Rewind, Malaguti Fifty Top 1990: ancora più in alto

Rewind, Malaguti Fifty Top 1990: ancora più in alto

A cavallo tra gli anni '80 e '90 questo ciclomotore fece stragi di cuori tra i giovanissimi, diventando (ancora oggi) un vero e proprio oggetto di culto

Redazione - @InMoto_it

01.04.2022 16:36

Arrivati a quattordici anni era tempo di fare - per alcuni - una scelta di quelle "toste": scegliere la prima moto. Tra i più ambiti premi alle fatiche scolastiche o ai più disparati lavoretti stagionali c'era il famoso Fifty. Un tubone prodotto a San Lazzaro di Savena dal 1974 al 1997 in svariate versioni, uno dei modelli più amati dagli adolescenti, soprattutto a cavallo tra gli anni '80 e '90 e che proprio nel secondo decennio raggiunse, con il modello "Top", il suo vertice prima dell'arrivo dell'ancora più sofisticato Evolution che lo affiancò dal 1991 .

Il Fifty Top era di fatto un ciclomotore da diporto, ma arricchito da numerose finezze come il puntale che carenava la parte anteriore del motore, lo scarico di stampo corsaiolo e il cupolino ancora più aerodinamico ed aggressivo che richiudeva una strumentazione veramente completa. Il prezzo al periodo era fissato in 2.910.000 lire e lo poneva nella fascia medio-alta del mercato.

Com’è fatto

Malaguti Fifty, le foto del "tubone"

Malaguti Fifty, le foto del "tubone"

Breve viaggio all'interno del fenomeno Fifty, che attraverso gli anni '80 e '90 è diventato un oggetto di culto fra i giovani di tutta Italia, e che ora sta rinascendo nell'usato cercato da tutti quei cinquantenni che hanno vissuto la loro adolescenza in sella al più cool dei tuboni

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Rispetto alla precedente versione il Fifty Top poteva vantare un affinamento delle linee ed ulteriore incremento di accessori che ne arricchivano la tradizionale forma tubolare. Veramente ben definito, il Fifty Top disponeva infatti di una lunga sella sotto la quale trovavano posto un vano porta attrezzi e il tappo per il rifornimento del carburante; inoltre adiacente alla parte posteriore della sella era montato un praticissimo portapacchi sul quale era possibile anche applicare un bauletto. Ricca e ben riposta dietro all’ampio cupolino la strumentazione comprendeva tachimetro/contachilometri, contagiri elettronico e varie spie luminose per luce di posizione, anabbagliante, temperatura liquido refrigerante, indicatori di direzione e folle; inoltre sul cruscotto viene raffigurato un ciclomotore con evidenziate le necessarie indicazioni per un eventuale sostituzione delle lampadine.

La ciclistica contava naturalmente sul classico telaio tubolare di grande sezione che inglobava anche il serbatoio per il carburante, completato posteriormente dalla sospensione con monoammortizzatore Inside Mono System. Anteriormente troviamo una forcella teleidraulica a perno avanzato mentre l’impianto frenante di tipo misto era composto da un disco anteriore di 220 mm di diametro completamente protetto da una vistosa cover, e da un tamburo monocamma sulla ruota posteriore. Completano il quadro una coppia di bei cerchi in lega a tre razze.

Il propulsore era un monocilindrico a due tempi di 49 cc raffreddato a liquido, il cilindro in alluminio con 4 travasi e l’aspirazione controllata da lamelle a quattro petali. La lubrificazione era tramite miscela olio-benzina al 2%. Il carburatore un Dellorto 14/12, mentre l’accensione era elettronica e l’avviamento a kick-starter o elettrico.

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