Il sogno del rapporto peso/potenza 1:1. Un traguardo che sembrava irraggiungibile

Il sogno del rapporto peso/potenza 1:1. Un traguardo che sembrava irraggiungibile
Per mezzo secolo i tecnici di tutte le Case motociclistiche hanno rincorso questo apparentemente inarrivabile pareggio numerico. Ora che è "normale", ci si è dimenticati di quei tempi romantici

10.06.2025 15:07

C’è stato un tempo in cui il rapporto peso/potenza di 1:1 era il sogno proibito dei progettisti e degli ingegneri. Qualcosa che si sussurrava nei box e si sognava nei garage come una sorta di chimera. Era un tempo in cui - nelle competizioni - ogni chilo pesava come un macigno. L’epoca in cui le moto di serie guardavano con ammirazione e un pizzico di invidia alle sorelle da corsa, ancora inarrivabili. La seconda metà del Novecento fu un crescendo continuo alla spasmodica ricerca di quel pareggio di valori, una rincorsa forsennata verso il Santo Graal dell'ingegneria sportiva a due ruote.

Un "unicorno" che sembrava irraggiungibile

Nel mondo delle competizioni, la barriera si cominciò a infrangere tra la metà e la fine degli anni '80, ma non si sa di preciso quando e chi fu il primo costruttore. Ovviamente stiamo parlando delle 500, 2 tempi del Motomondiale, leggere come biciclette e rabbiose come bestie feroci. Verso la fine del millennio la Honda NSR 500, ad esempio, arrivava a oltre 190 CV per più o meno 130 kg. Non c’erano controlli elettronici, niente ABS, niente fronzoli. Solo talento e riflessi, e spesso anche un pizzico di follia.

Ma le moto da corsa sono un’altra storia. Nel mondo delle moto di serie, il cammino è stato più lento, più laborioso, e per questo molto più "sofferto". A inizio millennio, alcune creazioni esclusive come la Vyrus 985 C3 4V o la NCR Macchia Nera – quest’ultima nemmeno omologata – si avvicinarono al traguardo. Erano moto laboratorio, esercizi di stile e tecnologia destinati a pochissimi.

Il vero spartiacque arrivò a fine 2004, con la rinnovata generazione di Yamaha YZF-R1. Con 172 cavalli dichiarati e 172 kg a secco, la R1 centrò ufficialmente per la prima volta il mitico rapporto 1:1 in una moto di serie, seguita poi a breve da Suzuki con la GSX-R 1000 K5 che dichiarava 168 CV per 165 kg e da Kawasaki che con la ZX-10R 2004 segnava 175 CV su 170 kg.
Questi dati fecero il giro del mondo e accesero infiniti dibattiti: si parlava di peso “a secco” ma, come si vociferava, anche senza liquido freni, batteria e pastiglie freno. I conti non tornavano mai e in tanti hanno da sempre considerato il peso in ordine di marcia come l'unico valido, e nel caso della R1 si sfioravano i 200 kg... ma il mito ormai era stato creato, e da lì, tutto cambiò.

Rewind, Yamaha YZF-R1 '04 FOTO

Rewind, Yamaha YZF-R1 '04 FOTO

Nel 2004 la supersportiva di Iwata segnò un importante balzo in avanti nel design e nelle prestazioni. Forme affilate, motore da 172 CV e nuovo telaio (oltre al doppio scarico sotto sella), consegnavano una, sportiva grintosa nel look sino al midollo. Meno "stradale" rispetto al passato, ma decisamente più efficace nell'utilizzo in pista, questa versione segnò il debutto anche in SBK della R1.

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Ora quel rapporto è solo uno dei tanti numeri

Negli anni seguenti si aprì una nuova era. Le 1000 supersportive iniziarono a sfondare il muro dei 180, poi dei 190, infine dei 200 cavalli. E mentre i motori diventavano più potenti, i telai si alleggerivano, le carene si snellivano e l’elettronica entrava in campo con la grazia e la precisione di un direttore d’orchestra.

Oggi il rapporto 1:1 è quasi banale per molte moto d’alta gamma. Una Ducati Panigale V4 R può superare i 240 cavalli con il kit racing. Una Kawasaki Ninja H2R in versione non omologata, arriva a 310 cavalli per 216 kg. Siamo entrati in una dimensione dove la potenza non è più il limite. È il pilota, semmai, l’anello debole.

E oggi, in questo surplus esagerato, si nasconde la nostalgia di quando tutto era più difficile, più sporco, più visionario. Quando il rapporto 1:1 era un sogno che smuoveva le migliori menti e non un ennesimo valore numerico su una scheda tecnica. Ma i sogni, si sa, valgono di più quando sembrano irraggiungibili. E il romanticismo vanisce quando, ogni volta che si raggiunge un obbiettivo, se ne crea subito un altro mandando quello precedente nel dimenticatoio. 

 

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