Buell: una storia complicata

Buell: una storia complicata

Una avventura durata poco più di 20 anni, tra particolarità delle moto prodotte e le vicende burocratiche hanno creato una trama agrodolce, con tante domande che aspettano ancora una risposta

29.12.2020 14:12

I protagonisti principali della favola sono due: Erik Buell e Harley-Davidson. Se il secondo lo conosciamo bene, il primo ha bisogno di un inquadramento specifico. Erik nasce come ingegnere in Harley, responsabile delle sospensioni per i modelli Dyna a inizio anni '80 e con la passione della pista. Per conto suo realizzava moto da pista con motori a 2 tempi con lo solo scopo di divertirsi, fin quando nella sua mente balenò l'idea di realizzare moto sportive con il motore di Milwaukee.

Fuell Flow e Fuell Fluid, la versione elettrica di Buell - LE FOTO

Fuell Flow e Fuell Fluid, la versione elettrica di Buell - LE FOTO

Una moto di piccola cilindrata e una bicicletta con la pedalata assistita, i due prodotti realizzati dal nuovo brand del progettista statunitense Erik Buell

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Dati i suoi ottimi rapporti con la gestione, nel 1987 ottenne il permesso di aprire la sua azienda e costruire le prime moto in tiratura molto limitata, le RR1000, carenatissime sportive dotate di telaio in traliccio di tubi e motore della serie XR1000 di H-D. Fece subito parlare di sé, mai nessuno prima si era spinto così oltre con un motore Harley e con il beneplacito della Casa, sempre molto rigida sulla gestione dell'immagine del marchio. A breve uscì anche la versione con motore 12000 della RR e la declinazione RS più adatta per un utilizzo stradale. 

Nonostante l'interesse internazionale, la gestione del nuovo marchio non era semplice e i ricavi non bastavano a coprire le spese. Per questo nel 1990 Harley decise di acquistare il 51% della Buell, lasciando il restante 49% a papà Erik e diventando di fatto la proprietaria del marchio. Erik continuò comunque la gestione sulla sua strada e nel giro di pochi anni nacquero i modelli della serie Thunderbolt, Cyclone e Lightning. Si trattava di maxi naked dotate di motore H-D Sportster opportunamente modificato, incastrato in un telaio a traliccio di tubi con interasse molto corto e masse molto centrate. Belle, bellissime, e un successo nella loro piccola nicchia, con un discreto seguito anche in Europa dove vennero importate in piccola quantità.

L'ascesa e il rapido crollo

La rivoluzione avvenne con la serie XB9R Firebolt e XB9S Lightning a inizio millennio, dove la fissazione per la centralizzazione delle masse non sospese di Buell arrivò a livelli estremi. Moto compattissime, con serbatoio benzina ricavato all'interno del telaio doppio trave in alluminio e dell'olio all'interno del forcellone, con freno a disco perimetrale davanti e un'estetica che dire personale è poco. Fu forse il boom del marchio, con tante versioni e la divisione fra motori 900 e 1200 della serie Sportster, con il massimo raggiunto dai 100CV del motore a corsa corta della XB12. La gioia vera durò meno di 10 anni, perchè Erik, in cerca di prestazioni maggiori e di un ruolo nel segmento delle sportive, realizzò la 1125R con ciclistica simile alla serie XB e bicilindrico a V, ma questa volta di realizzazione Rotax. La decisione di mettere su una Buell un motore non americano fece storcere il naso a molti in casa Harley, e anche gli appassionati non hanno accolto il progetto che si è dimostrato un clamoroso flop tale da riportare in rosso i conti dell'azienda.

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