Moto turbo: fallimento del passato o speranza futura

Dalle Honda CX Turbo anni ’80 ai giorni nostri, come cambia la filosofia della sovralimentazione
Moto turbo: fallimento del passato o speranza futura

Antonio VitilloAntonio Vitillo

22 set 2025 (Aggiornato alle 16:52)

Gli anni ’80 e la “turbomania”

La Honda CX500 Turbo arrivò nei primissimi anni ’80, aveva l’iniezione elettronica, fece da preludio alla più potente CX650; l’aumento di cilindrata del modello volle provare a mitigare la veemenza del turbo compressore, quindi la gestione dinamica della moto. Suzuki, a seguire, propose la XN85, la Yamaha la XJ650 Turbo; Kawasaki trovò il migliore equilibrio con la GPZ750 Turbo, offriva 110 cavalli, una potenza relativamente notevole. Per non parlare della Z1-R di serie, a cui negli Stati Uniti, nel 1978, montarono un turbocompressore: la Z1-R TC – fu venduta nella rete di vendita ufficiale, sembrerebbe pur essendo invisa al management di Akashi – sarebbe stata capace di sviluppare oltre 140 cavalli.

Cosa non ha funzionato

Il vero tallone d’Achille delle moto turbo è stata la guidabilità: il turbo lag rendeva la moto poco trattabile, per l’erogazione brusca e preceduta da vuoti. Sorprendeva nel momento in cui entrava in azione il turbo, talvolta impennando la moto. In più c’era tanto calore da smaltire. E la complessità tecnica della sovralimentazione faceva lievitare i costi, di produzione quindi di acquisto dei modelli. Erano moto poco comprensibili per il motociclista medio. Contemporaneamente i costruttori, aumentando le cilindrate dei motori aspirati, si resero conto che potessero ottenere le stesse potenze, con più facilità e affidabilità. La "turbomania" si sciolse come neve al sole, in pochi anni.

Dai cavalli alla coppia

In quegli anni ’80 la filosofia era chiara, più potenza massima possibile. Perciò uscirono moto plurifrazionate: il possente e pesante sei cilindri di 1.000 cc Honda CBX è ancora vivido nei ricordi. L’approccio di oggi è diverso: ad esempio, Honda, e potrebbe essere KTM, sta studiando compressori elettrici a bassa pressione, buoni a dare più coppia motrice ai medi regimi, e ridurre i consumi, piuttosto che aggiungere solo cavalli vapore. A differenza dinew Kawasaki sulla gamma H2, in cui il compressore meccanico centrifugo è capace di pressioni più elevate. Se da un lato si persegue l’efficienza e la fruibilità quotidiana, dall’altro si ricercano le prestazioni: le due diverse filosofie non sono, in fondo, coerenti con quelle delle due Case?

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