“Ciò che costa poco vale poco”. Ma è così anche per le moto?

“Ciò che costa poco vale poco”. Ma è così anche per le moto?
Il mondo consumistico ci ha insegnato a pensare che se costa meno vale meno, e se costa di più ha più valore. Ma nel 2025 le cose sono molto più complesse

08.06.2025 ( Aggiornata il 10.06.2025 09:28 )

“Ciò che costa poco vale poco” o "chi più spende meno spende" sono frasi che abbiamo imparato a riconoscere come verità, quasi fossero una legge di natura. In fondo, è rassicurante: ci dicono che esiste un ordine prevedibile nel mondo, una proporzione diretta tra quanto si spende e quanto si ottiene. Ma questa logica, tanto comoda quanto diffusa, comincia a vacillare non appena si ha il coraggio di guardare davvero le cose, senza il filtro della consuetudine.

Nel mondo globalizzato le regole cambiano

Il discorso non riguarda solo le moto. È un riflesso più ampio di come interpretiamo il valore, di come ci relazioniamo con gli oggetti, con le esperienze e persino con noi stessi. Basta spostare lo sguardo su altri ambiti per rendersene conto: l’orologio al polso, la cena al ristorante, il vestito in vetrina. Pagare molto, spesso, significa acquistare anche un’idea: di sé, del proprio status, della propria appartenenza. Il prezzo alto diventa una garanzia psicologica, una promessa di eccellenza, persino un modo per tenere a distanza il dubbio. “Costa tanto, quindi sarà buono.” Ma non è sempre così. Chiunque abbia mangiato male in un ristorante stellato o comprato un orologio di lusso con meccanismi identici a quelli di modelli da un decimo del prezzo, lo sa bene.

Nel mondo delle moto, questa illusione rischia di farsi più pericolosa, perché entra in gioco anche un elemento sensibile: il rapporto tra uomo e mezzo. Una moto non è solo un oggetto da possedere, ma qualcosa che si vive, che si sente, che si porta addosso come un'estensione del proprio corpo. Ecco allora che il prezzo non può più essere il metro assoluto.

 

 

Comprare una moto economica non significa automaticamente scendere a compromessi inaccettabili. Anzi, in un’epoca in cui l’industria ha affinato processi produttivi, materiali e progettazione, molte moto di fascia bassa offrono un equilibrio sorprendente tra semplicità, affidabilità e godibilità. Sono mezzi che parlano chiaro, senza sovrastrutture: pochi fronzoli, nessuna promessa irraggiungibile, solo l’essenziale.

Allo stesso tempo, l’acquisto di un mezzo costoso non garantisce necessariamente un’esperienza appagante. Al di là delle qualità tecniche, spesso indiscutibili, ci si ritrova alle prese con sistemi elettronici sofisticati, impostazioni infinite, prestazioni che superano ampiamente le capacità della maggior parte degli utenti. E così, paradossalmente, più la moto è avanzata, più può diventare distante. Meno intuitiva, meno comunicativa, meno amica.

 

 

Il paradosso della percezione

È il paradosso della percezione: il mezzo migliore, sulla carta, non è sempre il migliore per noi. A volte è proprio l’immediatezza, la semplicità, la sincerità di un oggetto a renderlo perfetto. Non perfetto in assoluto, ma perfetto per il nostro modo di vivere, per il nostro livello di esperienza, per ciò che davvero ci aspettiamo dalla strada.

Lo stesso vale per una cena da ricordare: non è il conto salato che la rende memorabile, ma l’equilibrio dei sapori, l’accoglienza, l’atmosfera e la compagnia. Così come non è la marca dell’orologio a dettare il valore del tempo che misuriamo. Viviamo in un mondo in cui il prezzo è diventato un surrogato del giudizio. Eppure, mai come oggi, la qualità può annidarsi anche dove non te l’aspetti, così come il contrario. Bisogna solo essere disposti a guardare oltre l’etichetta. Forse, la vera ricchezza non sta nell’oggetto in sé, ma nella capacità di sceglierlo con consapevolezza e consci di quello che veramente vogliamo. E forse la libertà – anche in sella – comincia proprio lì, dove finisce il pregiudizio.

 

 

 

 

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