Morini 175 Bialbero, un sogno "irraggiungibile" 

Morini 175 Bialbero, un sogno "irraggiungibile" 

Bellissima e unica. Questa Morini è il sogno di molti collezionisti, nella versione 175 esiste solo questo esemplare

 

Giorgio Scialino

23.05.2019 11:40

Sembra che la Morini 175 Bialbero sia stata portata in gara anche da Attilio Damiani, il famoso pilota che vinse il titolo italiano categoria “Formula Due” per 5 anni consecutivi (1959, 1960, 1961, 1962 e 1963) nonché numerose altre gare in salita. Dopo i successi italiani, alla fine del suo percorso agonistico, si narra sia stata regalata all’importatore Couturier - distributore del marchio Morini in Francia - che la fece gareggiare anche in territorio francese con il pilota Jan Pierre Beltoise. Nei suoi appunti, Biavati la definiva la moto n° 3, sembrerebbe che di 175 ne fossero state allestite solo tre, ma sono solo supposizioni, in quanto non c’è alcun documento ufficiale e questa sembra essere oggi l’unica integra e funzionante, mentre la gemella di 250cc è a Siena, dal concessionario Morini Cesare Luzzi.    

Morini 175 Bialbero: foto

Morini 175 Bialbero: foto

Bellissima e unica. Questa Morini è il sogno di molti collezionisti, nella versione 175 esiste solo questo esemplare

 

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EVOLUZIONE - La 175 Bialbero del 1959 è un’evoluzione della Rebello bialbero da Gran Fondo, un progetto antecedente all'arrivo in Morini del tecnico Nerio Biavati (ex Mondial) che però ebbe un ruolo fondamentale nella realizzazione di questa moto e ne portò avanti lo sviluppo ed un continuo affinamento. Le misure di alesaggio e corsa erano le medesime del Rebello, di cui in pratica è stato mantenuto solo il gruppo termico, in quanto i carter sono stati modificati con grande utilizzo di magnesio ed  il cambio è diventato a sei rapporti. Grazie a Biavati questa moto è stata in grado di dare il massimo, aprendo la strada alla GP 250 con cui Provini ha sfiorato per un soffio il titolo Mondiale nel 1963.

LEGGEREZZA - Il motore sviluppava circa 25 CV e girava oltre i 12.000 giri, raggiungendo velocità di punta prossime ai 200 km/h. Oltre che sul motore anche sulla moto c’era un grosso uso di magnesio. Per rendere l’idea di quanto sia stato fatto per contenere il peso segnaliamo che il mozzo anteriore non aveva nemmeno le piste in ghisa riportate al suo interno, mentre la lamiera di alluminio utilizzata per le sovrastrutture aveva uno spessore di soli 0,6 mm. Alla fine il peso era di soli 95 kg.

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