente lisci, perché non appena si incappa in avvallamenti o asperità le sospensioni mostrano una taratura ancora da affinare. Testato da fermo, il doppio ammortizzatore Bitubo sembra avere un’estensione correttamente frenata, ma affrontando anche piccole buche tende spesso a far perdere contatto tra ruota posteriore e terreno, rispondendo in maniera molto rigida. Pur non essendo quella della versione definitiva, anche la forcella ci è parsa decisamente poco sostenuta e poco frenata d’idraulica in entrambe le direzioni. Questo è l’unico punto su cui crediamo il reparto tecnico debba ancora lavorare, soprattutto per non vanificare l’eccellente lavoro fatto sugli altri elementi di questo modello. Crediamo che i 158 km/h dichiarati di velocità massima non saranno tanto comodi da raggiungere su questo tipo di moto, visto che già a 120 km/h ci siamo trovati a combattere con pressione dell’aria e vibrazioni del propulsore, quindi con la Scrambler più che l’autostrada sarà meglio scegliere le strade statali per viaggiare con soddisfazione. borile3

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