Dimmi che trasmissione finale usi e ti dirò chi sei

Catena, cardano e cinghia. Tre diversi modi di trasmettere la rotazione alla ruota e tre filosofie differenti di andare in moto. Differenze tecniche dividono applicazioni e target di utilizzo, e a volte creano fazioni
Dimmi che trasmissione finale usi e ti dirò chi sei

Michele LallaiMichele Lallai

17 ott 2025

Nel mondo delle due ruote, poche componenti raccontano così bene l’evoluzione tecnica e filosofica del motociclismo quanto la trasmissione finale. È l’elemento che trasforma la potenza del motore in movimento, l’anello di congiunzione tra il cuore meccanico e la ruota posteriore.

Catena, cinghia e cardano non sono semplici soluzioni tecniche, ma spesso celano scelte di stile e carattere precise, e ciascuna porta con sé pregi, difetti, compromessi e ideali che spesso dividono gli appassionati. Capire come funzionano, da dove vengono e cosa offrono è fondamentale non solo per i puristi della meccanica, ma anche per chi vuole scegliere la moto più adatta al proprio modo di viaggiare.

La catena: regina indiscussa

La trasmissione a catena è la più antica e diffusa nel panorama motociclistico. È nata praticamente insieme alla motocicletta stessa (anzi, prima, con le biciclette), quando i pionieri delle due ruote cercavano un sistema leggero ed efficiente per trasmettere il moto dall’albero alla ruota posteriore. Il principio di funzionamento è semplice e lo conosciamo tutti: una catena metallica composta da maglie articolate scorre su due ruote dentate, il pignone sul motore e la corona fissata al mozzo della ruota. Il movimento rotatorio viene trasferito con un’efficienza che, ancora oggi, supera spesso il 95%.

L’evoluzione nel tempo ha portato a catene sempre più sofisticate, con guarnizioni O-ring o X-ring per trattenere il lubrificante e ridurre l’usura, ma la sostanza è rimasta invariata. Il vantaggio principale di questa soluzione è la leggerezza e la capacità di gestire potenze elevate, motivo per cui è la trasmissione preferita sulle moto sportive, naked e off-road. L’altro lato della medaglia è la manutenzione: la catena va lubrificata e registrata con una certa regolarità e tende a usurarsi più rapidamente rispetto alle altre due soluzioni. Tuttavia, per chi ama la guida aggressiva e pretende reattività immediata all’apertura del gas, la catena rimane imbattibile.

 

 

La cinghia: outsider con carisma

La trasmissione a cinghia è capace di coniugare efficienza e comfort. Nata agli inizi del Novecento ma sviluppata su larga scala solo a partire dagli anni '70 – in particolare grazie ad Harley-Davidson – utilizza una cinghia dentata in materiale composito, generalmente poliuretano rinforzato con fibre di Kevlar o carbonio, che collega due pulegge. Il suo funzionamento è simile a quello della catena, ma con alcune differenze sostanziali: la cinghia non necessita di lubrificazione, è molto più silenziosa e tende a durare più a lungo, anche oltre i 50.000 chilometri.

Inoltre, la trasmissione del moto avviene in modo più fluido e progressivo, caratteristica apprezzata soprattutto sulle cruiser, le moto da turismo e quelle destinate a un uso quotidiano urbano, incluse le elettriche. Tuttavia, la cinghia ha dei limiti: non ama lo sporco, può rovinarsi con i detriti e soprattutto non sopporta le stesse sollecitazioni estreme che una catena può gestire. Per questo è meno comune sulle moto ad alte prestazioni o destinate all’off-road. Rimane però una scelta raffinata, che privilegia la dolcezza di marcia e la semplicità d’uso, con un occhio anche all’estetica grazie alla sua pulizia e alla totale assenza di schizzi d’olio.

 

 

Il cardano: per chi vuole andare lontano

Il cardano è la soluzione più nobile e ingegneristicamente complessa. Nato originariamente nel mondo automobilistico, fu adattato alle moto sin dagli anni '20 e oggi rappresenta la trasmissione d’elezione per i grandi viaggiatori e le moto da turismo a lungo raggio. Il suo principio si basa su un albero di trasmissione che, tramite giunti cardanici e una coppia conica finale, trasferisce il moto alla ruota posteriore.

Il risultato è un sistema completamente sigillato e praticamente esente da manutenzione: non serve lubrificare nulla periodicamente, non ci sono tensionamenti da controllare e la durata dell'olio può superare facilmente i 150.000 chilometri. Inoltre, il cardano offre una trasmissione del moto estremamente regolare e priva di giochi, perfetta per le grandi distanze. I lati negativi? Innanzitutto il peso, decisamente superiore rispetto a catena e cinghia, e la complessità meccanica che rende più costosi eventuali interventi di riparazione.

Inoltre, la reattività è leggermente inferiore e può esserci un effetto di “sollevamento” del retrotreno in accelerazione, anche se le moderne geometrie hanno ridotto di molto questo fenomeno. Il cardano è la scelta di marchi come BMW e Moto Guzzi per le loro tourer e adventure, dove affidabilità e comfort contano più della risposta immediata.

 

 

Quindi qual è meglio?

Mettere a confronto queste tre filosofie significa, in fondo, confrontare tre modi di vivere la moto. La catena è per chi ama la precisione e la sportività, per chi vuole sentire ogni cavallo scaricato a terra senza filtri e non si spaventa di fronte a un po’ di manutenzione periodica. La cinghia è la compagna ideale di chi privilegia la fluidità e l’eleganza del gesto, perfetta per i viaggi rilassati e per un utilizzo quotidiano dove silenzio e praticità contano più della reattività assoluta. Il cardano, infine, è per i viaggiatori instancabili, per chi macina migliaia di chilometri senza preoccuparsi di nulla se non di fare rifornimento, accettando in cambio un pizzico di peso in più e un carattere più tranquillo.

Tre tecnologie diverse, tre filosofie di guida che di fatto inquadrano anche tre modi di andare in moto. Anche per questo motivo la trasmissione finale diventa spesso un argomento di discussione e non un semplice dettaglio tecnico. Per molti è una scelta di personalità che racconta chi siamo e come vogliamo vivere la moto... voi da che parte state?

 

 

 

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