BMW GS Trophy 2020: Ultima frontiera

BMW GS Trophy 2020: Ultima frontiera

Appena in tempo prima dell'esplosione del Corona Virus, l'avventura con BMW in Nuova Zelanda ci ha regalato emozioni, fatica, momenti indimenticabili. Un sogno da 2.500 km di curve, sterrati e panorami fiabeschi

19.03.2020 17:37

 

Un'esperienza che ti cambia la vita

Una sorta di festa in cui tutti si sentono dei fortunati: perché essere qui, in Nuova Zelanda, è per molti l’occasione della vita. Come sostiene Jean Luc, uno dei tanti marshal che accompagnano gli oltre 90 piloti lungo le piste di quest’angolo di pianeta, “è un’esperienza che ti cambia dentro”. Che apre orizzonti, fisici e metafisici, nuovi. Forse Jean Luc esagera un tantino, di certo qualcosa di significativo rimane dentro, sepolto nel profondo, in chi è volato dall’altra parte del mondo. Questo nonostante il GS Trophy sia tutto fuorché una rilassante scampagnata tra amici.

BMW GS Trophy 2020: Ultima frontiera FOTO-ITALIA

BMW GS Trophy 2020: Ultima frontiera FOTO-ITALIA

ppena in tempo prima dell'esplosione del Corona Virus, l'avventura con BMW in Nuova Zelanda ci ha regalato emozioni, fatica, momenti indimenticabili. Un sogno da 2.500 km di curve, sterrati e panorami fiabeschi

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Il programma della “giornata tipo” è paramilitare: sveglia alle 5:30, qualche minuto per l’igiene personale, smontaggio tenda e chiusura bagagli (da consegnare inderogabilmente entro l’ora successiva al camion d’appoggio), preparazione dell’attrezzatura (casco, mascherina, interfono, camelback), colazione e partenza. Mai dopo le 8 per gli ultimi team. E il primo scoglio della giornata è proprio chiudere la borsa d’ordinanza; rigorosamente una a testa! E dentro: tutto, dalla tenda al materassino al sacco a pelo, nonché – giocoforza – il minimo necessario per sopravvivere una decina di giorni senza sembrare dei barboni. L’altro aspetto interessante, passateci l’eufemismo, sono le dieci-dodici ore in moto ogni giorno: nulla di particolarmente drammatico da un punto di vista della guida, certamente logoranti e alla lunga difficili da gestire. Perché il disagio di dormire in tenda, vivere su un prato, o patire un po’ di freddo la notte, giorno dopo giorno si trasformano in fatica. Che si sente nelle ossa. Nelle ore di fuoristrada che, seppur leggero, è sempre fuoristrada.

Poi alla sera, se tutto è filato liscio, ecco la cerimonia opposta: borsa, tenda, doccia, cena... Il condizionale è d’obbligo visto che basta una foratura, un cerchio piegato su una roccia, per ritardare l’arrivo anche di un’ora.

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