Motociclisti, in aumento gli incidenti: perché?

Motociclisti, in aumento gli incidenti: perché?

La lettura dei dati degli incidenti degli ultimi fine settimana stupisce con una triste novità: sono tornati a crescere. Un fenomeno ancora da interpretare, sul quale si sta concentrando l’attenzione di chi si occupa di sicurezza stradale

08.08.2023 15:44

Qualcosa è cambiato. Qualcosa è cambiato nei nostri incidenti. A dare la sveglia è stato a inizio estate il presidente dell’Asaps (Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale), Giordano Biserni, con un comunicato che lanciava l’allarme. Era successo che nell’ultimo fine settimana di maggio si erano contati 22 incidenti mortali con mezzi a due ruote, ed erano morti in 24, fra motociclisti e scooteristi.

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Chi è il motociclista esperto?

Personalmente, da molto tempo, da anni, penso che il problema di chi si muove su due ruote sia l’incapacità di riconoscere le situazioni di pericolo. Un problema gravissimo, perché vedo ogni giorno persone che rischiano a cuor leggero, senza accorgersene. Un problema che secondo me viene dalla scarsa cultura motociclistica, dalla scarsa preparazione di molti guidatori. Discorso vecchio, ma il motociclista esperto sa che nella fila si nasconde un grave pericolo per noi, ha il terrore dei vialoni periferici delle città, ha il terrore di non essere visto dagli altri utilizzatori della strada; conosce bene il rischio nascosto nel differenziale di velocità, vale a dire nel viaggiare a una velocità diversa da quella degli altri utenti della strada.

Chi non è esperto si fa invece facilmente prendere la mano da un mezzo che raggiunge in un attimo, senza dare preavviso a chi lo guida, velocità eccessive.

Da anni mi batto per far capire che è inutile parlare ai motociclisti esperti. Perché quelli non rischiano, quelli di solito tornano a casa interi dopo ogni uscita. E ne sono stato più sicuro dopo aver letto i report dell’Asaps con le raccolte degli articoli di giornale che descrivevano gli incidenti. Fino a un anno fa circa, l’ultima volta che ci avevo messo il naso, in quei report gli incidenti raccontavano sempre la storia di quello che provava la moto dell’amico sulla strada sotto casa, provava a tirare una marcia, magari impennava, finiva per prendere un’automobile che passava di lì, o un palo, o un muro. Incidenti di persone che alla sera tornavano a casa in scooter dopo il lavoro o dopo lo svago. Incidenti di persone che con i motociclisti non c’azzeccavano nulla, che di moto sapevano pochissimo, che non si riconoscevano nella categoria dei motociclisti. E che mai avrebbero letto un messaggio d’allarme lanciato ai motociclisti. Perché per loro i motociclisti sono quei pazzi che vanno forte il sabato e la domenica in gruppo: “io vado in città al lavoro o a spasso con il motorino, mica rischio la vita”. Sapeste con quante persone ho parlato, che andavano in giro in maglietta, con un casco vecchio e fuori misura, con le gomme sgonfie, i freni che non funzionavano bene, le ciabattine invece delle scarpe chiuse. E poi andavo a leggere le statistiche annuali ACI-Istat sulla localizzazione e le dinamiche d’incidente, e ci trovavo proprio loro a fare numero. Leggevo i rapporti dell’Asaps e ci trovavo, ancora, loro.

La novità dell'ultimo anno

Qualcosa è cambiato, scrivevo in apertura. Perché il presidente Biserni, con il quale collaboro da molti anni come esperto di moto e motociclisti, mi ha mandato il report di un fine settimana di maggio. Ed erano più o meno tutti… motociclisti. Un caso? Ho atteso il fine settimana successivo, e ho trovato statistiche analoghe.

Così ho telefonato all’amico Lorenzo Borselli, che oltre a essere un poliziotto è anche un motociclista. La conferma è stata dolorosa. “Si Riccà, io nei fine settimana sui passi di montagna vedo di nuovo persone che vanno troppo forte, senza essere preparate. Gente che si improvvisa alla guida”.

Cosa è successo?

Posso confessare che, nonostante io viva fra i motociclisti tutti i giorni, non l’ho capito?

Leggo i dati di mercato, e le moto più vendute sono entry level paciose. Non ci sono più le sputafuoco di una volta. Ci sono, si, delle endurone stradali piene zeppe di cavalli e pensate per andare forte su strada. Sono un segmento ben preciso e ancora ben alimentato nel complesso del mercato motociclistico. Ma la maggior parte dei nuovi motociclisti sono poco interessati alle prestazioni. Eppure c’è un ritorno di fiamma dell’andare forte su strada. Con in più l’aggravante di non essere granché preparati a farlo.

Vedo un altro problema che potrebbe contribuire a tradire i neofiti: la diffusione capillare dei controlli elettronici. Si tratta di dotazioni che aumentano la nostra sicurezza, ma rendono anche più facile viaggiare forte. Perché a centro curva basta dare gas, anche tutto il gas: a tenere la moto in piedi ci pensa l’elettronica. E così, anche chi non ha sviluppato una specifica sensibilità, che poi va a braccetto con l’esperienza di guida, può sparare a terra 170 cavalli e uscire dalla curva velocissimo. L’elettronica aiuta anche nella frenata e nelle scalate di marcia. Se poi arrivi lungo in curva, l’ABS Cornering ti dà una grossa mano a frenare a moto piegata, rimanendo in piedi.

Non c’è più selezione, e tutti riescono ad andare forte. Salvo poi accorgersi che le leggi della fisica non si possono sovvertire quando si ha un imprevisto. Solo allora dunque questi motociclisti scoprono (dolorosamente) di essere troppo veloci. Hai voglia a mettere controlli elettronici, sulla moto di chi dimentica che l’energia cinetica è funzione del quadrato della velocità!

Fa bene l’Asaps a sollevare il problema. Ma ora dobbiamo analizzare e capire gli incidenti dei motociclisti. Un qualcosa che faremo subito dopo l’estate, quando avremo un quadro completo dei dati. Perché dovremo capire come e con chi parlare per fare sensibilizzazione. E cultura motociclistica. Quella che ci serve per fare i conti con la nostra fantastica passione, coniugandola con la razionalità. Arriveranno anche maggiori controlli sulle strade statisticamente più segnate dagli incidenti, perché è chiaro che c’è qualcosa che non va.

Questo articolo, che è stato pubblicato in una forma quasi analoga anche sulla rivista dell’Asaps, mi è sembrato un atto dovuto. Perché anche io, che non sono certo uno stinco di santo alla guida, credo sia tornato il momento di occuparci di questo problema. Di discuterne. Di riportare la nostra attenzione sulla sicurezza della categoria.

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