Yamaha TDR 125 e 250: le "Bruciasemafori"

Yamaha TDR 125 e 250: le "Bruciasemafori"

Era la fine degli anni '80 quando da Iwata arrivò una serie di moto a metà strada fra un motard, una enduro stradale e una supersportiva a 2T

22.01.2021 ( Aggiornata il 22.01.2021 16:50 )

 

IN MEZZO A DUE MONDI

La serie TDR non fu solo pioniera di ben due segmenti di mercato che da li a poco sarebbero nati (supermotard e crossover), ma fu anche la prima moto a montare una centralina digitale CDI come è diffuso ora, in luogo delle centraline a transistor che in quegli anni equipaggiavano quasi tutte le moto sul mercato. Come le sorelle supersportive aveva il sistema YPVS di controllo della valvola allo scarico, fiore all'occhiello tecnologico delle moto top di gamma a 2 tempi di Iwata. In sostanza queste moto erano una sorta di “terreno di prova” a tutto tondo per sperimentare in modo concreto una visione del futuro che in Yamaha era diventata ben chiara e assolutamente profetica.

I tempi per una vera rivoluzione del mercato però non erano ancora maturi, e pure l'approccio di Iwata fu timido. La TDR 250 fu inizialmente commercializzata nel solo mercato interno, dove le piccole cilindrate dalle potenze esplosive erano assai più diffuse che in Europa per una serie di motivi legali (che ancora rendono il mercato giapponese più adatto alle under 400). Solo in un secondo momento ne fu esportato un lotto consistente in Francia, dove l'utenza era più affine a un'idea del genere, tanto che nacque proprio oltralpe il fenomeno delle supermotard a metà degli anni 90. 

BRUCIASEMAFORI

In Italia si videro pochissime TDR 250, la 125 invece fu un pochino più diffusa, non tanto per un fenomeno a sé ma come “effetto collaterale” del segmento delle 125 sportive che fin dai primi anni dei '90 ha ospitato l'eterna sfida Cagiva Vs. Aprilia. La TDR 250 non ebbe nemmeno vita lunga, uscendo di produzione nel 1993, la sorella minore invece rimase sul mercato in diversi paesi fino a ridosso del nuovo millennio e l'abbiamo provata nella sua prima versione nel 1991 in un articolo dal titolo “Bruciasemafori” (dalla evocativa scritta Lightburner stampata sui fainchetti della moto), dove l'abbiamo definita “una macchina da tempo libero ad alto coefficiente di versatilità, buona per andarci a spasso in città come per fare del turismo ma in grado – se ben stuzzicata – di tirare fuori gli artigli e mettere in crisi con accelerazioni e riprese brucianti anche concorrenti ben più sportive e pretenziose.” La gallery in allegato è riferita proprio a quella prova su strada.

Yamaha TDR 125 e 250 le "Bruciasemafori" FOTO

Yamaha TDR 125 e 250 le "Bruciasemafori" FOTO

Erano gli anni delle moto a miscela. Negli anni in cui il Motomondiale vedeva sfidarsi Freddie Spencer e Eddie Lawson, sul mercato le repliche delle loro moto erano il massimo che la tecnologia potesse offrire, tanto che il “morbo” delle moto 2 Tempi ha iniziato ad attacchire anche su segmenti di mercato che fino ad allora non avevano mai avuto a che fare con prestazioni - e motori - estremi. LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO SU INMOTO.IT

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TROPPO POCO MERITO

Della serie TDR rimangono poche testimonianze e pochi ricordi, e benchè si trattasse di moto ben più rivoluzionarie delle supersportive a 2 Tempi che andavano per la maggiore in quegli anni, non hanno mai trovato un vero e proprio posto nel mondo. Troppo indefinite, troppo potenti, troppo nuove e troppo di compromesso, in un mercato che non prendeva proprio in considerazione tutto ciò che non avesse una identità ben precisa e che non spiazzasse troppo l'utenza. Chi l'avrebbe detto che poi, a distanza di parecchi anni, i mille compromessi di questo modello sarebbero diventati caratteristiche peculiari per le moto da grandi numeri. Beh, forse in Yamaha qualcuno già lo sapeva.

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