Editoriale del Direttore: l’integralismo non paga

Editoriale del Direttore: l’integralismo non paga

Il movimento “Greta” ha dato un impulso impressionante alla rivoluzione “ecosostenibile”. Ma i grandi cambiamenti socio-economici richiedono tempo, lavoro e risorse per essere portati a compimento efficacemente

12.02.2022 ( Aggiornata il 12.02.2022 09:04 )

Quando una giusta istanza di rinnovamento muta in ideologia, il rischio di fare delle idiozie è molto elevato. Il riferimento è alla rivoluzione “green” che si profila all’orizzonte del 2035. Il settore dell’automotive è ovviamente al centro della discussione ed è legato a doppio filo alle strategie da adottare per la riduzione della CO2, alle fonti di energia alternative, alle rinnovabili. Il nostro è un mondo interconnesso a svariati livelli: sociale, economico, politico, logistico... muovendo una pedina tutto lo scacchiere vibra, reagendo in maniera più o meno composta ad ogni cambiamento. Sulle strategie e sulla road map da implementare in vista del 2035 il dibattito è acceso, vivace, a tratti confuso e serrato.

Da un lato il messaggio di Greta per un mondo migliore, dall’altro la vita reale, quella di tutti noi: la sveglia delle sette, la coda in tangenziale, le vacanze al mare, il mutuo, i figli e il pieno di gasolio o di benzina all’auto (o di elettricità...). In parole povere: le dinamiche socio-economiche in atto. In mezzo, la politica, che nelle società democratiche guida i cambiamenti, gestisce i processi e legifera in funzione di un bene superiore. O almeno così dovrebbe essere. Il problema sta proprio qui: un bel giorno, dopo anni di vizi e abusi, il pianeta si è svegliato al grido allarmato e incazzato (ma giusto!) di una ragazzina che ha raccolto attorno a sé il plauso della società civile, dei giovani. E intorno a quella ragazzina si è creato un movimento che spinge gli uomini di governo, li pungola, li mette all’angolo.

La politica che cosa fa?

Come spesso accade, rincorre il consenso, media tra le parti, accelera e poi rallenta. A volte in modo confuso. È di qualche settimana fa la decisione del CITE (il Comitato Interministeriale alla Transizione Ecologica) che formalizza lo stop alle immatricolazioni di auto con motore endotermico (anche le ibride) a partire dal 2035. Sia chiaro, non è legge... deve esserci prima un passaggio parlamentare; e la discussione si preannuncia serrata tanto a livello europeo quando a livello nazionale. Ma la strada è imboccata: con i dubbi legati a una riconversione industriale che non sarà di certo indolore se non supportata adeguatamente dalle istituzioni. Il 2035 – in termini industriali, sociali e culturali – è “dopodomani”. Un cambiamento epocale come quello di cui stiamo discutendo dovrebbe essere preparato, meditato, studiato nei dettagli.

Dovrebbe essere accompagnato da una discussione che coinvolga l’opinione pubblica in modo da far emergere una vera cultura “green” che porti a un cambiamento nella visione della vita, a un mutamento di abitudini, a una presa di coscienza reale. In tutto ciò, nessuno parla di mezzi a due ruote. Anche questo è un segnale dell’ideologia rivoluzionaria che permea le stanze del potere. Tutto e subito! E se la moto non si adegua (Come? Quando? Con quali combustibili? Con quali regole?) peggio per lei, il mercato (e le leggi...) la punirà. Fermiamoci tutti un secondo a prendere fiato e a ragionare. Rimettiamo tutti i problemi sul tavolo e vediamo di trovare una soluzione.

Off-road: un divieto che fa discutere

In questo contesto ideologico-rivoluzionario di rispetto dell’ambiente si inserisce anche l’ultimo Decreto Legge del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali che vieta “tout court” la viabilità fuoristrada a tutti i mezzi, biciclette comprese. Salvo poi lasciare alle Regioni disciplinare le modalità di utilizzo e gestione delle attività legate alla mobilità off-road. Sulla questione si è scatenato un dibattito acceso, spesso guidato da un sensazionalismo fine a sé stesso. Come spesso accade in Italia, tanto rumore per nulla. E tanta improvvisazione.

Il Ministero a posteriori ha chiarito che nulla cambia rispetto a prima. Ma rimane il fatto che le leggi nazionali sovrastano quelle regionali: e quella citata è una legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale. A questo punto speriamo solo che non si ricordino di averla scritta... Che Dio ci aiuti!

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